ACCOGLIERE PROTEGGERE PROMUOVERE E INTEGRARE MIGRANTI E RIFUGIATI
Il messaggio del 15 agosto. Sono 232 milioni i migranti nel mondo. Fin dall’inizio il papa ne ha rivendicato i diritti, anche con gli interventi all’ONU
Cari fratelli e sorelle!
«Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv19,34).
Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si tratta indubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sotto la mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta.
Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore.[1] Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. E’ una grande responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà, i quali sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità.
Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare».[2]
Considerando lo scenario attuale, accogliere significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione. In tal senso, è desiderabile un impegno concreto affinché sia incrementata e semplificata la concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare. Allo stesso tempo, auspico che un numero maggiore di paesi adottino programmi di sponsorship privata e comunitaria e aprano corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili. Sarebbe opportuno, inoltre, prevedere visti temporanei speciali per le persone che scappano dai conflitti nei paesi confinanti. Non sono una idonea soluzione le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando esse vengono eseguite verso paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali.[3] Torno a sottolineare l’importanza di offrire a migranti e rifugiati una prima sistemazione adeguata e decorosa. «I programmi di accoglienza diffusa, già avviati in diverse località, sembrano invece facilitare l’incontro personale, permettere una migliore qualità dei servizi e offrire maggiori garanzie di successo».[4] Il principio della centralità della persona umana, fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI,[5] ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale. Di conseguenza, è necessario formare adeguatamente il personale preposto ai controlli di frontiera. Le condizioni di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, postulano che vengano loro garantiti la sicurezza personale e l’accesso ai servizi di base. In nome della dignità fondamentale di ogni persona, occorre sforzarsi di preferire soluzioni alternative alla detenzione per coloro che entrano nel territorio nazionale senza essere autorizzati.[6]
Il secondo verbo, proteggere, si declina in tutta una serie di azioni in difesa dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio.[7] Tale protezione comincia in patria e consiste nell’offerta di informazioni certe e certificate prima della partenza e nella loro salvaguardia dalle pratiche di reclutamento illegale.[8] Essa andrebbe continuata, per quanto possibile, in terra d’immigrazione, assicurando ai migranti un’adeguata assistenza consolare, il diritto di conservare sempre con sé i documenti di identità personale, un equo accesso alla giustizia, la possibilità di aprire conti bancari personali e la garanzia di una minima sussistenza vitale. Se opportunamente riconosciute e valorizzate, le capacità e le competenze dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati, rappresentano una vera risorsa per le comunità che li accolgono.[9] Per questo auspico che, nel rispetto della loro dignità, vengano loro concessi la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione. Per coloro che decidono di tornare in patria, sottolineo l’opportunità di sviluppare programmi di reintegrazione lavorativa e sociale. La Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo offre una base giuridica universale per la protezione dei minori migranti. Ad essi occorre evitare ogni forma di detenzione in ragione del loro status migratorio, mentre va assicurato l’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria. Parimenti è necessario garantire la permanenza regolare al compimento della maggiore età e la possibilità di continuare degli studi. Per i minori non accompagnati o separati dalla loro famiglia è importante prevedere programmi di custodia temporanea o affidamento.[10] Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita. La apolidia in cui talvolta vengono a trovarsi migranti e rifugiati può essere facilmente evitata attraverso «una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale».[11] Lo status migratorio non dovrebbe limitare l’accesso all’assistenza sanitaria nazionale e ai sistemi pensionistici, come pure al trasferimento dei loro contributi nel caso di rimpatrio.
Promuovere vuol dire essenzialmente adoperarsi affinché tutti i migranti e i rifugiati così come le comunità che li accolgono siano messi in condizione di realizzarsi come persone in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta dal Creatore.[12] Tra queste dimensioni va riconosciuto il giusto valore alla dimensione religiosa, garantendo a tutti gli stranieri presenti sul territorio la libertà di professione e pratica religiosa. Molti migranti e rifugiati hanno competenze che vanno adeguatamente certificate e valorizzate. Siccome «il lavoro umano per sua natura è destinato ad unire i popoli»,[13] incoraggio a prodigarsi affinché venga promosso l’inserimento socio-lavorativo dei migranti e rifugiati, garantendo a tutti – compresi i richiedenti asilo – la possibilità di lavorare, percorsi formativi linguistici e di cittadinanza attiva e un’informazione adeguata nelle loro lingue originali. Nel caso di minori migranti, il loro coinvolgimento in attività lavorative richiede di essere regolamentato in modo da prevenire abusi e minacce alla loro normale crescita. Nel 2006 Benedetto XVI sottolineava come nel contesto migratorio la famiglia sia «luogo e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori».[14] La sua integrità va sempre promossa, favorendo il ricongiungimento familiare – con l’inclusione di nonni, fratelli e nipoti –, senza mai farlo dipendere da requisiti economici. Nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in situazioni di disabilità, vanno assicurate maggiori attenzioni e supporti. Pur considerando encomiabili gli sforzi fin qui profusi da molti paesi in termini di cooperazione internazionale e assistenza umanitaria, auspico che nella distribuzione di tali aiuti si considerino i bisogni (ad esempio l’assistenza medica e sociale e l’educazione) dei paesi in via di sviluppo che ricevono ingenti flussi di rifugiati e migranti e, parimenti, si includano tra i destinatari le comunità locali in situazione di deprivazione materiale e vulnerabilità.[15]
L’ultimo verbo, integrare, si pone sul piano delle opportunità di arricchimento interculturale generate dalla presenza di migranti e rifugiati. L’integrazione non è «un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale. Il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprirne il “segreto”, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza reciproca. È un processo prolungato che mira a formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini».[16] Tale processo può essere accelerato attraverso l’offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel paese. Insisto ancora sulla necessità di favorire in ogni modo la cultura dell’incontro, moltiplicando le opportunità di scambio interculturale, documentando e diffondendo le buone pratiche di integrazione e sviluppando programmi tesi a preparare le comunità locali ai processi integrativi. Mi preme sottolineare il caso speciale degli stranieri costretti ad abbandonare il paese di immigrazione a causa di crisi umanitarie. Queste persone richiedono che venga loro assicurata un’assistenza adeguata per il rimpatrio e programmi di reintegrazione lavorativa in patria.
In conformità con la sua tradizione pastorale, la Chiesa è disponibile ad impegnarsi in prima persona per realizzare tutte le iniziative sopra proposte, ma per ottenere i risultati sperati è indispensabile il contributo della comunità politica e della società civile, ciascuno secondo le responsabilità proprie.
Durante il Vertice delle Nazioni Unite, celebrato a New York il 19 settembre 2016, i leader mondiali hanno chiaramente espresso la loro volontà di prodigarsi a favore dei migranti e dei rifugiati per salvare le loro vite e proteggere i loro diritti, condividendo tale responsabilità a livello globale. A tal fine, gli Stati si sono impegnati a redigere ed approvare entro la fine del 2018 due patti globali (Global Compacts), uno dedicato ai rifugiati e uno riguardante i migranti.
Cari fratelli e sorelle, alla luce di questi processi avviati, i prossimi mesi rappresentano un’opportunità privilegiata per presentare e sostenere le azioni concrete nelle quali ho voluto declinare i quattro verbi. Vi invito, quindi, ad approfittare di ogni occasione per condividere questo messaggio con tutti gli attori politici e sociali che sono coinvolti – o interessati a partecipare – al processo che porterà all’approvazione dei due patti globali.
Oggi, 15 agosto, celebriamo la solennità dell’Assunzione di Maria Santissima in Cielo. La Madre di Dio sperimentò su di sé la durezza dell’esilio (cfr Mt 2,13-15), accompagnò amorosamente l’itineranza del Figlio fino al Calvario e ora ne condivide eternamente la gloria. Alla sua materna intercessione affidiamo le speranze di tutti i migranti e i rifugiati del mondo e gli aneliti delle comunità che li accolgono, affinché, in conformità al sommo comandamento divino, impariamo tutti ad amare l’altro, lo straniero, come noi stessi.
Dal Vaticano, 15 agosto 2017
Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria
FRANCESCO
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[1] Cfr Pio XII, Cost. Ap.Exsul Familia, Tit. I, I.
[2] Discorso ai partecipanti al Forum Internazionale “Migrazioni e pace”, 21 febbraio 2017.
[3] Cfr Intervento dell’Osservatore permanente della Santa Sede alla 103ª Sessione del Consiglio dell’OIM, 26 novembre 2013.
[4] Discorso ai partecipanti al Forum Internazionale “Migrazioni e pace”.
[5] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 47.
[6] Cfr Intervento dell’Osservatore Permanente della Santa Sede alla XX Sessione del Consiglio dei Diritti Umani, 22 giugno 2012.
[7] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 62.
[8] Cfr Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, Istr. Erga migrantes caritas Christi, 6.
[9] Cfr Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al VI Congresso Mondiale per la pastorale dei Migranti e dei Rifugiati, 9 novembre 2009.
[10] Cfr Id., Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato (2010); Osservatore Permanente della Santa Sede, Intervento alla XXVI Sessione Ordinaria del Consiglio per i Diritti dell’Uomo sui diritti umani dei migranti, 13 giugno 2014.
[11] Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e gli Itineranti e Pontificio Consiglio Cor Unum, Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzosamente sradicate, 2013, 70.
[12] Cfr Paolo VI, Lett. Enc. Populorum progressio, 14.
[13] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, 27.
[14] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2007.
[15] Cfr Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e gli Itineranti e Pontificio Consiglio Cor Unum, Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzosamente sradicate, 2013, 30-31.
[16] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2005, 24 novembre 2004.
L’intervento del rappresentante all’ONU nel 2013
Riconoscimento dei diritti
fondamentali di tutti i migranti
La posizione espressa dall’arcivescovo Silvano Tomasi,
osservatore della Santa Sede all’ONU il 26 novembre 2013 a Ginevra
Il contributo dei migranti allo sviluppo
Questo Consiglio si riunisce in un momento propizio dell’evoluzione della gestione della migrazione, della formulazione e della messa in pratica di politiche. Mentre la comunità internazionale elabora le proprie strategie per l’Agenda di Sviluppo post 2015, non si può trascurare di stabilire le priorità necessarie per rispondere ai bisogni e ai diritti dei 232 milioni di migranti nel mondo, che costituiscono il 3,2 per cento della popolazione globale. Confrontando il numero dei migranti internazionali con quelli registrati negli ultimi anni — 175 milioni nel 2000 e 154 milioni nel 1990 — possiamo comprendere meglio la crescente importanza e l’impatto che ha questa realtà. Mentre le persone che migrano sono motivate da bisogni e aspirazioni differenti, dobbiamo riconoscere la loro dignità umana unica e prendere atto delle doti, dei talenti, delle capacità, dell’esperienza e del patrimonio culturale offerti da tutti i migranti, che costituiscono un ponte tra i rispettivi paesi d’origine e i paesi che li accolgono. Dobbiamo inoltre riconoscere le condizioni difficili che spingono o costringono le persone a cercare una vita migliore, più sicura, in una terra straniera. Molti fuggono da grandi privazioni, violenze o catastrofi naturali. Molti di loro decidono di migrare come parte di una strategia per la sopravvivenza della famiglia. Compiono sacrifici straordinari per promuovere le prospettive e il potenziale propri e dei membri della loro famiglia. Come ha detto Papa Francesco, i migranti e i rifugiati «condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma soprattutto di essere di più» (il corsivo è aggiunto) (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, Città del Vaticano, 24 settembre 2013).
I migranti contribuiscono anche in modo sostanziale al benessere e allo sviluppo del loro Paese d’origine e di quello di adozione. L’aumento salariale che deriva dalla migrazione è superiore in tutte le nazioni in via di sviluppo messe insieme a tutti gli interventi ufficiali per lo sviluppo e di contrasto alla povertà a livello mondiale. Globalmente, si stima che i migranti internazionali nel mondo quest’anno rimetteranno guadagni per un valore di 550 miliardi di dollari, compresi 414 milioni di dollari ai Paesi in via di sviluppo. Si stima che i risparmi della diaspora, che possono essere mobilitati per finanziare obiettivi di sviluppo, superino i 400 miliardi di dollari.
La migrazione, pertanto, fornisce una corsia preferenziale per la riduzione della povertà nei Paesi d’origine. I Paesi di destinazione, a loro volta, beneficiano dei necessari lavoratori, delle entrate fiscali e di altri contributi da parte degli immigranti.
In queste circostanze vale la pena di esaminare i guadagni che provengono dai movimenti per il lavoro. Gli effetti positivi a medio e lungo termine della migrazione dovrebbero avere un peso maggiore rispetto alla manipolazione politica emozionale del dibattito sulla migrazione, spesso basata su pregiudizi. Per questa ragione, le nazioni dovrebbero adottare un approccio alla migrazione incentrato sulla persona, che tenga conto dei contributi concreti risultanti da quella che spesso è espressione della creatività e dell’imprenditorialità umana. Gli effetti positivi e il potenziale della migrazione esigono un’analisi seria e raccomandazioni per un’azione globale su alcune preoccupazioni urgenti: l’accesso a un territorio e all’asilo, laddove necessario, il rispetto dei diritti umani fondamentali e il riconoscimento dei diritti innati e acquisiti per tutti i migranti.
Queste riflessioni nascono dalla considerazione di persone che lasciano il proprio Paese natale e di persone dislocate nel proprio Paese a causa di situazioni di conflitto, persecuzione od oppressione, che mettono a rischio la loro vita o il loro futuro (di fatto, il Rapporto sulle catastrofi nel mondo del 2012 ha stimato che circa 72 milioni di migranti forzati nel mondo “devono affrontare gravi sfide umanitarie e di diritto umano. Tolti i loro sistemi di supporto, spesso non sono in grado di accedere a servizi sanitari, sociali ed educativi di base. Possono perdere il contatto con le famiglie e le comunità e sperimentare una perdita o un impoverimento grave dal punto di vista socio-economico), come anche delle categorie di migranti che esigono nuova attenzione, specialmente i lavoratori domestici e i lavoratori in generale.
L’accesso al territorio per i richiedenti asilo
All’inizio di luglio 2013, Papa Francesco ha scelto Lampedusa come destinazione della sua prima visita fuori Roma dopo avere iniziato il suo ministero come Papa. L’isola si trova tra il sud dell’Italia e il continente africano, nel Mare Mediterraneo dove, negli ultimi anni, oltre 20.000 immigranti africani hanno perso la vita nel tentativo di sfuggire alla povertà estrema, a guerre crudeli e a violenze etniche, con imbarcazioni inadatte alla navigazione. Qui ha lanciato una sfida che appare molto appropriata per il lavoro di questo Consiglio: «In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!».
Tre mesi dopo, lo stesso destino ha portato alla tragica morte di oltre 300 migranti, che cercavano la libertà e una vita dignitosa e che sono deceduti nell’incendio scoppiato nella loro barca non adatta alla navigazione. Nell’esprimere il suo cordoglio personale per questa catastrofe, Papa Francesco ha ricordato alla comunità internazionale la “vergogna” che tutti noi dobbiamo provare per il fatto di negare, ignorare o semplicemente tollerare queste condizioni imposte ai nostri fratelli e alle nostre sorelle nella famiglia umana.
Il Direttore generale di questa Organizzazione si è recato a sua volta a Lampedusa e ha ricordato che non assistiamo a queste tragedie solo nel Mediterraneo, ma anche in Asia, nel Mar Cinese Meridionale, nell’Atlantico, nel Golfo di Aden e nelle sabbie dei deserti. Ha sottolineato che «queste morti avvengono su scala spaventosa» e ha ribadito che «ora la più grande priorità deve essere salvare vite» (cfr. Intervista all’Ambasciatore William Lacy Swing, Direttore generale dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, Radio Vaticana, 14 ottobre 2013). Una buona programmazione, la raccolta di dati sulle esigenze del mercato del lavoro e un rinnovato impegno a favore del diritto di ognuno al lavoro, all’unità della famiglia, all’equità, alla sicurezza umana e alla solidarietà, possono contribuire all’apertura di canali di migrazione legale e prevenire l’inutile perdita di vite. L’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni può continuare a ricordare agli Stati membri la loro responsabilità di fornire accesso a procedure eque per la determinazione dello status.
Il rispetto dei diritti umani
Presidente, i diritti inalienabili di tutti i migranti devono essere riconosciuti e rispettati, come afferma la Dichiarazione del Dialogo ad Alto Livello sulla Migrazione Internazionale e lo Sviluppo. La mia Delegazione lancia un forte «appello affinché siano sempre tutelate la dignità e la centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali» (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Città del Vaticano, 24 maggio 2013). «Tutti, infatti, godono di diritti e doveri non arbitrari, perché scaturiscono dalla stessa natura umana» (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Città del Vaticano, 28 maggio 2010) e «sono perciò (…) universali, inviolabili, inalienabili» (Giovanni XXIII, Pacem in terris, Lettera Enciclica sull’istaurazione della pace universale nella verità, nella giustizia, nella carità e nella libertà, Città del Vaticano, 11 aprile 1963, n. 5).
Con grande dispiacere la Santa Sede nota la crescente tendenza verso la violazione dei diritti dei migranti, molti dei quali diventano vittime di estorsione e di traffico e sono trattenuti contro la loro volontà e in condizioni disumane, i cui documenti d’identità vengono confiscati, e che sono sottoposti a violenza fisica e psicologica. Un numero crescente di governi, di fatto, rende estremamente difficile, se non impossibile a quanti fuggono per la propria vita raggiungere territori dove poter far richiesta di protezione. I migranti che riescono a entrare in un altro Paese spesso vi vengono detenuti per periodi prolungati, talvolta senza la possibilità di presentare una richiesta d’asilo nei tempi previsti o di avanzare altre richieste legittime per avere la residenza legale. Le espulsioni sommarie sono diventate prassi comune.
Il rapporto tra diritti e sviluppo è al centro del dialogo sulla migrazione e lo sviluppo. Il rispetto dei diritti aumenta la capacità dei migranti di dare un contributo ai loro Paesi d’origine e di destinazione. Lo status irregolare o non autorizzato rende più difficile ai migranti guadagnare e quindi dare un contributo alle loro nuove comunità e investire in modo sostanziale nei Paesi d’origine, come fanno quanti hanno uno status più certo. Il rispetto dei diritti contribuisce alla stabilità, alla reputazione, al capitale umano e alla crescita delle nazioni dalle quali partono i migranti, e quindi incoraggia gli investimenti da parte degli stranieri, dei gruppi della diaspora e di altri. Allo stesso tempo, il rispetto dei diritti dei migranti nei Paesi d’accoglienza aumenta il benessere socioeconomico degli immigranti e, quindi, il loro potenziale di contribuire allo sviluppo delle comunità di partenza e di quelle che li accolgono.
La mia Delegazione appoggia in modo particolare l’approccio dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni alla piaga del traffico di esseri umani che unisce le vittime del traffico ad altri migranti in situazioni di vulnerabilità e cerca di promuovere sistemi di controllo della migrazione che siano rispettosi dei diritti umani.
Infine, Presidente, è auspicabile il debito riconoscimento dei diritti dei migranti acquisiti nei Paesi di destinazione. Questi diritti, spesso basati sullo sviluppo di legami forti ed equilibrati, facilitano l’integrazione e sono un requisito di giustizia e un contributo al bene comune e alla coesistenza pacifica.
La mia Delegazione sente anche il profondo dovere di chiedere una cura e un’attenzione adeguate per i migranti bambini, conformemente al loro migliore interesse. Un numero crescente di migranti minorenni non accompagnati è stato rilevato in America del Nord e altrove. Per esempio, le statistiche dell’Istituto nazionale per la migrazione messicano indicano che tra gennaio e luglio del 2012 sono stati deportati 3.391 bambini guatemaltechi, honduregni e salvadoregni, ovvero il 50 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Di questi, 2.801 non erano accompagnati, molti dei quali sono divenuti vittime di “coyote”, o di trafficanti di persone (Mexico: The End of the Dream for Child Migrants, InterPress Service Agency, 5 novembre 2012). Gli Stati Uniti hanno riscontrato un triplicarsi dei minori non accompagnati che valicano il confine con il Messico nell’arco di quattro anni (Pamela Prah, Number of Undocumented Children Who Cross U.S. Border Alone Has Tripled, 9 maggio 2013; Center for Migration Studies of New York, The Rise in Unaccompanied Minors: A Global Humanitarian Crisis, 15 ottobre 2012).
Conclusione
Presidente, concluderò citando la Dichiarazione del Dialogo ad Alto Livello sulla Migrazione Internazionale e lo Sviluppo, in cui legislatori importanti e professionisti esperti uniti con i governi e le organizzazioni della società civile hanno riaffermato «la necessità di promuovere e proteggere effettivamente i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti i migranti», decisi ad «affrontare la migrazione internazionale attraverso la cooperazione e il dialogo a livello internazionale, regionale o bilaterale, attraverso un approccio globale ed equilibrato» e a evitare approcci che possano «peggiorare la loro vulnerabilità». Così, il dibattito sulle priorità post 2015 potrà diventare l’occasione per guardare alla migrazione in modo nuovo, positivo, considerandola capace di favorire lo sviluppo e di modellare in modo costruttivo la storia.