Newsletter n. 79 del 30 marzo 2018
CHI LAVA I PIEDI A CHI
Cari Amici,
con gli auguri di buona Pasqua mettiamo sul sito due “Dialoghi della liberazione”: il primo del Papa con una delle ragazze nigeriane reduci dalla schiavitù della tratta (donde risulta che può darsi una difesa della “dignità interiore” anche quando il corpo è venduto), l’altro con una suora cinese a cui si spiega che non basta la formazione alla vita spirituale se non si salvaguardano le potenzialità affettive e quelle intellettuali e comunicative.
Segnaliamo anche la risposta che papa Francesco ha dato a Scalfari nel colloquio riferito su Repubblica del 29 marzo. “E l’Europa?”, ha chiesto Scalfari. “L’Europa – ha detto il papa – deve rafforzarsi politicamente e moralmente. Ci sono anche qui molti poveri e molti immigrati. L’Europa è un continente che per secoli ha combattuto guerre, rivoluzioni, rivalità e odio, perfino nella Chiesa. Ma è stata anche una terra dove la religiosità raggiunse il suo massimo e proprio per questo io ho assunto il nome di Francesco: quello è uno dei grandi esempi della Chiesa che va compreso e imitato”.
Questo si leggeva giovedì, che era il giovedì santo. E le sera nella trasmissione di Formigli “Piazzapulita”, Tomaso Montanari, che è stato protagonista di un tentativo fallito di far ripartire in Italia un soggetto politico di sinistra, ha concluso la sua analisi dicendo: “Oggi è il giovedì santo, la lavanda dei piedi, ebbene potrà di nuovo esserci una sinistra quando essa si ricorderà di lavare i piedi ai poveri”.
Lavare i piedi ai poveri è un’espressione forte, perché racchiude il cuore del messaggio cristiano che è l’amore gratuito, dato non per merito e senza contropartite. È l’espressione usata da papa Francesco dopo aver ricevuto il Premio Carlo Magno, quando ha detto a La Croix che il compito della Chiesa per l’Europa, a differenza che nel passato, era di lavarle i piedi. Ma anche l’Europa deve lavare i piedi, a cominciare dai “molti poveri e molti immigrati”; e dopo le discussioni sul greco dei Vangeli sappiamo che il “per molti” vuol dire “per tutti”.
Dunque la Chiesa lava i piedi all’Europa, l’Europa lava i piedi a tutti, ossia ama e serve tutti quelli che abitano in lei, e la sinistra rinasce quando lotta perché l’Europa e ogni altro potere politico non si dimentichi prima di tutto di lavare i piedi ai poveri, e impari come si fa.
Si parla di un rinascere della sinistra, e si dovrebbe dire piuttosto che occorre costruire una casa alla sinistra. Perché la sinistra, almeno in Italia, non è finita, come dimostra l’elettorato, ma le sono state tolte tutte le sue case, quelle politiche, e l’ultima che le è stata tolta e demolita, con puntiglio degno di miglior causa, è anche l’ultima in cui essa si era rifugiata dopo tanti esodi, il Partito Democratico; né i nuovi cantieri, che si sono tentati, hanno potuto contare su fondamenta sufficienti. Sicché ora si tratta, anche ai fini del governo da promuovere, di far emergere la sinistra che è sotto traccia, quella che affiora nei programmi e nelle visioni dei diversi partiti, anche di destra, in lizza; si potrebbe dire, esemplificando, dal reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito, ormai imprescindibile per la legittimazione stessa dello Stato, a un’azione per la necessaria riforma del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (ritorni il pensiero!), fino alle politiche per una vera accoglienza e integrazione dei migranti e degli esuli.
Perché poi la sinistra riabbia una casa, ci vorrà del tempo, non è cosa che si improvvisa. La sinistra che abbiamo conosciuto nel Novecento, in tutte le sue variazioni, era nata da un libro, cioè da un pensiero, fermentato poi non nelle accademie, ma nelle fabbriche di mezzo mondo. Forse anche adesso ci vuole un libro, questa volta sul Globale, sul destino del mondo, che fermenti nelle periferie, tutte connesse però in un unico poliedro.
Con i migliori auguri per la Pasqua
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