C’E’ L’INFERNO?

Tra i primi iscritti alla newsletter di Chiesadituttichiesadei poveri una interlocutrice dice di sperare che papa Francesco cancelli dalla dottrina della Chiesa l’idea della realtà dell’inferno. Ma sussiste ancora questa idea? E come si incrocia con la misericordia? Qualche citazione. La risposta di Carlo Molari.

Dice Isacco di Ninive:

«Oh, meraviglia della grazia del nostro Creatore! Oh, l’incommensurabile bontà di cui ricopre, per ricrearla, la nostra esistenza di peccatori!… Egli fa rialzare chi l’ha offeso e bestemmiato … Dov’è l’inferno che possa rattristarci? Dove la dannazione che ci spaventi fino a sopraffare la gioia dell’amore di Dio?… Chi ammirerà, come merita, la grazia del nostro creatore?».[1]   «La misericordia e la compassione del Padre superano infinitamente la cattiveria dell’uomo. Per quanto l’uomo possa essere ingrato la sua azione avrà sempre una portata limitata, invece la misericordia del Padre rimarrà infinitamente superiore e capace, nella sua onnipotenza, di superare il negativo che esiste nell’uomo. Come un granello di sabbia non pesa quanto molto oro, così in Dio l’esigenza di un equo giudizio non pesa quanto la sua compassione. Quale un pugno di sabbia nell’immenso mare, tali sono le colpe di ogni carne in confronto alla provvidenza e alla misericordia di Dio. Come una ricchissima sorgente non potrebbe essere chiusa da un pugno di polvere, così la compassione del Creatore non può essere vinta dalla cattiveria delle creature».[2]

 Dice papa Gregorio Magno:

«L’Onnipotente ammonì, guardandolo in volto, il genere umano quando, in paradiso, all’uomo creato e dotato di libero arbitrio, indicò ciò che doveva fare e ciò da cui astenersi. L’uomo però, voltò le spalle al volto di Dio quando, per orgoglio, ne disprezzò i comandi e, ciò nonostante, Dio non lo abbandonò nella superbia ma, per ricondurlo a sé, gli diede la Legge, inviò gli angeli ad esortarlo ed apparve nella carne della nostra natura mortale. Ci ammonì stando alle nostre spalle, chiamandoci a ritrovare la grazia pur dopo essere stato disprezzato».

Regola pastorale, III, 28. Città Nuova Editrice, Roma 2008, p. 197.

Dice il Concilio Vaticano II:

«L’eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l’universo; decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina; dopo la loro caduta in Adamo non li abbandonò, ma sempre prestò loro gli aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo redentore, “ il quale è l’immagine dell’invisibile Dio, generato prima di ogni creatura” (Col 1,15)». (Lumen Gentium, n. 2)

Dice Karl Rahner:

« Pur sapendo di far torto ad Agostino con questa semplificazione dell’immensa ricchezza della sua teologia, pur senza negare che l’evoluzione della coscienza cristiana della chiesa da lui a noi ha compiuto molti passi in avanti, pur riconoscendo che molti elementi hanno fatto da catalizzatore per l’evoluzione della coscienza cristiana della chiesa, tuttavia possiamo dire che Agostino ha introdotto una visione della storia universale – e condizionato con il suo insegnamento la cristianità – secondo la quale per l’impossibilità di conoscere il disegno di Dio, la storia del mondo era ed è storia di una massa dannata, nella quale solo a pochi è dato di salvarsi per una grazia di elezione raramente concessa. Per lui il mondo era nelle tenebre, solo raramente e debolmente rischiarate dalla luce della grazia divina, la quale manifesta la sua purezza nella rarità con cui viene concessa.

Anche se Agostino a volte dimostra di sapere che sono dentro la chiesa molti di quelli che sembrano stare fuori e il contrario, tuttavia per lui era pratico e concreto quasi identificare il circolo di quelli che saranno salvati e beati con quelli che si professano esplicitamente cristiani e fedeli alla chiesa, mentre gli altri per un misterioso giusto giudizio costituiscono la massa dannata dell’umanità. Il risultato della storia è sostanzialmente l’inferno. … Nel concilio invece si dice che anche chi pensa di dover essere ateo è unito al mistero pasquale di Cristo se segue la sua coscienza e che ogni uomo a suo modo, conosciuto solo da Dio, è oggetto della rivelazione, per cui si può parlare anche per lui veramente di fatto salvifico in senso teologico. … Nel concilio in tutto il modo di essere della chiesa si ritiene, anche nella pratica, che la grazia divina non solo è offerta come possibilità di salvezza a chi ad essa si apre coscientemente e liberamente, ma che si inserisce anche in questa libertà in forma molto ampia e universale, pur restando esclusa l’accettazione teorica della dottrina dell’apocatastasi. Naturalmente queste convinzioni sono effetto di una lunga evoluzione, ma con il Vaticano II sono divenute chiare e irreversibili in quanto una simile speranza può solo aumentare e non certo venir meno. … La chiesa in questo concilio è divenuta nuova, trasformandosi in una chiesa a dimensione mondiale e pertanto è in grado di rivolgere al mondo un annuncio che, benché resti in fondo sempre lo stesso annuncio di Cristo, è più libero e coraggioso di prima, un annuncio nuovo. In tutti e due i termini, nell’annunciatore come nell’annuncio, è avvenuto qualcosa di nuovo, di irreversibile, di permanente. Se poi noi nella pesante quotidianità borghese della nostra chiesa riusciamo a cogliere e a realizzare questo nuovo, è un’altra questione. Qui sta il nostro compito».

(Karl Rahner, da “Il significato permanente del Vaticano II, 6 ottobre 1979)

Dice papa Francesco:

«Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge». (Misericordiae vultus n. 21)

Risponde ora il teologo Carlo Molari:

«Ogni riformulazione della dottrina della fede parte dalla convinzione che tutte le espressioni del Magistero e della tradizione nascono da un’esperienza di fede e quindi contengono una verità di fondo, ma nello stesso tempo tutte hanno anche una componente culturale provvisoria che deve essere individuata e superata.

La dottrina dell’inferno ha una rilevante componente culturale provvisoria per il fatto che richiama, nello stesso nome, un modello cosmico da secoli superato. Il nome infatti indica immaginari luoghi sotterranei  in contrapposizione a quelli terrestri e celesti. Nella visione attuale dell’universo questa immagine è improponibile.

Allo stato attuale non sappiamo nulla della condizione  dopo morte perché la sua modalità di esistenza è per noi inconcepibile, come lo è per il feto nell’utero materno la vita all’aria aperta.

Il primo passo da fare è assumere il modello evolutivo e considerare la morte come componente essenziale del cammino umano.

Il secondo passo è convincerci che possiamo fallire nello sviluppo personale. Nasciamo incompiuti e imperfetti, siamo chiamati a crescere per giungere alla maturità. Essa consiste nello sviluppo della dimensione spirituale che consente di attraversare la morte fisica per entrare in una nuova modalità di esistenza. In questo processo però possiamo fallire. Possiamo vivere nella illusione di essere già autonomi e così giungere alla morte fisica incapaci di attraversarla da vivi.

L’inferno indica concretamente questa possibilità. Non è un luogo, tanto meno una fornace con il fuoco. È l’esaurimento della carica vitale, l’incapacità di continuare a vivere.

Con una terminologia propria dell’Apocalisse (consapevoli però della differenza dei modelli culturali) potremmo chiamare questo evento la “seconda morte”. Nella Apocalisse il Vivente annuncia che “Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte” (Ap. 2,11) e il Veggente scrive che sui Beati e santi “non ha potere la seconda morte” (Ap. 20,6).

Alcuni chiamano questo evento annichilazione o annullamento. In realtà si tratta semplicemente della incapacità di accogliere la forza creatrice per il mancato sviluppo delle facoltà spirituali. Potremmo dire: come se il Feto nell’utero materno non sviluppasse i polmoni nella convinzione che, non essendo necessari per la vita fetale, non abbiano alcun valore per la fase successiva.

In ogni caso l’idea tradizionale dell’inferno come luogo di punizione dei peccati è improponibile, ma è opportuno che non sia il Papa a fare questa dichiarazione, ma che nel dialogo ecclesiale continui il confronto e il dialogo. Carlo Molari»

[1] Discorso ascetico, n. 60, in Isaac le Syrien, Oeuvres Spirituelles, ed. J. Touraille, Desclée de Brouwer, Paris 1981, 324-326.

[2] Discorso 58, in Isaac le Syrien, Oeuvres Spirituelles, ed. J. Touraille, Desclée de Brouwer, Paris 1981, 312-313.

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  • Agosto 29, 2017at9:54 PM

    lA REALTA’ DEL MALE E’ INNEGABILE. lA DOMANDA FONDAMENTALE RIGUARDA L’ORIGINE DEL MALE. SECONDO LA TEOLOGIA TOMISTICA/ARISTOTELICA DIO, L’ESSERE PERFETTISSIMO NON PUO’ FARE IL MALE EPPURE HA FORNITO LA SUA CREAZIONE CON LA CAPACITA’ DI FARE IL MALE E DI PATIRE IL MALE. IL LIBERO ARBITRIO DI PER SE’ NON SPIEGA L’ESISTENZA DEL MALE. DA DOVE VIENE IL SERPENTE CHE CONVINCE LA DONNA A MANGIARE DEL FRUTTO PROIBITO E PERCHE’ LA PERSONA UMANA E’ CAPACE DI ACCETTARE QUESTA SENSAZIONE. LA TEORIA AGOSTINIANA/CALVINISTA DELLA PREDESTINAZIONE INFRALAPSARIA NON SPIEGA L’ESISTENZA DEL MALE. DELLE TANTE POSSIBILI TEORIE IO PREFERISCO LA TEODICEA DI LEIBNITZ: IL MALE E’ UN MEZZO PERDEFINIRE IL BENE. UNA MANIERA SEMPLICE DI VEDERE QUESTO PUNTO E’ CHE SENZA GIUDA NON CI SAREBBE STATO CRISTO. IN ALTRE PAROLEAL MOMENTO CHE DIO SI DEFINISCE COME BENE IL MALE PRENDE ORIGINE:E’ IL NON-IO CHE PERMETTE A DIO DI DEFINIRSI COME IO UNIVERSALE. C’E’ L’INFERNO? CERTO NON COME LUOGO DI PUNIZIONE, POSSIBILMENTE COME DEPOSITO DI ANIME INSODDISFATE CHE NON SONO STATE CAPACI DI IMPIANTARE IL PROPRIO IO PERSONALE NELL’IO UNIVERSALE E CHE SONO COME PROFUGHI PERPETUI SENZA UNA CASA E SENZA UNA POSSIBILITA’ DI TROVARLA. O E’ POSSIBILE, COME SOSTENEVA PAPINI (E BUNUEL NELLA VIA LATTEA) E IN FONDO ANCHE IL LIBRO DI GIOBBE CHE IL MALE E IL SUO AGENTE, IL DIAVOLO, SIA UN MINISTRO DI DIO, IL MODO DI CREARE IL NON-IO CHE VIENE RIASSORBITO DALL’IO NELLA CONSUMAZIONE DEI TEMPI, QUANDO LA SINTESI FINALE ELIMINA IL DUALISMO TESI/ANTITESI. dA UN PUNTO DI VISTA PERSONALE, L’INCAPACITA’ DI CONSOCERE IL MALE CI RENDE INCAPACI DI RICONOSCERE LA REDENZIONE E LA SALVEZZA. CI ACCECA AL MESSAGGIO DI AMORE DI CRISTO, CHE PUO’ ESSERE RICONOSCIUTO SOLO RICONOSCENDOCI INCAPACI DI SFUGGIRE AL MALE CHE FACEVA DIRE A pAOLO “BONA VIDEO PROBOQUE, DETERIORA SEQUOR.”

  • Ottobre 23, 2017at11:48 PM

    In una visione evolutiva del mondo notiamo una storia della natura che è arrivata nell’uomo all’autotrascendenza della materia ed ora la storia prosegue sia con la storia che nello spirito dell’uomo. È a questo punto che, come dice Rahner, “la fede cristiana riconosce in Gesù Cristo – il Figlio di Dio divenuto uomo…- il Salvatore assoluto, cioè colui grazie al quale l’eschaton fa irruzione nella storia…. Con il concetto di unione ipostatica non s’intende che Cristo è semplicemente il “travestimento” umano di Dio,(“la livrea del buon dio”) ma che egli è il Dio veramente uomo, ne deriva come logica conseguenza che il mondo perviene al suo fine. La salvezza si realizza nella misura in cui, mediante l’unione ipostatica, il movimento di trascendenza da sempre iscritto nel mondo raggiunge la propria meta per il fatto che il Trascendente stesso viene nel mondo e “si fa” mondo, quindi la salvezza viene attuata direttamente da lui. ( cfr. Pasquale Bua in “Rassegna di teologia” n°2-2017). (mio iper-riassunto, ma nella sostanza fatto proprio, studiato e riflettuto dagli anni ’80).
    e così non fosse sarebbe il Vangelo stesso in contraddizione (Gv.17,2-11).

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