COME SI STA BENE IN LIBIA
Come si sta bene in Libia
Il racconto di un giovane camerunense salvato dalle navi delle ONG il 27 agosto: «Le guardie libiche ci uccidono e ci gettano in una buca»
DA VITA newsletter 29 agosto 2017
“I libici ci hanno picchiato tutto il tempo, senza motivo. Ci hanno messo in prigione, sempre senza motivo. Le guardie carcerarie uccidono la gente e la gettano in una buca. Chiudono la buca soltanto quando è piena di corpi”. E’ talmente sconvolgente da sembrare appartenente al mondo irreale degli incubi la testimonianza di un giovane camerunense raccolta da una volontaria della Aquarius, la nave di salvataggio dell’organizzazione umanitaria italo-franco-tedesca Sos Mediterranée, gestita in partnership con Medici senza frontiere, che domenica 27 agosto 2017 ha tratto in salvo due imbarcazioni in acque internazionali ad est di Tripoli. In totale 251 persone – tra cui 26 donne, 5 bambini sotto i 5 anni e 29 minori non accompagnati – sono state salvate e condotte al sicuro a bordo della nave.
“La frusta, mattina, pomeriggio e sera: questo è il nostro pasto. Ho assistito a una scena di tortura in cui guardie libiche hanno colpito la testa di un prigioniero appeso a testa in giù, come una palla”, ha raccontato il ragazzo africano, che ha spiegato di avere trascorso 6 mesi in stato di detenzione in Libia. “Abbiamo tutti sofferto così tanto. Tutte le persone che vedete qui sono passate attraverso tante prove, sono morte dentro da molto tempo, anche le loro famiglie devono credere che siano morti. Oggi è come una resurrezione”. Narrazioni agghiaccianti di fronte a cui Sophie Beau, vicepresidente di Sos Mediterranée, chiede di non rimanere indifferenti: “La prima cosa che raccontano i naufraghi quando arrivano a bordo non è il trauma del viaggio in mare. Quello che evocano, prima di tutto, è quello che chiamano ‘l’inferno libico’: sequestri di persona, stupri, estorsioni di riscatto sotto tortura, abusi e umiliazioni, il lavoro forzato, i mercati di schiavi”, rimarca Beau. “I migranti sono in balia di un traffico di esseri umani su larga scala. Invitiamo gli Stati europei e mediterranei ad ascoltare queste storie terrificanti prima che sia troppo tardi e che altre persone muoiano in mare mentre cercano di fuggire dalla Libia, o vengano respinte e rimandate nelle mani dei loro carnefici”. Appello che arriva proprio nel momento in cui i leader europei stanno invece elogiando le ultime mosse del governo italiano che ha stretto accordi con le autorità libiche per pattugliare le coste per non fare partire le imbarcazioni.
Secondo i racconti delle persone soccorse, le imbarcazioni sarebbero partite da Al Khums, ad est della capitale. “Le due operazioni di salvataggio di domenica hanno avuto luogo in acque internazionali ad est di Tripoli, mentre la maggior parte dei salvataggi dall’inizio dell’anno si erano svolti ad ovest, al largo di Sabratha”, ha detto Nicola Stalla, il coordinatore dei soccorsi di Sos Mediterranée a bordo della nave Aquarius. Alle 6.30 di domenica mattina, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma (Mrcc) ha chiesto alla nave Aquarius di ricercare attivamente un’imbarcazione in difficoltà segnalata a 20 miglia nautiche dalla costa libica, facendo presente che anche la guardia costiera libica, avvertita della presenza di questa imbarcazione, sarebbe potuta intervenire. Dopo aver individuato l’imbarcazione in difficoltà a 24 miglia nautiche dalle coste e in assenza di altre unità navali della zona, ivi comprese quelle delle Guardia Costiera Libica, i soccorritori della nave Aquarius hanno prestato la prima assistenza alla imbarcazione in difficoltà distribuendo giubbotti salvagente alle 116 persone che erano a bordo del gommone.
Il Mrcc di Roma ha poco dopo autorizzato il trasferimento delle 116 persone a bordo della nave Aquarius, dove i naufraghi sono stati presi in carico dal personale medico di Msf, anche nella considerazione dell’urgenza derivante da una importante perdita di carburante al fondo del gommone, che rischiava di causare gravi ustioni alle persone sedute al centro dell’imbarcazione. Completata questa prima operazione di salvataggio, il Mrcc ha poi segnalato alle navi delle ONG presenti nella zona ad est di Tripoli la presenza di una seconda imbarcazione in pericolo. La nave Open Arms, della ONG Proactiva, ha individuato poco dopo il gommone e avviato la distribuzione di giubbotti di salvataggio, collaborando poi al trasferimento, in accordo con il Mrcc, delle 135 persone a bordo della nave Aquarius.
Venti punti di azione
I migranti vogliono essere felici. È un reato?
Un documento di proposte della Sezione Migranti e Rifugiati della Santa Sede diretta dal Papa: come accogliere, proteggere, promuovere e integrare
Migrants & Refugees Section | Integral Human Development | Vatican City
Per secoli, la Chiesa cattolica ha prestato assistenza e ha rivolto un’attenzione pastorale particolare alle persone coinvolte nella mobilità umana. Oggi, mentre assistiamo al più grande movimento di persone sfollate e di rifugiati della storia recente, la Chiesa si sente chiamata a continuare quest’opera in solidarietà con le persone sfollate e con la comunità internazionale.
Mentre masse enormi di persone sono costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie famiglie a causa di persecuzioni, violenza, catastrofi naturali e del flagello della povertà, bisogna anche riconoscere che la migrazione è una risposta umana naturale alle crisi e una testimonianza del desiderio innato di ogni essere umano di essere felice e di godere di una vita migliore. Questa realtà, con le sue importanti dimensioni materiali e spirituali, sta provocando un impatto significativo sugli atteggiamenti e le reazioni delle persone in tutto il mondo.
Anche nella crisi attuale, l’esperienza ci insegna che si possono trovare risposte comuni, efficaci ed appropriate. La Chiesa aspira a collaborare con la comunità internazionale per promuovere e adottare misure efficaci di protezione della dignità, dei diritti e delle libertà di tutte i soggetti di mobilità umana, compresi i migranti forzati, i richiedenti asilo, i rifugiati e gli sfollati interni.
I processi avviati dalle Nazioni Unite per l’elaborazione di due Global Compact – uno sulla migrazione sicura, ordinata e regolare e uno sui rifugiati – rappresentano un’occasione unica per fornire una risposta congiunta in termini di cooperazione internazionale e di responsabilità condivisa.
La Chiesa ha già espresso più volte la sua posizione riguardo a molti dei temi che saranno inclusi nei Global Compacts e, sulla base della sua lunga e variegata esperienza, intende contribuire attivamente ai due processi. Al fine di favorire tale contributo, la Sezione Migranti e Rifugiati (Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale) del Vaticano, dopo essersi consultata con varie conferenze episcopali e ONG cattoliche impegnate in questo settore, ha elaborato i seguenti Venti Punti di Azione. Essi sono stati approvati dal Santo Padre. Sono fondati sulle “buone pratiche” che caratterizzano la risposta tangibile della Chiesa ai bisogni dei migranti e dei rifugiati. Essi non pretendono di esaurire il ricco magistero della Chiesa su migrazione e asilo, ma si pongono come una serie di considerazioni pratiche che gli attori cattolici e non possono utilizzare, completare e approfondire nel loro dialogo con i governi in vista dei Global Compacts.
I 20 punti caldeggiano una serie di misure efficaci e attestate che nel loro insieme costituiscono una risposta integrale alle sfide odierne. In conformità con il magistero di Papa Francesco, i punti si articolano attorno a quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ciascun verbo indica attività e rappresenta un invito all’azione. Esse intendono partire da ciò che è attualmente possibile per procedere quindi verso l’obiettivo finale, quello cioè di costruire una casa comune, inclusiva e sostenibile per tutti. È nostra sincera speranza che i punti proposti siano una guida per gli attori politici e per tutti coloro che intendono impegnarsi per migliorare la situazione dei migranti, rifugiati richiedenti asilo e sfollati interni, e tra questi quelli più vulnerabili.
I fatti dimostrano che la migrazione è sempre più costituita da flussi misti. In molti casi risulta difficile operare una netta distinzione tra migranti e rifugiati. Spesso i loro bisogni sono simili, se non addirittura identici. Di conseguenza, è opportuno fare in modo che i processi di redazione e negoziazione tendano alla massima armonia possibile tra i due Global Compacts. Inoltre, poiché entrambi Global Compacts si propongono di avere un impatto reale sulla vita delle persone, essi devono includere mete e obiettivi da raggiungere come pure meccanismi di valutazione dei risultati.
La Sezione Migranti e Rifugiati offre i Venti Punti di Azione come un contributo alla redazione, negoziazione e adozione dei Global Compacts su migranti e rifugiati entro la fine del 2018. Guidata da Papa Francesco, la Sezione propugna i principi che sono alla base di questi punti e si ripromette di lavorare alacremente con la comunità internazionale al fine di vederli inclusi nei Global Compacts.
I – ACCOGLIERE: aprire ulteriori canali umanitari legali e sicuri per i migranti e i rifugiati
La decisione di emigrare dovrebbe essere volontaria. La migrazione stessa dovrebbe essere sicura, legale e ordinata. In tale prospettiva, si suggeriscono i seguenti punti di azione:
1. Incoraggiare gli Stati a bandire ogni forma di espulsione arbitraria e collettiva. Il principio di “non refoulement” deve essere sempre rispettato. Questo principio è fondato sulla situazione individuale della persona e non sulla presunzione di sicurezza di un paese. Gli Stati devono evitare di stilare liste di paesi sicuri, poiché spesso tali liste non riescono a soddisfare i bisogni reali di protezione del rifugiato.
2. Esortare gli Stati e gli altri attori coinvolti ad ampliare il numero e le forme di vie legali alternative per una migrazione e un reinserimento sicuri e volontari, nel pieno rispetto del principio di “non refoulement”. Esempi concreti di tali vie possono essere:
a. L’adozione della pratica di concedere visti umanitari o, dove essa già esiste, l’estensione del suo utilizzo come priorità politica nazionale.
b. Più ampio utilizzo di visti per studenti, intesi anche per programmi di apprendistato e tirocinio, così come per tutti i livelli dell’istruzione formale.
c. Programmi di corridoi umanitari che permettano di entrare legalmente con un visto umanitario a persone particolarmente vulnerabili, inclusi coloro che sono costretti a fuggire da conflitti e disastri naturali.
d. L’adozione di una legislazione che renda possibile l’integrazione locale grazie a sponsorizzazioni private di cittadini, comunità e organizzazioni.
e. L’adozione di politiche di ricollocamento per i rifugiati o, in caso fossero già presenti nel quadro giuridico, l’aumento del numero di rifugiati ricollocati ad un livello tale da soddisfare le necessità annue di ricollocamento definite dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
f. L’introduzione di visti per il ricongiungimento familiare o, in caso siano già previsti, l’aumento del numero dei visti rilasciati, con l’inclusione di tutti i membri della famiglia (anche nonni, fratelli, sorelle e nipoti).
g. L’adozione di politiche nazionali che consentano a coloro che sono costretti a fuggire da conflitti armati, persecuzioni o violenza generalizzata nei loro Paesi d’origine di essere accolti immediatamente – anche se temporaneamente – dagli Stati vicini, ad esempio mediante la concessione di uno status di protezione temporaneo.
h. Un’accoglienza responsabile e degna dei migranti e rifugiati “comincia dalla loro prima sistemazione in spazi adeguati e decorosi. I grandi assembramenti di richiedenti asilo e rifugiati non hanno dato risultati positivi, generando piuttosto nuove situazioni di vulnerabilità e di disagio. I programmi di accoglienza diffusa, già avviati in diverse località, sembrano invece facilitare l’incontro personale, permettere una migliore qualità dei servizi e offrire maggiori garanzie di successo.”
3. Incoraggiare gli Stati ad adottare una prospettiva di sicurezza nazionale che tenga in debito conto la sicurezza delle persone e i diritti di tutti i migranti, richiedenti asilo e rifugiati che entrano nel loro territorio. Alcuni esempi possono essere:
a. La formazione in diritto internazionale in materia di diritti umani e di rifugiati dei funzionari e degli agenti delle forze dell’ordine che operano nelle zone di confine.
b. L’adozione di politiche nazionali che rispondano innanzitutto alle necessità e alle vulnerabilità di coloro che chiedono di essere ammessi, compreso l’accesso ai servizi di base, ancor prima di affrontare la questione della situazione giuridica di un candidato.
c. L’adozione di politiche di sicurezza nazionale che privilegino la sicurezza e la protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo che fuggono dai conflitti armati, dalla persecuzione o dalla violenza generalizzata, affinché possano porsi in salvo rapidamente attraverso un processo rapido di identificazione e di ammissione.
d. L’adozione di politiche nazionali che privilegino le alternative alla detenzione di coloro che cercano di entrare nel territorio.
II – PROTEGGERE: garantire i diritti e la dignità dei migranti e dei rifugiati
La Chiesa insiste sulla necessità di adottare un approccio integrale e integrato, che mette al centro la persona umana. L’approccio integrale resta, indubbiamente, il modo migliore per identificare e superare stereotipi pericolosi, evitando così di stigmatizzare un individuo sulla base di pochi elementi specifici e prendendo invece in considerazione tutti gli aspetti e le dimensioni della persona intesa come un tutt’uno. “La corretta attuazione dei diritti umani è veramente vantaggiosa sia per i migranti sia per i paesi d’origine e di destinazione. Le misure suggerite non sono mere concessioni ai migranti. Esse sono nell’interesse dei migranti, delle società che li ospitano e di tutta la comunità internazionale. La promozione e il rispetto dei diritti umani dei migranti e della loro dignità garantisce che i diritti e la dignità di tutti nella società siano totalmente rispettati.”
I migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati devono essere accolti come esseri umani, nel pieno rispetto della loro dignità e dei loro diritti umani, qualunque sia il loro status migratorio. Sebbene ogni Stato abbia diritto a gestire e controllare le proprie frontiere, i migranti e i rifugiati devono essere accolti in conformità agli obblighi specifici in virtù del diritto internazionale, incluse le leggi sui diritti umani e quelle internazionali sui rifugiati. Quanto più si apriranno vie alternative e legali per i migranti e i rifugiati, meno essi diventeranno preda di reti criminali e vittime della tratta o di sfruttamento e abuso nel contesto del traffico di migranti.
Il diritto alla vita è la garanzia più fondamentale della libertà civile e politica. L’articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici afferma: “ogni essere umano ha il diritto intrinseco alla vita. Questo diritto deve essere protetto dalla legge. Nessuno può essere privato arbitrariamente della sua vita.” Ogni risposta a migranti, rifugiati e richiedenti asilo, in particolare nelle operazioni di ricerca e salvataggio, deve essere finalizzata principalmente a garantire e proteggere il diritto alla vita di tutti, indipendentemente dal loro status. In questa prospettiva, si propongono i seguenti punti di azione.
4. Incoraggiare gli Stati con ingenti flussi emigratori di lavoratori ad adottare politiche e pratiche che forniscano protezione ai cittadini che decidono di emigrare. Ecco alcuni esempi:
a. Sistemi d’informazione a livello nazionale prima della partenza e corsi di formazione che allertino ed educhino i cittadini e i datori di lavoro, come pure i funzionari e gli agenti delle forze dell’ordine, che lavorano nelle zone di frontiera, a riconoscere i segni del lavoro forzato o della tratta degli esseri umani.
b. La richiesta di una regolamentazione e una certificazione a livello nazionale delle agenzie di reclutamento a servizio dei datori di lavoro.
c. L’Istituzione, a livello ministeriale, di un dipartimento dedicato alle questioni relative alle comunità della diaspora.
d. L’adozione di politiche nazionali che proteggano gli interessi e assistano le comunità della diaspora e i migranti all’estero, anche attraverso la protezione consolare e servizi legali.
5. Incoraggiare gli Stati con ingenti flussi di lavoratori immigrati ad adottare politiche nazionali che proteggano contro lo sfruttamento, il lavoro forzato o la tratta. Alcuni esempi potrebbero essere i seguenti:
a. La promulgazione di una legislazione che vieti ai datori di lavoro di confiscare i passaporti e altri documenti di identità dei propri dipendenti.
b. L’adozione di politiche nazionali che garantiscano ai residenti stranieri di accedere alla giustizia, indipendentemente dal loro status migratorio, permettendo loro di denunciare le violazioni dei diritti umani e le violenze senza timore di ritorsioni, inclusa la detenzione involontaria e la deportazione.
c. L’adozione di politiche nazionali che consentano ai migranti di aprire conti bancari privati e personali sui quali anche i datori di lavoro possano effettuare depositi diretti.
d. L’adozione di leggi nazionali relative al salario minimo che esigano il pagamento regolare del salario, almeno su base mensile.
6. Incoraggiare gli Stati ad adottare politiche nazionali che permettano ai migranti, ai richiedenti asilo e ai rifugiati di sfruttare al meglio le proprie capacità e i propri talenti al fine di contribuire nel migliore dei modi al proprio benessere e a quello delle proprie comunità. Ecco alcuni esempi:
a. La concessione a rifugiati e a richiedenti asilo di libertà di circolazione e di permessi di lavoro, come pure di documenti di viaggio, che permettano loro di fare ritorno nello Stato di accoglienza nel caso trovino lavoro in altri Stati.
b. Lo sviluppo di programmi che impegnino la comunità locale ad accogliere piccoli gruppi di richiedenti asilo, oltre ai grandi centri di accoglienza e identificazione.
c. La promulgazione di una legislazione che dia ai richiedenti asilo, rifugiati e migranti la possibilità di aprire conti bancari, creare imprese ed effettuare transizioni finanziarie.
d. L’attuazione di politiche nazionali che permettano ai migranti, richiedenti asilo e rifugiati di aver accesso e di utilizzare le telecomunicazioni, ad es. schede SIM per telefoni cellulari e accesso a Internet, senza procedure o costi onerosi.
e. La promozione di politiche nazionali che permettano ai migranti e rifugiati rimpatriati – o che intendono fare ritorno – di accedere più facilmente alle opportunità di lavoro nei loro Paesi d’origine, incoraggiando così il loro reinserimento nella società.
7. Incoraggiare gli Stati a rispettare gli obblighi derivanti dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia quando adottano una legislazione nazionale per far fronte alla situazione di vulnerabilità dei minori non accompagnati o separati dalla loro famiglia. Ecco alcuni esempi:
a. L’adozione di alternative alla detenzione obbligatoria, la quale non è mai nel migliore interesse del bambino, qualunque sia il suo status migratorio.
b. Programmi di affidamento o tutela familiare per minori non accompagnati fino a quando sono separati dalla loro famiglia.
c. Costituzione di centri di accoglienza separati per famiglie, minori e adulti.
8. Incoraggiare gli Stati a rispettare i loro obblighi derivanti dalla Convenzione sui diritti dell’Infanzia nei confronti di tutti i minori migranti e raccomandare, tra l’altro, le seguenti azioni:
a. L’adozione di procedure che garantiscano protezione giuridica ai minori che si avvicinano alla maggiore età. In particolare, la promulgazione di leggi che permettano la conservazione dello status regolare, impedendo loro di diventare irregolari e quindi soggetti a detenzione e deportazione.
b. L’adozione di procedure che permettano ai minori che sono vicini alla maggiore età di continuare la scuola senza interruzioni.
c. L’adozione di politiche che obblighino la registrazione di tutte le nascite, fornendo a ciascun neonato un certificato di nascita.
9. Incoraggiare gli Stati ad adottare legislazioni che forniscano pari accesso all’istruzione per gli studenti migranti, richiedenti asilo e rifugiati, a tutti i livelli. Ecco alcuni esempi:
a. L’attuazione di politiche nazionali o regionali che permettano ai migranti e ai rifugiati di accedere all’istruzione primaria e secondaria, indipendentemente dal loro status migratorio.
b. L’adozione di politiche che forniscano ai migranti e ai rifugiati un accesso all’istruzione primaria e secondaria pari a quello dei cittadini.
10. Incoraggiare gli Stati ad adottare politiche nazionali che garantiscano ai migranti e rifugiati l’accesso ad una protezione sociale adeguata. Ecco alcuni esempi:
a. La promulgazione di una normativa che assicuri il diritto alla salute dei migranti e dei rifugiati, compreso l’accesso all’assistenza sanitaria di base, qualunque sia il loro status migratorio e immediatamente dopo il loro arrivo.
b. La promulgazione di una normativa che permetta di accedere ai sistemi pensionistici nazionali e garantisca la trasferibilità della copertura e dei benefici previdenziali tra i Paesi al fine di evitare che i migranti e i rifugiati perdano i loro diritti a causa del loro status migratorio.
11. Incoraggiare gli Stati ad adottare una legislazione che eviti ai migranti e ai rifugiati lo stato di “apolidi”. Ecco alcuni esempi:
a. La promulgazione di una legislazione che garantisca un’adeguata protezione e norme di procedura in ottemperanza ai diritti e le libertà stabiliti dalle convenzioni internazionali circa l’apolidia, dai trattati sui diritti umani e dalle disposizioni relative al diritto a una nazionalità.
b. La realizzazione di riforme legali e politiche necessarie per affrontare efficacemente l’apolidia, lavorando in quattro ambiti – identificazione, prevenzione, riduzione e protezione -, favorendo il riconoscimento della cittadinanza ai bambini alla nascita.
III – PROMUOVRE: favorire lo sviluppo umano integrale dei migranti e dei rifugiati
Attualmente la durata media dell’esilio di coloro che sono fuggiti dai conflitti armati è di 17 anni. Anche per i lavoratori migranti il tempo trascorso lontano da casa può arrivare a diversi anni. Gli Stati di accoglienza, più che offrire una semplice risposta di emergenza e servizi di base, devono fornire strutture che consentano a coloro che rimangono a lungo termine di realizzarsi come persone, contribuendo così allo sviluppo del Paese che li ospita. Inoltre, posto che uno dei principi fondamentali degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 è quello di “non lasciare nessuno indietro”, la comunità internazionale deve aver cura di includere i rifugiati, richiedenti asilo e lavoratori migranti nei suoi piani di sviluppo. A questo proposito, si possono suggerire i seguenti punti di azione:
12. Incoraggiare gli Stati a mettere in atto una legislazione che permetta il riconoscimento, il trasferimento e l’ulteriore sviluppo delle competenze di tutti i migranti, richiedenti asilo e rifugiati residenti nel Paese di accoglienza. Ecco alcuni esempi:
a. Lo sviluppo di politiche che garantiscano l’accesso all’istruzione terziaria e un sostegno ai migranti, richiedenti asilo e rifugiati che ne abbiamo le condizioni.
b. L’adozione di politiche che offrano pari accesso ai programmi di apprendistato e tirocinio per migranti, richiedenti asilo e rifugiati, che abbiamo i requisiti per accedervi, secondo lo stesso criterio che si applica ai cittadini.
c. L’adozione di politiche che facilitino la valutazione, la convalida e il riconoscimento dei titoli accademici e professionali, incluso quelli relativi all’istruzione superiore, dei migranti e rifugiati, ad esempio attraverso accordi interuniversitari, bilaterali e multilaterali.
13. Incoraggiare gli Stati ad adottare norme, politiche e pratiche che facilitino l’integrazione locale dei migranti, dei richiedenti asilo e delle popolazioni di rifugiati. Per esempio:
a. Laddove non esistono ancora, la promulgazione di leggi che riconoscano il diritto del rifugiato e del richiedente asilo alla libertà di circolazione e alla libertà di scegliere il proprio luogo di residenza.
b. Laddove non esistono ancora, la promulgazione di leggi che riconoscano il diritto dei richiedenti asilo e rifugiati di lavorare, al momento della loro registrazione presso le autorità nazionali competenti.
c. L’adozione di politiche che garantiscano l’accesso a lezioni e corsi di lingua e costumi locali, come pure la divulgazione di notizie e informazioni nelle lingue più comuni tra le popolazioni di migranti e rifugiati all’interno del Paese di accoglienza.
14. Incoraggiare gli Stati ad adottare politiche e pratiche che favoriscano e preservino l’integrità e il benessere della famiglia, indipendentemente dallo status migratorio. Ecco alcuni esempi:
a. L’adozione di leggi che consentano il ricongiungimento dei rifugiati e dei migranti con le loro famiglie, e che riconoscano ai membri di queste il diritto di lavorare. L’esigenza di un reddito minimo o la prova di poter sovvenire ai bisogni finanziari non deve essere una condizione per la riunificazione dei minori con i loro genitori.
b. L’adozione di leggi che estendano l’ambito delle politiche di ricongiungimento familiare al fine di includere tutti membri della famiglia (compresi nonni, fratelli e sorelle e nipoti) per consentire a tutta la famiglia di rimanere unita nel processo di ricollocamento.
c. L’adozione di politiche che promuovano il rintracciamento dei familiari e il ricongiungimento con loro.
d. L’adozione di una normativa che vieti e prevenga attivamente gli abusi dei lavoratori minori, assicurando che il lavoro sia sicuro e non pregiudichi la loro salute e il loro benessere o comprometta le loro opportunità di istruzione.
15. Incoraggiare gli Stati ad adottare politiche e pratiche che garantiscano ai migranti, richiedenti asilo e rifugiati con necessità particolari o vulnerabilità le stesse opportunità offerte ai cittadini disabili. Ecco alcuni esempi:
a. L’attuazione di politiche che consentano a tutte le persone disabili di accedere alle attrezzature di assistenza per disabili (ad esempio, sedie a rotelle, cani guida, apparecchi acustici) indipendentemente dal loro status migratorio.
b. L’adozione di politiche che favoriscano un rapido accesso all’educazione speciale o alla formazione professionale, come pure all’assistenza sanitaria per i minori non accompagnati o separati che siano disabili.
16. Incoraggiare la comunità internazionale a incrementate la porzione del contributo allo sviluppo e agli aiuti di emergenza in favore degli Stati che accolgono e sostengono grandi flussi di rifugiati e di migranti che fuggono da conflitti armati, affinché tutti possano beneficiarne, a prescindere dal loro status migratorio. Ecco alcuni esempi:
a. L’invito agli Stati donatori ad adeguare i loro aiuti e la loro assistenza per includervi lo sviluppo di infrastrutture sanitarie, educative e di servizio sociale nelle aree di accoglienza subito dopo l’arrivo. Ad esempio, essi potrebbero finanziare la costruzione di aule supplementari e la formazione di insegnanti laddove la capacità locale non riesce più a far fronte ai bisogni o si è esaurita.
b. L’invito agli Stati donatori ad adottare politiche che permettano di riservare una porzione dell’aiuto destinato ai rifugiati e migranti, così come dei programmi e servizi, alle famiglie locali che vivono le stesse problematiche economiche e sociali.
17. Incoraggiare gli Stati ad adottare politiche e pratiche che garantiscano la libertà religiosa, in termini di professione e pratica, a tutti i migranti e rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio.
IV – INTEGRARE: arricchire le comunità grazie ad una maggiore partecipazione dei migranti e dei rifugiati
La presenza di migranti e di rifugiati è un’opportunità per creare una nuova comprensione e allargare gli orizzonti. Ciò si applica sia a coloro che vengono accolti, che hanno la responsabilità di rispettare i valori, le tradizioni e le leggi della comunità che li accoglie, sia alla popolazione autoctona, chiamata a riconoscere il contributo benefico che ogni migrante può apportare a tutta la comunità. Entrambe le parti si arricchiscono reciprocamente grazie alla loro interazione, mentre la comunità nel suo insieme si vede rafforzata da una maggiore partecipazione di tutti i suoi membri, sia autoctoni sia migranti. Ciò è vero anche quando i migranti o i rifugiati decidono di fare ritorno in patria. A questo proposito, si suggeriscono i seguenti punti di azione:
18. Sulla base del concetto che l’integrazione non è né assimilazione né incorporazione, ma un processo bidirezionale che si fonda essenzialmente nel mutuo riconoscimento della ricchezza della cultura dell’altro, incoraggiare gli Stati ad adottare leggi che facilitino l’integrazione locale.
Per esempio:
a. L’adozione di leggi e disposizioni costituzionali che garantiscano la cittadinanza a tutte le persone nate sul territorio nazionale.
b. L’adozione di leggi che forniscano rapidamente accesso alla cittadinanza per tutti i rifugiati.
c. L’adozione di un approccio alla concessione della cittadinanza, che si basi sui diritti e le necessità. La cittadinanza non deve essere subordinata alla condizione economica o alla proprietà possedute.
d. L’adozione di leggi che garantiscano la cittadinanza senza “nuovi requisiti linguistici”, in particolare per i richiedenti più anziani (oltre i 50 anni).
e. L’adozione di leggi che facilitino la migrazione legale dei membri della famiglia degli stranieri residenti nel Paese.
f. L’adozione di leggi che permettano la regolarizzazione dello stato di stranieri che possano vantare una lunga permanenza nel Paese di accoglienza.
19. Incoraggiare gli Stati ad adottare politiche e programmi che promuovano attivamente una visione positiva dei migranti e dei rifugiati e la solidarietà nei loro confronti. Ad esempio:
a. L’offerta di sovvenzioni ai comuni e alle comunità religiose affinché organizzino eventi che mostrino aspetti positivi della cultura dei membri della comunità straniera.
b. L’organizzazione di campagne pubbliche che mostrino e promuovano esempi positivi di individui e gruppi che accolgono i rifugiati e i migranti e che li integrano nelle loro comunità locali.
c. La diffusione di annunci pubblici siano nelle lingue parlate della maggioranza dei migranti e dei rifugiati.
d. L’adozione di politiche che favoriscano l’ospitalità all’interno delle comunità locali e che cerchino attivamente di accogliere e integrare i migranti nella comunità locale.
20. Quando i residenti stranieri sono costretti a fuggire dalla violenza o da una crisi ambientale, spesso hanno diritto a far parte dei programmi di rimpatrio volontario o di evacuazione. In questi casi, si devono incoraggiare lo Stato che accoglie, gli Stati donatori o lo Stato d’origine ad adottare politiche e procedure che facilitino il reinserimento dei rimpatriati. Ecco alcuni esempi:
a. L’incremento dei contributi destinati a potenziare le infrastrutture nelle aree di ritorno o l’assistenza prestata nel periodo di transizione per i lavoratori che ritornano in patria perché colpiti da una crisi in un Paese straniero.
b. L’adozione di leggi che riconoscano e consentano il trasferimento di titoli di studio o professionali, che sono stati acquisiti all’estero dai cittadini che rientrano in patria, e permettano un rapido accesso ai mercati del lavoro a quanti hanno competenze professionali certificate (es. insegnanti specializzati, elettricisti, personale medico e operatori di attrezzature pesanti)