DA CINQUE ANNI SANITA’ IN DISARMO
DA CINQUE ANNI SANITA’ IN DISARMO
Mancano 56.000 medici, 50.000 infermieri e sono stati soppressi 758 reparti in cinque anni. Per la ricerca solo lo 0,2 per cento degli investimenti. Sono cinquemila le camere di terapia intensiva in tutta la Penisola.
Antonio Caputo
La politica ha disossato il sistema sanitario nazionale che ora viene chiamato alla guerra. E’ necessario il ripristino del servizio sanitario nazionale universale e l’immediato abbandono delle autonomie differenziate. Occorre riorganizzare su basi nazionali le autonomie unicamente gestionali di erogazione delle prestazioni con l’intero sistema delle autonomie locali. Occorre depoliticizzare la sanità.
Nella situazione che si è determinata diverse voci hanno sottolineato l’importanza di una gestione centralizzata e unitaria della crisi Alcuni hanno evidenziato i problemi creati da un sistema sanitario già ampiamente regionalizzato, frammentato e clientelare In crisi. Walter Ricciardi, membro del Comitato esecutivo dell’OMS ha sottolineato: “la mancanza di una linea di comando unica a fronte di una frammentazione regionale” aggiungendo che mentre “Francia e Gran Bretagna hanno una linea unica, condivisa su tutto il territorio, l’Italia ha invece una linea declinata dalle regioni”, ed ha affermato che sono necessarie “scelte adeguate dal punto di vista dell’evidenza scientifica, in modo tempestivo e coordinato su tutto il territorio nazionale”.
Da venti anni è venuto meno un serio lavoro di prevenzione, la Sanità pubblica nazionale è stata trascurata mentre, in particolare nelle regioni più colpite, si è favorita la Sanità privata che non dispone, perché non remunerativi, di reparti di terapia intensiva, ed è latitante in quanto rivolta a fare profitto in ambiti che il servizio pubblico ha abbandonato, con sofferenza in specie degli utenti più poveri. Nel contempo il Servizio Sanitario nazionale è stato progressivamente definanziato e destrutturato con forte depauperamento di personale e mezzi.
Scarsa resta l’ attività di educazione sanitaria e prevenzione delle regioni: i dati vaccinali degli ultimi anni per l’influenza stagionale sono di gran lunga al di sotto del minimo vaccinale (75%) necessario per ridurre complicanze e mortalità in specie nella categoria statisticamente più esposta degli ultra 65enni. Le regioni dove le vaccinazioni sono tra le più basse sono proprio la Lombardia e il Piemonte (dopo la provincia di Bolzano che ha la copertura peggiore).
Da qui l’importanza vitale di mettere in atto un sistema di interventi che coordini sanità e prevenzione animale ed umana, la interdisciplinarità delle professioni sanitarie, l’igiene e la tracciabilità degli alimenti, e tutto ciò che previene l’emergere delle patologie, anziché intervenire quando la malattia è conclamata.
La regionalizzazione della Sanità ha portato al depotenziamento degli organi centrali come Ministero della Sanità e Istituto Superiore di Sanità, che hanno mostrato lacune nella comunicazione e sono stati quasi sopravanzati dal prevalere delle dichiarazioni dei Presidenti delle regioni e del Consiglio e dall’informazione dei media. Un insieme di confusione e scarsa trasparente comunicazione divenuto stato di eccezione, con limitazione dei movimenti e sospensione del normale funzionamento della vita di relazione e lavoro in intere regioni.
Un altro passo potrebbe essere fatale alimentando ulteriormente malversazione e corruzione in ambiti di clientele locali . Una emergenza che mostra la necessità di fermare ogni processo di Autonomia differenziata per quanto riguarda la sanità, ma anche per altre materie come infrastrutture o trasporto.
Le richieste delle Regioni secessioniste, la legge quadro, le ipotesi di intese extracostituzionali vanno immediatamente ritirate! Nell’interesse anche delle popolazioni di Emilia, Lombardia,Veneto.
Antonio Caputo
presidente dei Circoli di Giustizia e Libertà