IL CONVEGNO DI ASSISI SULLA SVOLTA DI FRANCESCO
Il convegno di Assisi sulla svolta di Francesco
La Chiesa si muove: ad Assisi la Pro Civitate Christiana ha organizzato un incontro di fedeli e varie realtà ecclesiali per prendere atto della novità di questo pontificato ed entrare nel processo
Enrico Peyretti (estratti)
Dal 24 al 28 agosto ad Assisi si è svolto il il 75° corso di studi cristiani sul tema “Diamo futuro alla svolta profetica di Francesco”. Enrico Peyretti ne ha preso accurati appunti, dai quali ricaviamo il seguente resoconto
Per quattro intense giornate, nella Cittadella di Assisi, oltre 200 partecipanti (età media alta) hanno lavorato per comprendere e compiere nella Chiesa la svolta profetica proposta da papa Francesco. L’esperienza è stata impegnativa, faticosa, anche drammatica, perché sappiamo che Francesco può fallire. Sappiamo che il conflitto è tra Vangelo vissuto e autosicurezza dell’istituzione.
In apertura, Tonio Dell’Olio, presidente della Pro Civitate Christiana, ha detto che questo è un per-corso, in stile di servizio evangelico, che vuole proseguire in varie parti d’Italia. Francesco ha acceso speranza in molti, credenti e no.
La sindaca di Assisi, Stefania Proietti, ha salutato il convegno sottolineando, anche con la sua esperienza, l’importanza della cura del creato raccomandata da papa Francesco.
Il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, ricordando la spogliazione di san Francesco (cui è stato dedicato recentemente un santuario in città, e nel quale si concelebra l’eucaristia, la domenica sera, in conclusione del convegno), ha detto che la Chiesa si deve spogliare perché Dio si è spogliato. La profezia divide, crea opposizioni. Papa Francesco è profetico perché fortemente evangelico. Ogni dieci parole diciamone una su di lui e nove su Gesù.
Enzo Bianchi
Chi ha vissuto da giovane la primavera del Concilio vive ora la primavera di Francesco – dice Enzo Bianchi – , e compie con gioia il proprio cammino di vita. Francesco non fa contrapposizione, ma propone una Chiesa inclusiva. Vuole avviare processi, non imporre riforme, e soprattutto vuole che al centro della Chiesa sia Gesù, non il papa. Ha ridato slancio al cammino ecumenico, al dialogo e confronto con la modernità, ha posto la misericordia oltre la legge. Su questo punto incontra l’opposizione più dura. C’è chi delegittima Francesco in persona, con l’accusa pubblica di eresia. Così fu per Gesù, crocifisso non per volontà del Padre, né per scontare i nostri peccati, ma condannato dall’autorità religiosa per l’immagine di Dio inusuale, insopportabile per i capi religiosi del tempo. Impegnato dal nome che ha assunto, Francesco invita gli scartati, rende i poveri soggetto di magistero, cattedra da cui la Chiesa è evangelizzata.
Siamo capaci, noi Chiesa, di questa conversione? Si dice che Francesco non è amato dalle gerarchie, ma dalla gente. Però ci sono Chiese del campanile che non lo sopportano, perché non riconoscono nello straniero il sacramento di Cristo. Se Francesco percorre le vie del Vangelo ci sarà crisi nella Chiesa, perché le potenze intervengono, dicono «Così è troppo!», come dissero per Gesù.
Come dice Renzo Salvi, la teologia inclusiva di Francesco sta generando resistenze, reazioni, allontanamenti molecolari nella “gente di Chiesa”.
L’arcivescovo di Palermo
Per Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, intervistato da Marco Politi, il magistero principale di Francesco è l’omelia quotidiana a Santa Marta. Ci sono vescovi normativi e vescovi pastorali. Come li sceglie Francesco? Come fu scelto David (1 Samuele 16): «Non ce n’è un altro?” E Samuele scelse il più piccolo. Si tratta di portare Dio nella società secolarizzata? O forse di scoprire che Dio è già lì, che c’è una sete di Dio? La Parola, la relazione personale con Gesù ha il primato sulla dottrina. La storia è luogo teologico.
Sulle donne nella Chiesa: c’è una misoginia clericale; bisogna avviare processi; siamo ancora molto condizionati sul mondo femminile. Con Francesco finisce la Chiesa “europea” e comincia la Chiesa “cattolica”. Sulla “povertà culturale”: il Vangelo si incultura, ma non è esso stesso una “cultura”. Sulla “inequità”: Francesco non è il “papa sociale”, si tratta della ricaduta sociale del Vangelo, del Regno che viene.
Sulle migrazioni: Francesco ha capito che è fenomeno epocale, è catastrofe umanitaria, e in ciò egli è leader mondiale. I migranti interpellano le nostre coscienze. Le parole «Ero straniero…» e «Questo è il mio corpo…», dicono la stessa cosa, è la stessa parola.
Sulla mafia, intrinsecamente antievangelica, sempre contro la dignità umana, il problema non è solo la militanza, ma la mentalità mafiosa. Il Vangelo si oppone alle potenze di questo mondo.
Nell’ecumenismo l’umiltà è una virtù teologale, come fede, speranza, carità.
Nello Scavo, il tentativo di screditare il papa sull’Argentina
Sull’azione di Bergoglio in Argentina nei confronti della dittatura si erano diffuse voci di debolezza o peggio. Nello Scavo, giornalista, autore di due libri in argomento, racconta di essere andato in Argentina come “avvocato del diavolo” a cercare prove di quel coinvolgimento, e di aver trovato nomi di persone, minacciate per azioni e denunce coraggiose, che Bergoglio ha salvato, col nasconderle, con l’aiutarle a fuggire. Agì in silenzio, come Schindler, Perlasca, Bartali, e altri “giusti”, con lo stesso rammarico di non aver potuto salvarne di più. A Londra, persone dei servizi segreti indicano al giornalista come nemici di Francesco banche e fabbricanti di armi. Ancora oggi, ogni mattina agenti segreti chiedono una sintesi dell’omelia a Santa Marta. Nel conclave del 2005 circolava un dossier di origine USA, per screditare Bergoglio. Si tratta di tentativi di staccare il papa dal popolo. Un testimone qualificato attesta che due senatori italiani eletti nel collegio estero collaborarono con la dittatura.
Un Dio che sorprende: La Valle e Virgili
«Un Dio che sorprende», quello annunciato da papa Francesco, è il tema difficile, affrontato da Raniero La Valle, di cui pubblichiamo il testo in questo stesso sito, con l’appello finale a fare fronte contro le forze di distruzione scatenate dalla globalizzazione selvaggia.
Rosanna Virgili, teologa e biblista, parte da quel «Buona sera!» di Francesco. Lo stile non si improvvisa, è il modo di essere. La gentilezza è amore. Dio parla un linguaggio familiare: «Adamo, dove sei?». Risponde, ascolta, scende a vedere. La sua parola è cor(con)-rispondenza. Francesco pone domande e risponde a domande. Per il Sinodo sulla famiglia propone un questionario. E prima ancora aveva detto: «Chi sono io per giudicare?».
Usa il linguaggio della gioia. Ha fatto sparire il verbo dovere.
Nella Bibbia c’è la legge, la sapienza, la profezia. La tradizione cattolica ha ridotto tutto a legge. Ma la Torah significa sapienza, parla con consiglio, narrazione, imbandisce una mensa, alla pari. Francesco ha uno stile di cura, la Chiesa infermiera, non mater et magistra.
Il poliedro è sempre diverso, non è chiuso. Il linguaggio di Francesco è destrutturato, non dogmatico, ma kerigmatico. Per questo è criticato. Il cristianesimo nasce come destrutturazione: Dio vuole la distruzione del suo tempio, la sua gloria esce dal tempio. Ezechiele denuncia la corruzione nel tempio. Ci vuole coraggio a demolire. Sulla croce finisce il patriarcato religioso, Dio si destruttura come padre. C’è una Chiesa orizzontale, Francesco costringe i cattolici a pensare.
Su donne e ministeri, c’è il tabù del sangue mestruale. Ma i catechisti sono al novantacinque per cento donne. Le teologhe entrino nei documenti della Chiesa. Il potere oggi lo hanno solo i chierici-maschi. Alla domanda su Dio e il male, Francesco ha risposto: «Non lo so. Posso solo accarezzare chi soffre».
Branca e Falà, il dialogo tra le fedi
Il dialogo tra le fedi come via maestra, è stato il tema assegnato a Paolo Branca, valente studioso dell’Islam, e a Mariangela Falà, esponente del buddhismo italiano. Il moderatore Brunetto Salvarani ricorda che quel giorno, 26 agosto, è il settimo anniversario della morte di Raimon Panikkar, profondo e vivo promotore di questo dialogo.
Branca osserva che nella nostra “società liquida” per i cambiamenti rapidi e le evoluzioni tecnologiche, hanno ripreso forza le identità più radicali: non è una ripresa della fede, ma dei simboli religiosi. Si pone la questione del territorio (minareti, campanili), non quella della geografia interiore. La destra vuol diffondere la paura di essere obbligati a costumi islamici . Ma non esiste alcun pericolo di invasione islamica. Non esiste un “buonismo”, mentre le accoglienze positive non emergono mai nell’informazione. Il Medio Oriente e il Maghreb sono pieni di scuole italiane, tenute da religiosi, ma sono soltanto scuole tecniche. I missionari si preparano qui, ma qui non incontrano persone dei popoli e delle religioni dei Paesi dove andranno.
Dopo il controverso discorso di Ratzinger a Regensburg, il 12 settembre 2006, un importante documento islamico ribadiva: l’Islam è amore di Dio e amore del prossimo. Qui da noi non si sa che il re del Marocco è contro la pena di morte per apostasia. Il terrorismo jihadista ha a che fare con certe tradizioni nell’Islam: la parola di Dio può pervertirsi, perché parla nello spazio e nel tempo, cresce insieme alla zizzania. Ma se sei tanto arrabbiato da uccidere bambini, sei malato, non sei religioso.
La misoginia c’è anche nel Nuovo Testamento, dove le donne sono identificate solo in riferimento alla loro relazione con l’uomo. Un antico viaggiatore marocchino, detto il Marco Polo arabo, incontrò in oriente una popolazione musulmana in cui le donne stavano abitualmente in topless. In Italia oggi i musulmani non possono aprire moschee, ma solo iniziative sociali: vietato pregare! Ci sono matrimoni misti, luogo privilegiato del dialogo interreligioso, e non sempre le figlie sono per questo ammazzate dai genitori…. Francesco non fa proselitismo, ma attrazione: il bello è l’estetica del bene.
L’Islam è in pericolo, rischia di implodere per le divisioni interne. Dobbiamo aiutare l’Islam ad essere se stesso. Ma ho visto rivolte identitarie italiane contro il cibo halal (lecito per l’Islam) al posto della carbonara con la pancetta! Ci sono persone che mi dicono: «Tu sei l’amico dei nostri nemici».
Mariangela Falà dice che è difficile interessare i giovani al dialogo interreligioso, ma va fatto. Il vero dialogo è sulla propria ricerca spirituale, nel dialogo metto in gioco la mia identità. C’è amicizia, mangiare insieme, ma poco dialogo teologico. Manca uno che attiri, uno come Panikkar. Dal fascino dell’Oriente siamo passati all’attuale stabilizzazione, cioè una accettazione acritica, isole religiose separate dal contesto sociale. Bisogna distinguere quegli orientali che trasmettono cultura, che conoscono la cultura occidentale e i suoi problemi, da quelli che stanno isolati. Vanno educati al dialogo anche loro. Bisogna sfatare il mito dei buddhisti pacifici: dipende dalle situazioni. La cultura occidentale è più aperta, in Oriente solo i “saggi”. Ci sono più buddhismi, come più cristianesimi. In oriente non c’è “il” buddhismo: questo è linguaggio coloniale occidentale. Solo 300 anni fa si scopre che lo stesso Buddha è ricordato in diversi Orienti. Il dialogo tra buddhismi è portato dall’Occidente. In Italia diverse forme di buddhismo dialogano, ed è una novità. Sta crescendo il dialogo tra monaci cristiani e monaci buddhisti. Per i luoghi di culto sarebbe bella una ospitalità reciproca. La CEI ha ripreso il dialogo tra cristiani, buddhisti, induisti, ma tra coscienze, non tra religioni. C’è una spinta dal basso. Fare audience delle esperienze positive. C’è una unità di fondo delle differenze. Io prego per tutti.
Con l’intesa tra buddhismo e Stato (secondo l’art. 8 Cost.) compare il problema dell’8 per mille, una bella sfida per una piccola comunità, saper vincere gli appetiti. Le tradizioni sono messe alla prova.
Antonietta Potente e la replica di Grillo
“Una Chiesa povera incontra la storia” è il tema dibattuto tra Antonietta Potente e Andrea Grillo, teologa e teologo, moderati da Raffaele Luise, giornalista. Il quale dice che la Chiesa povera ha preparato la sorpresa di Francesco: una Chiesa che si disarma, che esce dall’alleanza con i potenti, dall’idolo giuridico dottrinale. Diceva Arturo Paoli: «Il Regno di Dio è l’amicizia».
Per Antonietta Potente non basta la riforma solo ecclesiale cattolica. Questa Chiesa ha bisogno dell’aiuto degli altri. Non ce la fa da sola, ma è normale così. È normale l’insufficienza. Siamo una piccolissima parte. Non basta l’insieme cattolico, né solo cristiano. Tutti i luoghi di Chiesa siano l’incontro di tutti gli uomini e donne che vogliono il cambiamento. Non si tratta solo di aiutare Francesco. Personalmente non posso più fare teologia solo con i cristiani.
Andrea Grillo: certo, non basta, ma se non comincia il papa non lo fa nessuno. Francesco ha in sé una storia più grande della Chiesa europea. Nella curia c’è chi non può capire. Francesco per qualcuno è eresia perché viene da un’altra storia. Il vangelo della libertà scandalizza la curia e il cristiano europeo, che pensa solo una Chiesa di autorità. Si sciolgono oggi nodi dottrinali. Fa scandalo riprendere al cento per cento il Concilio. La povertà è accettare di non poter fare da soli, è la Chiesa sinodale. Francesco ha avviato questo percorso. Nella società aperta non c’è una struttura fissa. Ci sono ancora tante fisime antimoderniste, anche nei laici, non solo nel clero, c’è difficoltà ad accettare la libertà della coscienza.
Antonietta Potente: Francesco testimonia onestà. È successo a lui come a Romero: messo per conservare, si è convertito quando è arrivato a Roma. È stato eletto per ridare credibilità alla Chiesa. Ma il problema siamo noi: ci occorre una immaginazione sulla Chiesa, che non deve somigliare ad uno Stato. Mi aspetto un gesto politico: che Francesco esca da questa struttura. La Chiesa non salva la storia, ma si salva con la storia del mondo. Siamo noi che dobbiamo trasformare Francesco papa: non profezia dall’alto, ma dalla Chiesa di base. Il papa scenda a criticare la sua posizione di capo di Stato. Quello che dice di giusto lo dica insieme a noi. Continuiamo a parlare di riforma di Francesco, ma tocca a noi. Non attendere che lui chiami noi, ma noi chiamiamo lui, e vediamo se viene.
Raffaele Luise: c’è tensione tra carisma (tutto si muove) e potere (impossibile cancellarlo). La profezia dall’alto muove davvero le cose. Francesco è misericordia non in quanto capo di Stato. Le religioni non rinuncino alla loro verità, ma alla presunzione.
Andrea Grillo: lasciarsi colpire dalla realtà, che è più importante dell’idea, come dice la Evangeli Gaudium (231-233). Non partire da fatti acquisiti. La società chiusa si difende per la sua fragilità; la società aperta tende a rimuovere le chiusure. Ci sono fatti nuovi da onorare, prenderne atto. Fino al 1563 il matrimonio era senza forma canonica. I canonisti controllano la realtà con il codice. I percorsi sono più della fissità delle regole.
Raffaele Luise: la Laudato si’ è geniale, è inizio di una nuova civiltà, è critica del potere tecnocratico, mette in discussione il capitalismo finanziario.
Antonietta Potente: parlavamo noi da anni di ecoteologia, di dialogo tra culture. L’onestà di Francesco ha raccolto. La storia non è solo di disastri, ma di alternative. Francesco chiede a noi della base di leggere meglio la realtà, in modo amico. Amare le vie sapienziali di tutti. La creazione non è oggetto, ma progetto.
Le donne nella Chiesa: ci sono sempre state, ma non ufficialmente. Il problema è tra l’ufficiale e il non ufficiale. La Chiesa farà le quote rosa?
Accogliere i migranti è il minimo. Il resto è imparare dalle sapienze. Ci interessino solo le cose essenziali, per vivere.
Andrea Grillo: agli scrittori della Civiltà Cattolica il 9 febbraio, Francesco ha dato tre consegne: inquietudine, incompletezza, immaginazione. Egli non utilizza più il termine “natura” in modo statico ma dinamico. Quale Chiesa ha futuro?
Intervento di Raniero La Valle: abbiamo detto che questo è un cantiere. Il progetto che stiamo discutendo parte dall’ipotesi che c’è una svolta, operata da Francesco, che vogliamo abbia un futuro. Antonietta ha un’altra idea, come architetta nel cantiere ha portato un altro progetto.
Raffaele Luise conclude con queste parole: il papa è solo, da molti non è recepito. È prezioso, va aiutato. Chiede a noi tutti di farci soggetti.
Luigi Ciotti, Trump, l’ecologia
Luigi Ciotti ha parlato sul tema “Ecologia integrale”.
Riace, luogo di accoglienza, oggi è un’esperienza cresciuta, che altri cercano di imitare. È a rischio, perché non è sostenuta. Il problema sociale, più che di diseguaglianza (quantità) è di ingiustizia (sopruso del forte sul debole).
L’enciclica Laudato si’, di grande ispirazione evangelica, offre molti linguaggi e contributi alla cura della casa comune. La biodiversità è minacciata. Il cibo è in mano a cinque multinazionali. Entro 20 anni, 2,5 miliardi di persone saranno senza accesso all’acqua. Il grido della terra fa eco al grido dei poveri.
Vediamo l’Italia denunciare i migranti, criminalizzare le ONG, vediamo lo sgombero violento di un palazzo occupato a Roma. I migranti sono “merce politica”. Vediamo squadristi di Forza Nuova contro la chiesa di don Massimo Biancalani a Pistoia (accusato di avere accompagnato in piscina dei migranti). Vediamo il sindaco di Licata sfiduciato per aver fatto abbattere case abusive, secondo la legge.
La Terra “casa comune”, è una esperienza spirituale. Il sistema tecnocratico è insostenibile, è una sfida anche per la riflessione morale. L’orizzonte è la sostenibilità. Passare dalla modernità soggettivistica alla relazione costitutiva dell’essere umano. Nel mondo interconnesso è essenziale l’educazione ambientale. La natura e la società umana sono due facce della stessa medaglia.
C’è un debito ecologico. Oggi l’ecologia è assorbita dall’economia, la logica delle quantità ha assorbito l’ecologia, cioè le relazioni e le qualità. Ci occorre una ecologia culturale.
Trump e il rilancio degli armamenti. L’Italia in due anni ha venduto l’85% in più di armi, secondo modelli imposti da fuori e dall’alto. Ci occorre che il sapere scientifico sia unito al sapere umanistico.
La povertà materiale, la povertà relazionale, la solitudine, portano alla paura, alla tristezza. I giovani si sentono giudicati prima che capiti. Per i nativi digitali bisogna ripensare la didattica, perché il web ristruttura le relazioni. Ci sarà il Sinodo dei giovani, che è una grande intuizione, con il loro contributo.
Le spese per l’infanzia sono il 9% in Europa, e in Italia il 4,50%.
Occorre impegnarsi sulla pre-adolescenza, o adultescenza: è l’età in cui si determina il malessere o benessere successivo. Se non sei seducente o prestante, in linea con le mode del momento, sei scartato dalla società dei pari, e allora cadi nell’ansia e nell’angoscia, nel senso di sconfitta, che non si confessa in famiglia, ti ritiri nella solitudine, cadi nella dipendenza dalla rete.
Si trovano ragazzini nei gruppi di fuoco delle mafie. Educare alla legalità è un mezzo, importante, ma l’obiettivo è la giustizia. La scuola sia la casa comune, aperta dalle 8 alle 18 di ogni giorno. Ho detto ai circoli milanesi del Partito democratico che mi avevano invitato: pensate alle persone, non agli elettori da cui prendere consenso. La politica è etica.
Il vescovo Galantino
Durante il corso si sono svolti dei gruppi di lavoro su: 1) Quale immagine di Dio; 2) Chiesa povera per i poveri; 3) Dialogo ecumenico e interreligioso; 4) Nuove schiavitù e migrazioni; 5) Ecologia integrale.
Sui diversi temi l’organizzazione del corso aveva fornito contributi inviati in precedenza da gruppi di base e da alcuni partecipanti.
Nel quarto ed ultimo giorno, un intervento dall’aula (annotato nei miei appunti) interpreta e sintetizza le richieste a papa Francesco emerse dal convegno:
– spalancare le porte del dialogo intra e inter-religioso; – legittimare le voci critiche; – guardare ogni orizzonte ecclesiale; – dialogare sulla struttura-Chiesa; – promuovere il confronto, il dibattito, l’ascolto sulle forme del potere, sui doni e i ministeri, sul ruolo delle donne, superando i tabù; – insistere sulle grandi questioni mondiali, sulla cittadinanza, sui giovani.
Il vescovo Nunzio Galantino, segretario della CEI, ha svolto una relazione dal titolo “Nella Chiesa che è in Italia”. Anzitutto, egli porta il saluto del presidente della CEI card. Bassetti. Esorta a portare avanti l’impegno senza aspettare che gli altri facciano prima di noi. Prendendo spunto dalla storia di Giacobbe e dall’incontro col fratello Esaù (Genesi 32), dice che quel dramma avviene oggi nella Chiesa, ci sono anche reazioni scomposte. La vittoria di Giacobbe sull’angelo comporta una ferita, lo rende più fragile, ma così ritrova il fratello, il rapporto umano. Soffre la sindrome da accerchiamento, ma poi sa aprirsi all’imprevisto. Il faccia a faccia con Dio ci insegna il faccia a faccia col fratello.
Rinnoviamo la fiducia nella comunione. Siamo presuntuosi se crediamo che gli altri non abbiano il Vangelo. Oggi bisogna decentrarsi per capire se stessi. Diciamo no ai profeti che si autonominano tali. Andiamo oltre la dicotomia tra ministero e profezia.
Facciamo una Chiesa “in uscita” dalla retorica, dai luoghi comuni, dal politicamente corretto. Viviamo la mistica del vivere insieme. La Chiesa è umanità aggiunta all’umanità di Gesù. Riduciamo le distanze tra amore di Dio e amore del prossimo. Dove c’è conflitto (evidentemente pacifico) e differenza, è bene.
La Chiesa italiana sta facendo molto per l’accoglienza degli immigrati e il dialogo. Non mancano attacchi alla Chiesa istituzionale. Ma intanto trentamila immigrati sono accolti nelle parrocchie.
La prova che attende la Chiesa
Sono seguiti alcuni interventi, su cui Peyretti offre qualche spunto:
– Ringraziamo il vescovo Galantino che ci vuole tranquillizzare sulla condivisione nella Chiesa della linea di papa Francesco, ma c’è il pericolo che il consenso a papa Francesco non vada oltre quello suscitato dalla sua simpatia umana. È applaudito perché papa-capo, o perché papa evangelico? Certo, c’è una continuità di fondo, ma, per esempio, con Pio XII il papa era un idolo, una potenza, era visto come un superuomo da una Chiesa passiva. Più delle contrapposizioni intra-curiali, sembra da temere una sordità diffusa alla profezia di Francesco.
– Davanti ai muri che si stanno alzando contro i migranti, si resta perplessi su una Chiesa italiana che tace il giudizio sulla nuova crudele politica dura di Minniti. Ne hanno approfittato per sostenere un divario su questo tema tra il cardinale Bassetti ed il papa.
– Non dobbiamo cercare chi risponda al posto nostro all’ondata di razzismo. Non lasciamo solo papa Francesco!
– Secondo l’immagine di Dio portata da Francesco, il Vangelo è più del papa. Portiamo questa discussione vescovo-popolo in ogni Chiesa.
– Paolo VI gridò all’Onu: «Mai più la guerra!». Finora la Chiesa è stata fedele a quel grido. Ma ora la pace sta o cade sull’accoglienza dello straniero. La Chiesa denuncerà muri e barriere? In Italia si sta preparando a questa prova? Mons. Romero ha pagato con la vita la difesa dei contadini salvadoregni. Il popolo dei migranti e dei profughi è più che il dramma salvadoregno.
Tonio Dell’Olio, presidente della Pro Civitate Christiana, che ha organizzato con passione questo convegno, ha concluso: ci va bene cavalcare la profezia, più difficile e costoso è incarnarla. Diceva Ernesto Balducci che troppi ragionieri mangiano il pane intriso del sudore dei profeti.
Edizione redazionale dagli appunti di Enrico Peyretti