IL “CRITERIO MISERICORDIA” PER UNA VERA VITA CRISTIANA
Un libro di Giovanni Ferretti
Il “criterio misericordia” per una vera vita cristiana
La misericordia è lo strumento per il discernimento di tre “segni dei tempi” di oggi: il fenomeno della secolarizzazione, quello della post-modernità e quello della povertà nel mondo globalizzato. Occorre liberare la rivelazione da ogni residuo di fondamentalismo
Andrea Lebra
Un nuovo saggio di Giovanni Ferretti, professore emerito di filosofia teoretica dell’Università di Macerata e di teologia nella Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale , presbitero della Chiesa torinese: Il criterio misericordia – Sfide per la teologia e la prassi della Chiesa, Editrice Queriniana, Brescia 2017. Un libro che, in stretta e coerente continuazione con i precedenti risponde all’ esigenza di tradurre il messaggio evangelico nel linguaggio e nella sensibilità di persone che vivono nella cultura secolarizzata contemporanea e che non si accontentano di una semplice riproposizione di formule stereotipe incapaci di nutrire la mente e far ardere il cuore.
Obiettivo dichiarato dall’autore è, infatti, dare un contributo a quel “grande compito” di nuova interpretazione del messaggio evangelico, presentandolo come comprensibile, desiderabile e amabile alle donne e agli uomini di oggi, cioè come effettivo lieto annuncio nel contesto attuale della storia umana. Intento perseguito riportando, come sollecita a fare il magistero di papa Francesco, al centro dell’annuncio cristiano l’amore misericordioso del Dio rivelatoci da Gesù di Nazaret, che è il “cuore del Vangelo” (Evangelii Gaudium n° 36) e “la più grande di tutte le virtù” (Evangelii Gaudium n° 37), elevandolo a criterio ermeneutico non solo della Parola di Dio presente nelle Scritture ma anche del senso di tutte le verità e norme di vita cristiane.
Un’operazione teologico-pastorale, questa, che, alla luce del principio della gerarchia delle verità della fede, implica il confronto serrato con tutta una serie di sfide che la cultura moderna e postmoderna pone alla fede cristiana.
Tra le sfide prese in esame da Ferretti, quella di liberare la concezione della rivelazione e della Bibbia da ogni residuo di fondamentalismo.“Non la lettera fisica della Bibbia è quindi propriamente parola di Dio, ma è parola di Dio quella che, mediata o echeggiata simbolicamente dal testo biblico, risuona nell’accoglienza di fede che l’uomo vi presta, interpretandola o traducendola in linguaggio umano a lui rivolto, secondo le categorie culturali e la coscienza etico-critica che storicamente gli sono proprie” (p. 32). Occorre inoltre superare la concezione arcaico-sacrale di Dio potenzialmente violento ben presente non solo nell’Antico Testamento e di cui non poche tracce si trovano nello stesso Nuovo Testamento e ancor più nella storia del cristianesimo nonchè nella sua teologia e nella sua prassi. “Gesù ha inteso disambiguare la figura arcaico-sacrale di Dio, eliminandone la faccia numinosa tremenda e violenta e mettendone in piena luce l’esclusiva faccia di amore, di benevolenza e di misericordia” (p. 36). Nella consapevolezza, come scrive Francesco nella Evangelii Gaudium n° 41, che una formulazione perfettamente ortodossa della fede cristiana può, a motivo dei cambiamenti culturali attuali, trasmettere una falsa idea di Dio e un ideale umano che non è veramente cristiano. Con questa affermazione, che Ferretti ritiene inedita a livello di magistero ecclesiastico, Francesco dimostra di avere piena coscienza che “la verità di Dio con cui il cristiano è in rapporto non può essere fissata una volta per tutte in una formula oggettiva universalmente valida, dovendo tener conto, per la sua effettiva comunicabilità, della recettività storicamente ed esistenzialmente condizionata e variabile delle persone” (p. 63).
Il criterio della misericordia è in grado di aiutarci “a leggere più a fondo e con maggiore verità il mondo contemporaneo, non limitandoci a rilevare e condannare gli aspetti negativi in esso presenti, ma anche e soprattutto a scorgere e ad apprezzare gli aspetti o germi positivi, di maturazione e promozione umana, che lo fermentano” (p.96). Esso è lo strumento per il discernimento di tre “segni dei tempi” rilevabili nel mondo d’oggi: il fenomeno della secolarizzazione; il fenomeno della post-modernità; il fenomeno della povertà nel mondo globalizzato.
In particolare la post-modernità sfida a confrontarsi con l’inesauribilità dell’amore di Dio, amante della vita (Sap 11,26), capace di inventare sempre nuove forme per comunicarsi a tutti. “Una vita che Dio vuole anzitutto che si viva, non che si sacrifichi, come purtroppo predicato a lungo nella storia cristiana sulla base di una mentalità sacrificale di tipo più gnostico o platonico che non autenticamente cristiano” (p.132). “La molteplicità delle culture e anche le diverse interpretazioni del divino che offrono le varie religioni, non dovrebbero, di conseguenza, essere viste soltanto come qualcosa di negativo, ma come espressione dell’amore universale di Dio in Cristo, che a tutti parla in vari modi, secondo le loro capacità di comprensione, e che ama tutte le creature umane, comprese le loro espressioni religiose” (pp. 128-129).
La presa di coscienza del fenomeno della povertà nel mondo globalizzato dell’economia finanziaria costituisce forse la sfida più importante e decisiva con la quale chi annuncia il Vangelo deve confrontarsi. Questa sfida ci chiede di “riflettere in forma nuova sulla natura dell’apporto del Vangelo alla salvezza integrale dell’uomo – di tutto l’uomo e di tutti gli uomini – fin da questa vita terrena e ad operare di conseguenza” (p.143). Al riguardo, Ferretti invita a prendere atto che il magistero di papa Francesco “sta operando un importante spostamento nella considerazione delle sfide del mondo moderno contemporaneo: dal primato della sfida della ragione illuministica moderna e post-moderna, che ha impegnato la Chiesa per più di due secoli, al primato della sfida della povertà e della disumanità dilagante nel mondo” (.p. 142).
Provocati dallo spirito critico moderno, oggi i cristiani devono cercare di svincolare la fede da almeno tre equivoci: dall’idea che essa sia autoritaria e dogmatica per natura; dalla convinzione che essa possa riguardare solo chi l’ha ricevuta per grazia o per destino ovvero per tradizione; dall’opinione secondo cui la fede sarebbe una questione di “gusto” non argomentabile con ragioni oggettivamente convincenti o non accessibile a tutti. La fede cristiana, se ben intesa secondo lo spirito del Vangelo, è in realtà una libera e amorosa accoglienza della verità salvifico-messianica di Gesù Cristo che l’intelligenza spirituale del credente vede trasparire nella sua persona e nella sua vita, sullo sfondo delle Scritture e in intima consonanza con quei desideri profondi dell’essere umano che l’accoglienza dell’annuncio evangelico può suscitare e risvegliare. Messa sotto il segno della misericordia quale attributo fondamentale del Dio di Gesù Cristo, essa si traduce in un’esperienza di vita – che ha un indubbio primato rispetto ai dogmi e alle appartenenze religiose – offerta alla libertà di tutti e pienamente rispettosa della dignità di ogni persona.
Al termine di una riuscita educazione alla fede – il cui obiettivo è quello di affascinare piuttosto che di indottrinare – ogni cristiano dovrebbe poter dire: io credo non perché me lo hai detto tu o perché me l’ha detto l’autorità della Chiesa, ma perché sono in grado di vedere con i miei stessi occhi – gli occhi del cuore e dell’esperienza personale – la verità di Dio che si riflette nel volto di Cristo, illuminando e dando senso alla mia stessa esperienza di vita (p. 160).
Andrea Lebra