IL DEMONE DEL SUPREMATISMO
Dopo la strage
IL DEMONE DEL SUPREMATISMO
Ogni gerarchia di essenziale diversità di valore, è potenzialmente omicida. Il rimedio è l’impresa umana di sempre: unire le differenze nella pari dignità. Per questo pregavano i musulmani uccisi
Enrico Peyretti
Chi è il mandante criminale di questa strage di musulmani in preghiera, il 15 marzo, nella cittadina di Christchurch, in Nuova Zelanda? E’ un mandante interiore, mentale, è il demone del suprematismo bianco, dichiarato dal terrorista. Ogni idea di supremazia è un fantasma o demonio che si serve del posseduto per colpire altri. Ogni gerarchia di essenziale diversità di valore, è potenzialmente omicida. Se dici stupido al tuo fratello è come se lo uccidessi (vangelo di Matteo 5,21 ss). Se una differenza nell’umanità diventa un grado di valore essenziale, se qualcuno è disumanizzato, l’umanità si autodistrugge.
Nell’attuale vento gelido dei nazional-fascismi-razzismi, di “noi” sopra, senza e contro “gli altri”, il nostro stesso essere è demolito. Ci stiamo già uccidendo. Il rimedio è l’impresa umana di sempre: unire le differenze nella pari dignità. Anche il colpevole ha dignità. Anche questo pluriassassino ha una dignità contraddetta, negata, ma innegabile. Non dovrà essere trattato come lui ha trattato le sue vittime, per non confermare la sua logica. Né vendetta, né pena di morte, né giustizia esclusivamente punitiva – che infligge sofferenza a chi ha inflitto sofferenza, quindi accresce il dolore e il male nel mondo – ma una giustizia anzitutto impeditiva, quindi correttiva, fino a diventare riparativa (come fu il magistrale processo di “Verità e riconciliazione” in Sudafrica, anni ’90, dopo il regime di discriminazione razziale). In simili casi lo scopo pieno è ricostruire un rapporto di pari dignità e valore tra l’offensore e l’offeso, che arrivino a riconoscersi reciprocamente, superando il disconoscimento offensivo (anche se non è eliminabile il dolore). L’ideologia per cui esiste una supremazia che può esercitarsi col dominio, l’esclusione, l’emarginazione, la violenza, può essere superata solo con la pratica cosciente della parità di valore riconosciuta da volto a volto, da mano a mano, nel quotidiano.
La civiltà umana, ancor più che nella dura necessità di controllare la violenza e punirla, consiste nel tagliarne le radici con la consapevolezza diffusa e condivisa della parità di valore nelle differenze umane. Ogni minimo gesto di convivenza, di cortesia, di aiuto reciproco tra persone e gruppi visti come estranei o stranieri, è costruzione di umanità, quindi di pace, e di possibile felicità. Il tetro segnale di quest’ultima strage ci fa paura, certamente, ma di più deve nuovamente orientarci alla pratica quotidiana spicciola, insistente, di urbanità (essere co-abitanti della stessa città) tra persone differenti di tutte le possibili differenze. Il vangelo è l’orizzonte massimo, che può orientare i nostri passi parziali: il vangelo annuncia non un dio discriminatore tra buoni e cattivi, tra giusti e ingiusti, tra eletti e scartati, ma un dio materno-paterno-fraterno, che ama ugualmente i cattivi come i buoni (Matteo 5,45, contro le attese e pretese religioso-giustizialiste), perché diffonde uno spirito santo che toglie dai nostri cuori i sentimenti cattivi, il cuore di pietra, e nutre i sentimenti buoni, il cuore di carne. Se questo è l’orizzonte evangelico, è anche una pace intuita in tutte le altre profonde spiritualità, è ciò in cui credevano e per cui stavano pregando le vittime musulmane uccise in moschea a Christchurch. E’ in questa direzione che la storia quotidiana si umanizza passo passo, e le malvagità umane la turbano, l’addolorano, ma non l’arrestano. Il rischio della distruzione totale rimane, incombe, ma la promessa e la speranza pure.
Enrico Peyretti