IL NOSTRO GENOCIDIO QUOTIDIANO
IL NOSTRO GENOCIDIO QUOTIDIANO
Un discorso di Peppe Sini sotto lo choc delle ultime 170 vittime nel Mediterraneo, contro l’orrore dei lager libici, l’orrore delle morti in mare, la responsabilità dei governi europei e del governo italiano per la barbarie che ritorna e che cresce. L’opposta testimonianza di Melissa
Dal discorso tenuto il 20 gennaio 2019 da Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo nel corso di una manifestazione indetta presso il cimitero di Viterbo per commemorare Abdul Ghaffar Khan, il pakistano maestro musulmano della non violenza, e Amilcar Cabral, il martire dell’indipendenza della Guinea-Bissau e di Capo Verde
Presso il cimitero di Viterbo questa mattina del 20 gennaio 2019 volevamo ricordare Abdul Ghaffar Khan l’eroe della nonviolenza morto quasi centenario il 20 gennaio del 1988 e il martire della lotta contro il razzismo e il colonialismo Amilcar Cabral, che fu assassinato il 20 gennaio del ’73 neppure cinquantenne.
Ma ieri ci è giunta la notizia che nelle scorse ore nel Mediterraneo altre 170 persone sono morte come già decine di migliaia prima di loro uccise dai governi europei uccise dal governo italiano che traditori del diritto e dell’umanità patroni e complici delle mafie schiaviste dei trafficanti impongono a chi fugge da fame e guerre da dittature e da devastazioni l’orrore dei lager libici l’orrore della morte in mare negando loro il diritto d’asilo negando loro il diritto di giungere in luogo sicuro in modo legale e sicuro negando loro il diritto alla vita.
Così oggi noi qui non ricordiamo soltanto Abdul Ghaffar Khan, il Gandhi musulmano, per trent’anni imprigionato da vecchi e nuovi oppressori e che centomila uomini seppe unire nella lotta nonviolenta contro l’imperialismo, il colonialismo, il razzismo, per la liberazione dell’umanità; e il nostro maestro e compagno Amilcar Cabral, che per tutta la vita lottò contro l’imperialismo, il colonialismo, il razzismo, per l’indipendenza del’Africa e la libertà dell’umanità intera.
Noi oggi qui vogliamo ricordare anche tutte le vittime dei naufragi nel Mediterraneo tutte le vittime dei lager libici tutte le vittime della violenza razzista dei governi europei e tra essi del governo italiano.
Fra sette giorni poi ricorderemo nel Giorno della Memoria le vittime tutte dei campi di sterminio le vittime tutte della furia nazista e ricordando tutte le vittime sentiremo ancora e ancora la loro voce che ci chiede aiuto, che ci chiede di insorgere affinché’ cessi questo orrore.
Un lungo discorso avevo pensato di fare qui oggi, un lungo discorso con dentro le parole luce e pianto e pietra e sorgente e cenere e cuore e chicchi di grano e stridore di denti e vento e pane e occhi che si schiudono.
Invece dirò soltanto questo: che occorre insorgere per far cessare la strage nazista nel Mediterraneo che occorre insorgere per far cessare l’orrore del ritorno del nazismo in Libia che occorre insorgere per far cessare la violenza razzista dei governi europei.
Non narrerò la vita, il pensiero e l’azione di Badshah Khan e di Amilcar Cabral, basterà dire che ricordarne il nome già basta a chiamare alla lotta nonviolenta le oppresse e gli oppressi del mondo intero per il bene comune dell’umanità.
Dirò soltanto quello che ogni giorno da mesi e mesi vado ripetendo:che il governo italiano da mesi e mesi commette il delitto di omissione di soccorso nei confronti dei naufraghi in pericolo di morte nel Mediterraneo. Che il governo italiano da mesi e mesi agisce per impedire che le persone in Libia schiavizzate e torturate possano trovare salvezza giungendo in Europa. Che il governo italiano da mesi e mesi aggredisce e sabota i soccorritori volontari che nel Mediterraneo vite umane salvano. Che il governo italiano da mesi e mesi conduce una campagna di istigazione all’odio razzista. Che il governo italiano con il cosiddetto “decreto sicurezza” impone in Italia un regime di apartheid impone mostruose violazioni dei diritti umani viola la Costituzione della Repubblica.
Che il governo italiano abolendo la protezione umanitaria priva di ogni sostegno migliaia e migliaia di persone gettandole nella miseria, nella disperazione, nelle fauci dell’economia schiavista e della criminalità organizzata. Che il governo italiano fa proseguire il crimine e l’infamia dei campi di concentramento in Italia addirittura aumentandoli e prolungando i tempi di arbitraria detenzione.
Che il governo italiano intende effettuare massicce deportazioni esponendo le vittime al pericolo di tremendi soprusi e finanche di morte. Che il governo italiano sta cercando di demolire di fatto il diritto d’asilo sancito dalla Costituzione. Che il governo italiano da mesi e mesi si sta adoperando per annientare efficaci ed ammirevoli esperienze di solidarietà, di soccorso, di accoglienza, di assistenza. Che il governo italiano da mesi e mesi invece di contrastare gli schiavisti opprime ancor più le loro vittime innocenti. Che il governo italiano continua a negare il diritto di voto a milioni di persone che in Italia vivono, lavorano, pagano le tasse e sono esempio di rettitudine, di generosità, di virtù civiche. Che il governo italiano continuando a negare l’ingresso nel nostro Paese a chi è in fuga da guerre e fame, da schiavitù e disastri, impedisce a chi ne ha assoluto bisogno e assoluto diritto di giungere nel nostro Paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro e così favoreggia di fatto le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani.
Questo anche oggi occorre che sia detto. E anche questo dirò quest’oggi ancora, anche questo da mesi e mesi ripetendo: che contrastare il razzismo è assolutamente decisivo per difendere la democrazia, lo Stato di diritto, la civiltà, la dignità umana, la sopravvivenza stessa dell’umanità.
Che occorre promuovere una campagna nonviolenta di resistenza civile al razzismo per difendere la vita, la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani.
Che occorre insorgere affinché siano revocate tutte le scellerate misure razziste imposte dall’attuale e dai precedenti governi. (…)
Facciamo cessare la strage nel Mediterraneo liberiamo tutti i prigionieri dei lager libici annientiamo le mafie schiaviste dei trafficanti: è possibile, è facile, è semplice farlo riconoscendo finalmente a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in salvo in Italia e in Europa in modo legale e sicuro.
Dirò soltanto infine di ricordarci tutti che siamo tutti esseri umani. Che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignità, alla solidarietà. Che vi è una sola umanità in un unico mondo vivente casa comune dell’umanità intera. Che salvare le vite è il primo dovere. Questo appresi alla scuola di Abdul Ghaffar Khan questo appresi alla scuola di Amilcar Cabral: che salvare le vite è il primo dovere.
Questo ci dicono i volti sommersi dalle acque degli esseri umani innocenti che non potremo più salvare: che salvare le vite è il primo dovere.
Il razzismo è un crimine contro l’umanità. Salvare le vite è il primo dovere.
Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 20 gennaio 2019
L’opposta testimonianza di Melissa
Il paese mobilitato per la salvezza dei curdi
La vicenda di Melissa, in provincia di Crotone, è all’insegna della rivoluzione. Che è la rivoluzione dell’umanità, della fraternità, della solidarietà; in una parola “della tenerezza”, come direbbe Papa Francesco. Nelle settimane scorse, all’alba del 10 gennaio per l’esattezza, un’imbarcazione a vela, con a bordo 51 persone di etnia curda, si è incagliata a pochi metri dalla spiaggia, nella frazione Torre del comune di Melissa. Gli abitanti non ci hanno pensato su due volte e, svegliati dalle urla di chi era sull’imbarcazione, sono scesi sulla battigia per prestare il primo soccorso. C’è chi si è buttato in acqua, e chi ha offerto loro coperte, giubbini e bevande calde. Alcuni, poi, con una zattera di salvataggio, in dotazione a un hotel vicino, hanno portato al sicuro sei donne e quattro bambini, tra cui un neonato. Insomma: un intero paese, verso le quattro del mattino, si è “auto-mobilitato” per accogliere questo gruppo di profughi. Purtroppo non è una storia tutta a lieto fine, perché il corpo dell’unico disperso è stato restituito dal mare, ormai cadavere, una decina di giorni dopo. Ma certamente è una vicenda di speranza, in un periodo storico caratterizzato, nel nostro Paese, da forme di razzismo e xenofobia, da promulgazioni di leggi che smantellano i sistemi istituzionali di accoglienza, da scelte politiche che impongo alle navi che hanno soccorso migranti di vagare nel mare, quasi in ostaggio, per settimane e settimane, senza avere un porto cui approdare.
Da Torre Melissa arriva una storia “altra”, di resistenza, all’insegna dell’accoglienza e della solidarietà. In un’intervista a Radio Capital il sindaco Gino Murgi, profondamente commosso, ha sottolineato che si è trattato di “far emergere l’umanità che ognuno di noi ha dentro”. E in tutto questo, per l’appunto, non ci può essere colore politico. “Come si può essere indifferenti rispetto ad una mamma con un bambino di tre mesi in braccio? Come si fa ad essere indifferenti dinnanzi a chi ti implora aiuto e ha il bimbo in barca?”, ha continuato il primo cittadino. Per l’arcivescovo Vincenzo Bertolone, presidente della Conferenza Episcopale Calabra, “nella storia scritta dai cittadini di Torre Melissa, c’è il seme di una speranza che, da tenue fiammella qual è, resiste senza spegnersi”. “È il segno – ha detto ancora – di un’umanità che non muore, che riarde quando sembra sul punto di estinguersi. È un principio da tenere vivo, se si vuol continuare ad avere il privilegio di essere chiamati uomini”. Ed un “grazie” ai cittadini di Torre Melissa è stato rivolto anche dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, perché “a fronte di quella cinquantina di profughi abbandonati in balìa delle onde, sindaco, forze dell’ordine, volontari e semplici cittadini hanno saputo esprimere una solidarietà corale”, scrivendo, quindi, “una pagina di segno contrario”.
In realtà Melissa non è nuova a storie di resistenza di questo tipo. Questa cittadina è infatti il “simbolo drammatico delle lotte contadine calabresi”, come ricorda lo storico Mario Casaburi nel suo volume “Per una storia della Calabria contemporanea. Da Melissa a Locri” (Cittàcalabria, 2006). E’ il teatro dell’epilogo finale di una lotta durissima tra agrari e braccianti che, iniziata nel 1946, nella zona orientale della Calabria, vede migliaia e migliaia di contadini invadere vasti ettari di terreno per protestare contro l’iniquo sistema latifondiario. Il 29 ottobre 1949 i poliziotti delle Celere, inviati da Roma, aprono il fuoco contro i contadini che avevano occupato il Fondo Fragalà, a Melissa. Moriranno Francesco Nigro, Giovanni Zito e Angelina Mauro. Ma l’opinione pubblica è ormai profondamente scossa da questo evento. Il martirio civile dei tre braccianti di Melissa capovolge i rapporti di forza tra proprietari e contadini e avvia la lunga stagione della riforma agraria in Calabria. Anche Lucio Dalla ricorderà l’eccidio di Fragalà nel brano “Passato, presente” (1973) con queste parole: “Il passato di tanti anni fa/ alla fine del quarantanove/ è il massacro del feudo Fragalà/ sulle terre del Barone Breviglieri./ Tre braccianti stroncati/ col fuoco di moschetto/ in difesa della proprietà./ Sono fatti di ieri”.
“Sono fatti di ieri”, cantava quindi Dalla a proposito degli eventi di sangue di Melissa. A settant’anni esatti da quell’eccidio sembrano, in realtà, “fatti di oggi”. Con l’accoglienza dei cinquantuno profughi curdi, Melissa riscopre la sua vocazione a resistere alle ingiustizie del potere dominante, a tutelare i diritti dei più deboli. Non vi è dubbio: i contadini del 1949 sono i migranti del 2019, molto spesso impiegati nei campi calabresi come braccianti non regolarizzati, sottopagati, sfruttati in un nuovo sistema “latifondiario” gestito dalla criminalità organizzata. Corsi e ricorsi storici, insomma. Ma dalle azioni dei cittadini di Melissa, oggi come ieri, giunge un messaggio che non lascia spazio a fraintendimenti: riscopriamoci umani!
Luigi Mariano Guzzo , università “Magna Graecia” di Catanzaro