IL RAPPORTO FEDE-POLITICA SCOMPARSO DAL RADAR DELLA COMUNITÀ CRISTIANA
IL RAPPORTO FEDE-POLITICA SCOMPARSO DAL RADAR DELLA COMUNITÀ CRISTIANA
Superata la separazione tra “spirituale” e “temporale” Achille Ardigò ha testimoniato per un impegno politico autonomo e laico, sempre tuttavia intensamente proteso a tradurre l’ispirazione cristiana nella vita pubblica. Come ha detto Francesco: “Non state al balcone”
Per iniziativa dell’Istituto De Gasperi con la collaborazione della Chiesa bolognese si terrà il 24 febbraio alle 15.30 presso il Seminario Arcivescovile un ricordo di Achille Ardigò, lo studioso bolognese la cui vicenda personale verrà letta nella tradizione viva di una religiosità fortemente incarnata, volta alla giustizia e alla trasformazione del mondo. Quello che segue è il testo dell’invito che presenta l’iniziativa e la figura di Ardigò.
Nel febbraio 1945 Achille Ardigò ha 24 anni e sul giornale clandestino La punta, a poche settimane dalla strage di Monte Sole tenacemente negata dal quotidiano locale, informa: “Ci giunge la notizia del martirio del giovane arciprete di una parrocchia delle montagne bolognesi: don Ubaldo Marchioni. Don Ubaldo Marchioni è stato martirizzato, ucciso e il suo corpo bruciato ai piedi dell’altare il 20 settembre 1944. Con lui è stata trucidata la quasi totalità delle donne e bambini che si erano rifugiati nella Chiesa all’avvicinarsi dei carnefici delle SS” . L’articolo si intitola Semente eroica. “La dolce schiera dei cari fratelli incarcerati, torturati, battuti, uccisi dall’oppressione s’addensa e ci accompagna sulla via dura e ineffabile della Rinascita per cui essi hanno fatto dono della loro vita, dei loro patimenti senza nome e vanto. Rimangono con noi anche quando pare si faccia sera. Ma il sangue dei cristiani, è ben davvero, come disse Tertulliano, la nuova semente”. Sulla Punta il giovane Ardigò ha scritto “le tavole del suo cuore”. Verrà poi il sodalizio, fraterno e severo, con Giuseppe Dossetti. Luigi Pedrazzi, ricordando Ardigò a pochi giorni dalla scomparsa, iscrive perciò giustamente l’amico nella “tradizione viva” di una religiosità fortemente incarnata, che alimenta l’impegno per la giustizia e la trasformazione del mondo. Questa tradizione si fa tranquillamente permeare dal rinnovamento conciliare: più che una religiosità della “presenza” (e certamente non dell’invadenza), diventa intima unione dei credenti con l’intera famiglia umana, dando valore al dialogo dentro e fuori la comunità cristiana, riconoscendo e rispettando la libertà di coscienza ….
Dopo la guerra, per decenni Achille Ardigò, studioso ed accademico riconosciuto, esperto delle politiche agrarie, urbanistiche, industriali e di welfare, è l’intellettuale organico ovunque invitato e presente nelle tante sedi (anche le più umili e le meno ufficiali) di discussione e animazione della cattolicità italiana. Al primo convegno ecclesiale nazionale (Evangelizzazione e promozione umana, Roma, novembre 1976) presenta la relazione ”La Chiesa e la società italiana”. “Il duro inverno che si prepara per tutti gli italiani, ma più carico di sacrifici per i molti disoccupati, pensionati e lavoratori a redditi bassi e medi, per le famiglie con più figli piccoli” porta in primo piano l’importanza delle indicazioni conciliari della Costituzione Gaudium et Spes e della Lettera Apostolica di Paolo VI Octogesima Adveniens (maggio 1971). A tutte queste cose Ardigò dedica un ampio esame retrospettivo in un volume del 1978 su Giuseppe Toniolo.
Di fronte alle differenziate posizioni circa il rapporto fede-politica e Chiesa-Mondo espresse dalla cattolicità tra ‘800 e ‘900, Ardigò esprime la sua profonda simpatia per la posizione di chi afferma unilateralmente in politica autonomia e laicità, senza pretendere la rappresentanza unitaria dei cattolici di un Paese né il consenso della Gerarchia, pur dichiarandosi liberamente impegnato a mantenere un’ispirazione cristiana alla propria azione politica (il cattolicesimo democratico di Luigi Sturzo). Tuttavia, osserva Ardigò, il Concilio ha operato una netta discontinuità anche per posizioni come questa. Per un verso è venuta meno una separazione netta dei piani (spirituale, temporale, spirituale che tocca il temporale), per l’altro (Octogesima Adveniens, paragrafo 4) la comunità cristiana è chiamata a diventare, pur con prudenza e senso del limite, punto di riferimento, di dialogo e ricerca anche per fini storici di bene comune. Innovazione, quest’ultima, di cui Ardigò intravvede un luminoso esempio proprio nel Convegno ecclesiale nazionale di Roma. Da quel convegno molte cose sono naturalmente successe nella Chiesa e nella società italiana. La dispersione delle opzioni politiche dei laici credenti era il timore incombente negli anni in cui scrive Ardigò. Sappiamo che alla dispersione ha poi fatto seguito un singolare livellamento delle posizioni, sino alla scomparsa di vere opzioni politiche e all’affermarsi di un disinvolto affarismo, nella sfiducia e nel disinteresse generalizzato per la politica e le sue istituzioni tra i cristiani e nella società generale. Il rapporto fede – politica è letteralmente scomparso dal radar della comunità cristiana e l’evangelizzazione prescinde quasi interamente dall’impegno per la giustizia e la trasformazione del mondo. Sembrerebbe così, almeno fino al Convegno nazionale di Firenze (2015) e al discorso di Papa Francesco nella cattedrale di Santa Maria del Fiore: “Per favore, non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell’ampio dialogo sociale e politico”. Ma come farlo con un po’ di metodo, dando finalmente uno sviluppo alle riflessioni di Achille Ardigò?