IN QUALE MILANO E’ VENUTO

Ora ci aspettiamo di essere sorpresi da papa Francesco, ci aspettiamo un vescovo dal basso che sappia avviare processi, far emergere i carismi.   Vittorio Bellavite

La presenza di papa Francesco a Milano può essere meglio capita con qualche riferimento al recente passato. Nel 2011 era stato appena eletto  il nuovo sindaco di Milano Giuliano Pisapia  portatore di un nuovo corso cittadino che creò le premesse per il declino del centrodestra anche a livello nazionale. Papa Ratzinger nominò arcivescovo Scola, dopo il ciclo Martini-Tettamanzi  in cui solo il vertice della Chiesa ambrosiana aveva costituito una controtendenza rispetto alle culture dominanti eredi della “Milano da bere”.  Questa nomina fu considerata da molti  un dispetto nel rapporto tra Chiesa e autorità civile, un vescovo clericale a fronte di un sindaco esplicitamente laico. Personalmente ho sempre pensato che questa motivazione si sommava a quella, poi verificatasi vera, della indicazione, da parte di Ratzinger, di Scola come candidato molto autorevole al papato.  Due anni fa ci fu l’EXPO. Nonostante pressioni di ogni tipo papa Francesco si rifiutò di venire e il documento della Caritas internazionale ne spiegò indirettamente  il motivo perché fu   molto severo  nei confronti di una iniziativa di grandi ambizioni che parlava soprattutto dell’alimentazione sana per chi può nutrirsi e molto molto meno di quella delle tante popolazioni  che sono denutrite. Quindi una tensione diretta tra i maggiorenti della città e l’arcivescovo Scola  da una parte e il Vaticano dall’altra. Per completare il quadro non bisogna dimenticare che il leghismo è nato e prospera in terra lombarda, che la destra, ben lontana da Martini e da Francesco,  ha governato la città da Tangentopoli fino al 2011 e che la Regione è stata dominata con ogni forma clientelare e affaristica dai noti esponenti di C.L.  Poi  Milano è una città veramente ricca di un volontariato diffuso e molto attivo, che fa riferimento in netta maggioranza al mondo cattolico  Questo il panorama, denso di chiari e scuri.

In questo contesto, per nulla semplice, ha destato sorpresa in ogni ambiente, a partire da quelli di Curia, la straordinaria partecipazione popolare di cui i media hanno dato ampia testimonianza. Essa è stata inaspettata , in particolare, perché è ancora ben recente la visita di papa Ratzinger per l’incontro mondiale delle famiglie del 2012 e il paragone è troppo facile. La diocesi ha chiesto 3000 volontari per l’organizzazione, se ne sono offerti  4000! La presenza al parco di Monza , dicono gli esperti, può essere confrontata con gli altri due massimi dei meeting papali, quelli di Manila e di Rio. Raggiungere il parco non è così semplice e la giornata è stata fisicamente  faticosa per chi c’era. Lo stadio di S.Siro era completamente pieno, ottantamila adolescenti. I contenuti degli interventi e delle presenze di papa Francesco  sono stati quelli che ormai conosciamo bene ma sono stati al massimo della loro capacità di rovesciare un tradizionale modo di fare Chiesa e di vivere l’esperienza  di fede. Bisogna essere nelle periferie;  in duomo, ai preti e alle suore ha detto di non cercare di occupare spazi, di marcare la presenza o di ricercare potere ma di “innescare processi”. Ciò vuole dire, per chi vuole capire, fare un passo indietro, declericalizzare le strutture, per  una Chiesa non di sistema ecclesiastico ma di Popolo di Dio. E poi il discorso sul lievito nella pasta è stato molto efficace perché mi sembra che  nel nostro contesto significhi che i protagonismi politici o identitari   non servono all’evangelizzazione vera in un mondo secolarizzato. Il dialogo allo stadio è stato delizioso per la sua capacità di dire le cose semplici per i ragazzi , sul loro vissuto: “giocate molto” “ascoltate i nonni” “contrastate il bullismo” e via di questo passo.  Papa Francesco ha un’altra strategia, forse inconsapevole. Egli vuole desacralizzare il papato, umanizzando la sua persona, che fa le cose normali della vita quotidiana e non le nasconde , come succedeva spesso in precedenza.

Dobbiamo capire meglio questo consenso popolare così vasto, esso testimonia di una volontà di autenticità e di parole  che incontrano il vissuto della gente. Certamente contribuisce anche la situazione di crisi economica e sociale che porta in evidenza tante sofferenze e mortifica molte speranze di tipo “secolare”. La religione e le fede  sono comunque un punto di riferimento anche per molti giovani , diversi da prima ma comunque presenti . Contribuisce anche a questo plebiscito la radicale disaffezione nei confronti delle altre sedi  associative della politica e delle istituzioni. Molto evidente il confronto tra la giornata milanese del papa e la contemporanea giornata della politica a Roma.

Infine, diciamolo chiaramente, l’ascolto del messaggio di Francesco  testimonia del bisogno che ha l’umanità di voci che parlino in suo nome.  Voci come quella del Dalai Lama, di Desmond Tutu, prima di Nelson Mandela e altri oppure di organizzazioni collettive come Amnesty, oppure Medecins sans Frontières, oppure Save the Children… E l’ascolto è tanto maggiore in una fase, come quella attuale, in cui il trumpismo ci preme da Occidente, l’Europa è in difficoltà e in una condizione di incertezza mentre a Est Putin ci mette del suo e in Medio Oriente tutto è ancora incancrenito. Il riarmo, anche nucleare,  continua.  Questa funzione del papa viene sempre più riconosciuta in aree esterne al cristianesimo. Anche a Milano la visita del papa è stata un avvenimento di tutti. L’ha detto chiaramente un portavoce del pensiero laico come Salvatore Veca  e pure Asfa Mahmoud, leader della cultura islamica dialogante, che ha scritto al papa a nome della sua comunità, ricordando che a Milano si aspetta ancora una vera moschea.

Ora aspettiamo il nuovo arcivescovo. Non possiamo essere sorpresi di niente. S.Carlo Borromeo arrivò a Milano come vescovo a 28 anni, S.Ambrogio fu imposto dal popolo . Aspettiamo di essere sorpresi da papa Francesco, non un ecclesiastico di formazione accademica, non una promozione da qualche altra diocesi, non un uomo del circuito della diocesi ambrosiana, e naturalmente uno ben lontano da simpatie “fondamentaliste”. Ci aspettiamo  un vescovo dal basso,  che sappia “avviare processi”, cioè facilitare  l’emergere delle tante energie positive che ci sono nella nostra Chiesa, senza discriminazioni  di chi pensa di parlare con spirito di verità dicendo pane al pane e vino al vino.

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