LA CHIESA ITALIANA AD UNA SVOLTA?
Le prime parole del card.Gualtiero Bassetti – chiamato alla responsabilità di Presidente della Conferenza episcopale italiana, come dice lui, “al crepuscolo della mia vita” -sono veramente profetiche, e non solo perché citano un profeta biblico: “È davvero un segno che il Santo Padre crede nella capacità dei vecchi di sognare”. Il testo di Gioele a cui si fa riferimento è più compiutamente questo: “Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”.
Siamo al di fuori di ogni retorica, ma questo inusuale richiamo biblico è tutto un programma e un motivo di auspicio: c’è prima di tutto l’intervento dello Spirito di Dio e c’è il fatto che i sogni degli anziani diventeranno visioni per i giovani! Viene da pensare a Papa Giovanni, per il quale il messaggio antico del vangelo doveva cominciare a risuonare in modo nuovo per le nuove generazioni.
In quanto vescovo, egli dice apertamente di non avere “programmi preconfezionati da offrire”, se non quello di “condividere tempo, ascolto, creatività e consolazione” con tutti, come il papa ha raccomandato di fare ai Vescovi: “Vivete la collegialità, camminate insieme”, perché “è questa la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio”.
Collegialità e sinodalità, dunque, non tanto come fatto funzionale di gestione, ma come sensibilità teologale e prospettiva teologica. Come dire che non devono essere né i “principi non negoziabili” né soltanto le emergenze del momento a dettare l’odg della chiesa, ma il sensus fidei del Popolo di Dio nel discernimento e nella decifrazione dei “segni dei tempi”, che non è mai un fatto di bandiera.
Sono in realtà tratti molto scarni, ma sufficienti per rilevare una attitudine di fondo che dovrebbe diventare lo stile di una Chiesa né domina o dominatrice del mondo né mondana, ma libera e forte della verità che la abita, quando si lascia abitare. Non a caso è stato notato che il cardinale Bassetti non si presenta né come un teologo né come un politico, ma semplicemente come un Pastore con lo stesso odore delle sue pecore.
Come tale, esprime una Chiesa-sacramento di salvezza non tanto attraverso segni e parole, riti e dottrine, ma attraverso “il corpo e la carne” di chi è chiamato ad esserne strumento. Ciò che conta, in altre parole, non è tanto ciò che si pensa o che si fa (l’ortodossia o l’ortoprassi), se non in funzione di ciò che si è grazie alla fede, che non è un fatto intellettivo od etico ma un modo di essere del soggetto. Se ora il soggetto-Chiesa non è più la gerarchia separata, ma deve essere l’intero Popolo di Dio, è buona cosa che i Pastori siano i capofila o capicordata di questa investitura e assunzione di responsabilità, per favorire un processo di trasformazione veramente epocale.
Sì, è un sogno che forse solo gli anziani possono sognare, ma perché diventino visioni di futuro per i giovani. Pensando ancora una volta al nuovo Presidente della CEI, possiamo dire di essere con lui per il semplice fatto che lo sentiamo essere con noi!
Alberto Bruno Simoni
2 – La conversione pastorale come obiettivo
Vangelo, missione e rinnovamento della Chiesa
La conversione pastorale è il dono-appello che il Signore ha fatto alla Chiesa con il Concilio Vaticano II, che, oggi più che mai, continua a dare i suoi frutti e necessita di una piena comprensione nel segno della comunione e dell’unità della Chiesa. “Quanto al tempo presente – diceva san Giovanni XXIII – la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando” (Gaudet Mater Ecclesia, 4.2)
Sulla stessa lunghezza d’onda, papa Francesco, lo scorso 27 luglio, incontrando l’episcopato latino-americano, ha detto: “Sulla conversione pastorale vorrei ricordare che «pastorale» non è altra cosa che l’esercizio della maternità della Chiesa. Essa genera, allatta, fa crescere, corregge, alimenta, conduce per mano. Serve, allora, una Chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di «feriti», che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore” (Discorso all’episcopato brasiliano, 27 luglio 2013).
Rinnovamento, aggiornamento, riforma: sono tanti anni che se ne parla. Purtroppo, non pochi sono caduti nella tentazione di credere che i problemi della Chiesa derivino addirittura dall’evento conciliare, senza comprendere a fondo la portata del cambiamento epocale che stiamo vivendo. Si tratta di quei «profeti di sventura che nelle attuali condizioni della società umana (…) non sono capaci di vedere altro che rovine e guai», diceva san Giovanni XXIII.
Papa Francesco, invece, innestandosi nel solco del Concilio Vaticano li, ha tracciato un cammino che si basa sul binomio evangelizzazione/Chiesa missionaria. È ora e adesso, infatti, che il vescovo di Roma invita tutta la Chiesa a mettersi in movimento e ad uscire dalle proprie sicurezze. La Chiesa, infatti, per sua natura non può non essere missionaria e deve avere «le porte aperte» per «uscire verso gli altri» e «giungere alle periferie umane». Solamente da questo dinamismo, scrive il Papa, può scaturire «un improrogabile rinnovamento ecclesiale».
Un rinnovamento che è, dunque, prima di tutto, un invito alla purificazione dei cuori, ad alzare senza indugi gli occhi al cielo verso la Gerusalemme celeste, ad affrontare con coraggio le «sfide del mondo attuale», a superare tutte le «tentazioni degli operatori spirituali» e, soprattutto, ad approfondire, vivere ed annunciare il Vangelo di risurrezione. Una Chiesa che non annuncia il Vangelo è una Chiesa ritirata nelle stanze vuote di una mondanità spirituale che non produce frutto, anzi rischia di produrre danno.
Il continuo rinnovamento della Chiesa è dunque strettamente necessario all’adempimento del comandamento del Signore di annunciare il Vangelo fino agli estremi confini di una terra in continuo cambiamento.
La necessità di riforma della Chiesa, infatti, non è data solo dal bisogno di purificarla dai suoi peccati, atto che, giustamente, san Giovanni Paolo Il ha posto come sigillo a chiusura dei primi due millenni di vita cristiana e che Benedetto XVI ha richiesto con fermezza nella sua predicazione e nelle sue decisioni. Il dovere della riforma nasce per la Chiesa anche dall’obbligo permanente di incarnarsi nella storia degli uomini.
Gualtiero Bassetti
In La gioia della carità, Marcianum press, 2015, pp.25-27
3 – Comunicato stampa di “Noi siamo chiesa”
Il movimento “Noi Siamo Chiesa” ha inviato al Card. Gualtiero Bassetti un caloroso messaggio di saluto e di auguri per la sua nomina a presidente della Conferenza episcopale, auspicando che “il suo impegno sia nella linea del nuovo corso di papa Francesco e nel superamento della gestione della CEI degli ultimi trenta anni”. Il Card Bassetti è discepolo del Card. Piovanelli e la sua candidatura a vescovo di Firenze è stata in passato ostacolata da chi reggeva allora la CEI . Ciò va ora a suo merito.
Noi Siamo Chiesa auspica che la svolta consista:
–in una linea pastorale che abbandoni la prassi passata delle sponsorizzazioni politiche , dirette o indirette, nazionali o locali, e che stia lontana dalle campagne nei confronti delle leggi della Repubblica;
–in una intensificazione delle iniziative già in atto a favore dei migranti e delle tante sofferenze originate dalla crisi e presenti soprattutto in tante “periferie”;
–nell’apertura in ogni sede e in ogni media del mondo cattolico a tutte le voci che vi sono presenti, senza le passate discriminazioni, per affrontare, guardando in faccia la realtà, questioni che riguardano il funzionamento e la credibilità della Chiesa. Ne proponiamo alcune: problema dei ministeri a partire da un nuovo protagonismo responsabile di tutto il Popolo di Dio – uomini e donne- nella gestione della comunità ecclesiale; impegno per una Chiesa povera e per la trasparenza nell’amministrazione delle risorse e per la qualità evangelica delle destinazioni; diversa gestione della pedofilia del clero da sottrarre alla discrezionalità del vescovo; cambiamento profondo della qualità della predicazione; rottura e denuncia generalizzata e ovunque diffusa nei confronti di fatti e di comportamenti mafiosi; completa ridiscussione della posizione della Chiesa sulla questione pace/guerra (export di armi, presenze militari all’estero, spesa militare, cappellani militari …) alla luce del messaggio sulla nonviolenza di papa Francesco del primo gennaio.
Roma 24 maggio 2017 Noi Siamo Chiesa
4 – La prima conferenza stampa
La CEI ha il suo nuovo presidente: il card. Gualtiero Bassetti. La nomina, da parte di Papa Francesco, è avvenuta il 24 maggio ed è stata annunciata dal card. Angelo Bagnasco, presidente uscente, al termine della 70esima Assemblea della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Bassetti faceva parte della terna di nomi, scelta dai vescovi italiani, da sottoporre al Papa per la nomina. Insieme al card. Bassetti (134 voti al ballottaggio) facevano parte della terna mons. Francesco Giulio Brambilla, vescovo di Novara (115 voti al secondo scrutinio) e il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento (126 voti al primo scrutinio). Il cardinale Bassetti è stato quindi scelto in piena armonia dai vescovi italiani e dal papa.
Il card. Gualtiero Bassetti, nato il 7 aprile 1942 in provincia di Firenze, è arcivescovo di Perugia – Città della Pieve. È stato già vice-presidente della CEI dal 2009 al 2014. Dall’ottobre 2012 è presidente della Conferenza Episcopale Umbra. È membro della Congregazione per i Vescovi e di quella per il Clero e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Dopo la nomina il cardinale Bassetti ha tenuto una conferenza stampa, di cui diamo alcuni stralci.
Ieri ha dichiarato di essere un “improvvisatore”. Cosa vuol dire?
Per me è il contrario di calcolatore. Sono più spinto dall’istinto del cuore che dall’intuito della ragione. Se vedo una necessità sento il bisogno di buttarmi.
È una scelta evangelica perché il Signore comanda di leggere i segni dei tempi, cioè Dio parla non solo con una rivelazione diretta, ma anche attraverso gli elementi della natura.
Lei ha detto di essere “ormai al crepuscolo della vita”. Come ci arriva a questo? Con quale sguardo? Forte di quale esperienza?
Dalle mie finestre di Massa Marittima, vedevo tutti i tramonti. Il tramonto è una cosa bellissima e poi a seconda di come avviene è il preludio del nuovo giorno.
Il “crepuscolo” della mia vita lo vedo come un tramonto che riesce ancora un po’ ad illuminare, ma che poi prepara al nuovo giorno.
Cosa le rimane di queste giornate?
La prima impressione, dopo l’interesse che si è sempre più accentuato per me, era quella di essere il piccolo Davide nell’armatura di Saul che doveva andare incontro al gigante Golia, ma che lasciata l’armatura ha raccolto cinque pietre e con quelle ha fatto la sua battaglia.
In principio mi sono sentito sgomento, poi ho sentito l’affetto dei vescovi e del Santo Padre e allora mi sono sentito incoraggiato, ed ho detto: insieme possiamo fare ancora qualcosa di bello.
Cosa vuole sottolineare del comunicato finale dell’Assemblea? Quali contenuti?
Vorrei fare riferimento all’intervento del Papa che ha lasciato il discorso preparato ed ha voluto parlare a braccio.
Però rileggendo poi il discorso, ci ho visto una chiara esposizione dell’Evangelii Gaudium. Sta a cuore al Papa la conversione pastorale della Chiesa.
Non è soltanto un cambiare qualcosa, ma è un cambiamento di mentalità, di cuore, con le mani impegnate nell’operare.
In un momento di inclusività, la Chiesa che accoglie, come la rete di Pietro che prende tutti i tipi di pesci, diventa un “ospedale da campo”.
Già don Mazzolari, prima del concilio, ha avuto la stessa intuizione: la Chiesa come ospedale da campo.
La collegialità non è un camminare solo insieme, ma è camminare sulla stessa strada. Questa è stata la sostanza del discorso del Papa e ciò che ha guidato i lavori dell’Assemblea.
Le ultime presidenze CEI hanno sempre dato rilevanza al tema dei cosiddetti “valori non negoziabili”, come ad esempio l’eutanasia. Qual è il suo pensiero?
Noi forse già stiamo mancando su un punto: non diamo a queste persone l’assistenza, la vicinanza, l’amicizia, l’affetto di cui avrebbero bisogno.
Quando una persona ha la percezione di essere un valore per l’altro è molto più difficile che arrivi a togliersi la vita.
La legislazione dovrebbe anche tenere conto del parere del medico che assiste perché anche lui ha una grossa responsabilità.
Molto discussa è stata l’Amoris Laetitia, soprattutto nel capitolo che ha sollevato “i dubia”. Come mai l’episcopato italiano non si è dotato di linee guida univoche? Come presidente CEI e come vescovo della sua diocesi, che linea dà?
Non è vero che non si è fatto un discernimento. Qualcosa a livello regionale c’è.
L’Amoris Laetitia è la sintesi della dottrina sul matrimonio e sulla famiglia, basta guardare i riferimenti.
Per comprendere il documento dobbiamo fare un passaggio importante, evitare questa omologazione: ogni situazione irregolare è peccato mortale.
Il Catechismo prima di arrivare ad un peccato mortale, presenta una serie di condizioni che si devono realizzare tutte in concomitanza.
Allora, cosa chiede il Papa? Non parla di ammissione ai sacramenti, ma parla di discernimento, com’è la reale situazione di quella persona, di quella coppia. Iniziare un cammino, anche penitenziale se è necessario, e poi valutare.
L’Amoris Laetitia va presentata come è stata scritta. Non è un documento opinabile, ma è Magistero.
Il suo predecessore, nel saluto ai vescovi, ha detto che la vostra voce spesso è stata inascoltata sulle emergenze del Paese, soprattutto famiglia e giovani. Lei condivide? È preoccupato di questa tendenza?
Continuo ad essere un uomo di speranza, ma il card. Bagnasco ha ragione. Spesso più che la nostra voce è il nostro grido a restare inascoltato.
Noi però continueremo. Perché non possiamo rimanere inerti davanti ai problemi della famiglia e dei giovani.
Più volte ha parlato di una Chiesa che deve ripartire dai più poveri. Che tipo di cambiamenti dobbiamo aspettarci?
Mi sembra che nel suo Magistero, Papa Francesco, abbia fatto un passo in avanti, anche rispetto al Magistero del suo predecessore.
I poveri li chiamavamo ultimi, ma il Papa ha coniugato un nuovo termine, che ci fa riflettere: scarto.
Questa società emargina e produce scarto, spazzatura.
Anche se uno è ultimo ha pur sempre una dignità, ma lo scarto non è più considerata persona, è considerato spazzatura.
Dobbiamo stare attenti a cosa produce scarti.
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Ottimo, con speranza!