La “Civiltà Cattolica” per don Milani
La “Civiltà Cattolica” per don Milani
La rivista dei gesuiti contribuì alla condanna di questo “prete cristiano”, oggi è il gesuita papa Francesco che lo riconosce come profeta e maestro
Giancarlo Pani S.I.
Il 20 giugno si è svolta la visita di papa Francesco alla tomba di don Milani, a Barbiana. Il papa stesso, dopo l’Angelus di domenica 18 giugno l’aveva annunciata così: “E martedì prossimo mi recherò in pellegrinaggio a Bozzolo e Barbiana, per rendere omaggio a Don Primo Mazzolari e Don Lorenzo Milani, i due sacerdoti che ci offrono un messaggio di cui oggi abbiamo tanto bisogno”. Nell’immediata vigilia di questo avvenimento, sulla Civiltà Cattolica (quaderno 4008) usciva un articolo molto ricco e argomentato del suo vicedirettore, padre Giancarlo Pani, che contribuiva non tanto alla riabilitazione di don Milani, quanto al “riconoscimento di una profezia” che, come notava la stessa rivista, la Chiesa a suo tempo non aveva saputo apprezzare. L’articolo, intitolato “Un prete cristiano”: don Lorenzo Milani, è tanto più significativo perché la Civiltà Cattolica aveva fatto parte della catena delle cause che avevano portato alla condanna del suo libro “Esperienze pastorali” e alla sua emarginazione nella Chiesa. E il significato è quello del passaggio da un tempo a un altro. Dell’articolo della Civiltà Cattolica pubblichiamo un ampio estratto. Per il testo completo c’è il link alla fine.
Alla Fiera dell’editoria italiana a Milano sono state presentate, cinquant’anni dopo la sua scomparsa, Tutte le opere di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana. La presentazione ha avuto il 23 aprile un ospite d’eccezione: papa Francesco, con un videomessaggio. Egli ha suggerito una particolare lettura degli scritti del sacerdote, quasi un filo rosso: l’abbandono alla Misericordia di Dio e alla maternità della Chiesa. L’ha fatto citando un passo di una lettera del 10 ottobre 1958 a padre Santilli, suo docente di morale in seminario, che aveva dato il «nulla osta» alla pubblicazione di Esperienze Pastorali: «Non mi ribellerò mai alla Chiesa perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati e non saprei da chi altro andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa». Don Milani aveva appena ricevuto la stroncatura del libro dalla Settimana del Clero, da Orientamenti Pastorali e dalla nostra rivista, La Civiltà Cattolica[1]. Come afferma il cardinal Betori, è plausibile che il card. Florit, premendo per ottenere una recensione negativa della nostra rivista, non volesse ottenere la condanna del Sant’Uffizio, quanto piuttosto chiudere un caso difficile[2]. Un momento drammatico, dunque, che metteva in discussione la sua vita sacerdotale, da cui scaturiva però una luminosa confessione di fedeltà alla Chiesa, amata e rispettata come Madre. All’epoca la rivista dei gesuiti ebbe un peso non irrilevante nella successiva condanna del libro, oggi è il gesuita papa Francesco che riconosce don Milani profeta e maestro nella Chiesa.
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A Barbiana don Lorenzo decide di pubblicare Esperienze pastorali, che apre l’Opera omnia (da p. 3 a p. 520). A suo avviso, e non a torto, il materiale raccolto e analizzato negli anni di San Donato a Calenzano, le osservazioni, le ipotesi interpretative meritano di essere condivise e discusse. Il saggio è preceduto dalla prefazione dell’arcivescovo di Camerino, mons. Giuseppe D’Avack, ed è qui corredato di informazioni sul testo e ben 130 pagine di note. Esce nell’aprile del 1958; sarà condannato il 10 dicembre dello stesso anno con decreto del Sant’Uffizio pubblicato sull’Osservatore Romano che ne stabilisce il ritiro dalla circolazione.
La questione di fondo è relativa alla maturità religiosa del popolo di Dio. Nelle prime pagine del libro si chiede esplicitamente «perché la cultura religiosa del nostro popolo è praticamente nulla». Eppure le statistiche riportate dicono che in media i fedeli hanno ricevuto 700 ore di insegnamento religioso, considerando la preparazione alla comunione, alla cresima e le lezioni alla scuola elementare
Le feste religiose sono solennizzate dal clero e vissute dal popolo ma solo esteriormente e formalmente, nulla che vada al di là della pura ritualità. Viene messo decisamente sotto accusa il sistema degli oratori che raccolgono i ragazzi, li fanno giocare, ma non sanno suscitare domande, non formano. Il fatto è che manca un elemento indispensabile: un minimo di istruzione. «L’esperienza fatta nella Scuola Popolare ci dice che quando un giovane operaio o contadino ha raggiunto un sufficiente livello di istruzione civile, non occorre fargli lezione di religione per assicurargli l’istruzione religiosa. Il problema si riduce a turbargli l’anima verso i problemi religiosi. E questo, col lungo contatto assicuratoci dalla scuola, ci è risultato estremamente facile».
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Il mezzo privilegiato, il cardine del ministero del Priore a San Donato, ancor prima che a Barbiana, è la scuola. Essa «mi è sacra come un ottavo Sacramento. Da lei mi attendo (e forse ho già in mano) la chiave, non della conversione, perché questa è segreto di Dio, ma certo dell’evangelizzazione di questo popolo»[3]. E si noti: «Sacramento» è scritto in maiuscolo, perché è un segno della presenza viva di Cristo e indica il dono di Dio che è la Parola, senza distinguere tra «parola sacra» e «parola profana»[4]. Il volume Esperienze pastorali è in qualche modo un’anticipazione di quello che verrà poi affrontato nel Concilio Vaticano II.
Eppure il libro viene condannato per le sue dure prese di posizione nonostante l’imprimatur del cardinale Dalla Costa. Si disse che gli era stato carpito approfittando della sua tarda età. Niente di più falso. Padre Turoldo lo difende: «Il cardinale, un grande cardinale, fu sempre libero da Roma e mantenne sempre questa libertà e indipendenza. Non aveva mai condannato nessun prete della sua diocesi. Non so fino a che punto stimasse don Milani, ma è sicuro che la sua posizione era in un certo senso controbilanciata rispetto a quella di Florit. Sta di fatto che concesse l’imprimatur. E don Milani fu conosciuto a livello nazionale»[5].
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La visita di papa Francesco alla tomba di don Milani e di don Primo Mazzolari non intende tanto riabilitare i due sacerdoti, ma dare loro il giusto riconoscimento di una profezia che la Chiesa locale a suo tempo non ha saputo apprezzare.
Nell’edizione di tutte le opere è stata omessa un’eloquente pagina con due foto, presente in Esperienze pastorali. Si tratta di una processione con una lunga didascalia, che sommariamente riporto: «Passa il Signore. Serenata di fiori, veli bianchi, festa di paese. Trionfo della fede?». I due sacerdoti che guidano la processione notano che la maggior parte dei parrocchiani guardano il corteo che avanza, senza parteciparvi. Identico è il loro pensiero, diverse sono però le preghiere. Il proposto: «Perdonali perché non son qui con te». Il cappellano (cioè don Milani): «Perdonaci perché non siamo là con loro»[6]. La sua preghiera illumina l’animo del priore di Barbiana: egli non mirava al proselitismo ma al primato di Dio, che si traduce nel servizio ai fratelli.
Giancarlo Pani S.I.
Per il testo completo: http://www.laciviltacattolica.it/articolo/un-prete-cristiano-don-lorenzo-milani/
[1] È noto che dalla Segreteria di Stato era stata chiesta alla rivista una recensione critica, ma ne venne una stroncatura (A. Perego, «Le esperienze pastorali di don Lorenzo Milani», in Civ. Catt. 1958 III 627-640). Più tardi ci fu una recensione positiva delle sue Lettere da parte di G. De Rosa, «Un “profeta” del nostro tempo? Don Lorenzo Milani dalle sue “Lettere”», in Civ. Catt., 1970 IV 370-376. Dopo un’attenta analisi degli scritti, De Rosa concludeva: «Don Milani è stato a suo modo, ma con una sincerità e una coerenza che sarebbe ingiusto negare, un uomo che ha profondamente amato e servito Dio, la Chiesa e i poveri. E questo è ciò che soprattutto conta nella vita di un prete» (ivi, 376). Notevole anche l’articolo di P. Vanzan, «Don Lorenzo Milani: un prete “schierato” con il Vangelo», in Civ. Catt. 2007 IV 33-45. Ora, nell’edizione critica appare un riconoscimento anche del contributo positivo della rivista per far riconoscere i meriti di don Milani: «Se “La Civiltà Cattolica” ebbe un ruolo decisivo nel preparare la strada al decreto del Sant’Uffizio, fu la stessa rivista dei gesuiti romani ad aprire la strada alla riabilitazione di don Milani e delle sue esperienze pastorali dopo la morte del priore di Barbiana, con un primo articolo pubblicato nel 1970 e un secondo del 2007, per arrivare alla comunicazione del 2014 della Congregazione per la Dottrina della fede al cardinale di Firenze Giuseppe Betori che, “prendendo atto che le circostanze sono mutate […] quell’intervento non ha più ragione di sussistere”» (F. Ruozzi, «Notizia sul testo» in L. Milani, Tutte le opere, cit., 549; cfr anche 557).
[2] Cfr M. Lancisi, «La solitudine di un vescovo nel turbine dei Folli di Dio», in Corriere fiorentino, 3 giugno 2017, 3.
[3] Esperienze Pastorali, 203.
[4] Ivi, 626. Cfr la lettera di mons. Florit al cardinale Pizzardo, che critica proprio l’uso del termine «sacramento» per la scuola: «Si sono riscontrate nel volume [Esperienze pastorali] alcune doti, ma anche una buona dose di esagerazioni e approssimazioni, in aggiunta al radicale “pelagianesimo” che fa della scuola popolare quasi un sacramento» (cfr M. Toschi, Don Lorenzo Milani e la sua Chiesa. Documenti e studi, Firenze, Polistampa, 1994, 124)
[5] D.M. Turoldo, Il mio amico don Milani, cit., 51.
[6] L. Milani, Esperienze pastorali, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1967, 88, pagina a fronte.