LA PAROLA ECUMENICA DI MARIA VINGIANI
LA PAROLA ECUMENICA DI MARIA VINGIANI
Spentasi a Mestre all’inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Maria Vingiani è stata la madre dell’ecumenismo italiano, quale si è andato sviluppando a partire dal Concilio Vaticano II, che lei addirittura ha anticipato. La testimonianza che ne ha reso il cardinale Bassetti, presidente della Cei, e il ricordo dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne. Paolo Ricca: l’ecumenismo concepito come un figlio
Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, in questo articolo ricorda la figura di Maria Vingiani
Con la scomparsa di Maria Vingiani la Chiesa perde un testimone appassionato del cammino ecumenico, del quale ella è stata tra i più coraggiosi e dinamici pionieri, con uno sguardo sempre rivolto al domani, con una straordinaria capacità profetica di leggere il presente per incoraggiare cristiani e cristiane a trovare sempre nuove strade per vivere insieme il dono della fede, senza abbandonare la propria tradizione confessionale.
Fin dagli anni della sua formazione, tra Venezia e Padova, Maria Vingiani ha coltivato la sua passione per il dialogo, con il quale conoscere l’altro nella luce della comune chiamata a farsi annunciatori dell’evangelo. Proprio a Venezia muove i suoi primi passi, anche grazie alla profonda amicizia che la lega a don Loris Capovilla, scoprendo l’importanza delle Sacre Scritture nella costruzione del dialogo, tanto più dopo la Lettera pastorale dedicata alla Parola di Dio da parte del cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, allora patriarca di Venezia. La scoperta della Parola di Dio contribuisce, insieme a tanti altri fattori, alcuni squisitamente personali, a far maturare in lei un’attenzione del tutto particolare nei confronti degli ebrei, molto più che fratelli, portatori di un’elezione che non è mai venuta meno.
Del Concilio Vaticano II, fin dalla sua indizione, seppe cogliere la dimensione ecumenica, tanto che decise di lasciare Venezia per trasferirsi a Roma per poter seguire i lavori. Era convinta, come comunicò a don Loris Capovilla, che il Concilio fosse un’opportunità unica per favorire l’unità, con un radicale ripensamento della partecipazione della Chiesa cattolica al movimento ecumenico. Proprio durante il Vaticano II, con il contributo del cardinale Agostino Bea, quando ancora il Concilio doveva promulgare il decreto Unitatis Redintegratio, Maria Vingiani dette vita al Segretariato attività ecumeniche (Sae).
Lo aveva pensato come un’associazione laica, interconfessionale, dove vivere l’unità nel rispetto delle diversità confessionali, coltivando l’idea che il cammino ecumenico doveva radicarsi sulla comune radice ebraica, e quindi si doveva creare un rapporto unico e privilegiato con il popolo ebraico. D’altra parte, Maria Vingiani aveva reso possibile l’incontro tra l’ebreo Jules Isaac e Giovanni XXIII, nel giugno 1960, aprendo nuove prospettive alla formulazione del dialogo tra ebrei e cristiani, tanto che proprio a questo incontro si fa risalire una delle radici della dichiarazione conciliare Nostra Aetate.
Al Sae Maria Vingiani ha dedicato la sua vita, organizzando le sessioni estive di formazione, che per anni sono state momenti di conoscenza, di confronto e di condivisione, coordinando il gruppo teologico, chiamato a riflettere sui contenuti e sul linguaggio di un dialogo tutto da costruire, sollecitando la creazione di una rete di gruppi locali per rendere il cammino ecumenico pane quotidiano della vita della Chiesa Una.
Con il Sae Maria Vingiani ha aperto strade e ha costruito ponti dove tanti cristiani e cristiane hanno imparato a conoscersi, rimuovendo lentamente i tanti pregiudizi che avevano inquinato i rapporti tra cristiani e aiutando a comprendere sempre meglio la propria identità confessionale, arricchita e non depauperata nel dialogo con l’altro.
Seppure il Sae fosse nel suo cuore e nella sua mente, anche dopo che ella aveva lasciato la presidenza per un ricambio che considerava elemento essenziale del vivere ecumenico, Maria Vingiani è stata coinvolta nella vita della Chiesa, in tanti altri momenti; non si può dimenticare la sua partecipazione, per tanti anni, agli organismi della Conferenza Episcopale Italiana incaricati di promuovere il dialogo in Italia.
In questi organismi la sua voce di donna, laica, testimone del Vaticano II, chiamata alla costruzione dell’unità visibile della Chiesa, è stata un prezioso dono per far comprendere quanto prioritario era il cammino ecumenico per i cristiani, nonostante le paure e le preoccupazioni espresse da tanti di fronte alle nuove frontiere aperte dal dialogo tra cristiani.
A lei si deve molto dell’istituzione, da parte della Conferenza Episcopale Italiana, di una Giornata per l’approfondimento della conoscenza del popolo ebraico, decisa in una riunione del Consiglio permanente il 28 settembre 1989, per dare un segno concreto della recezione della lettera e dello spirito del Concilio Vaticano II nella riscoperta della comune radice ebraica di tutti i cristiani. Tanto che venne scelta, come data, quella del 17 gennaio di ogni anno, alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, per riaffermare il profondo legame tra popolo ebraico e cammino ecumenico.
Il Signore ha voluto richiamare a sé Maria Vingiani proprio nel giorno in cui cristiani ed ebrei celebrano questa Giornata che rappresenta uno dei preziosi doni dell’eredità spirituale di Maria Vingiani che, con la sua lunga vita, anche quando le forze si erano venute riducendo, ha saputo illuminare tanti uomini e donne, non solo cristiani, per uscire dalle tenebre della divisione nella ricerca della gioia dell’unità nella diversità.
Gualtiero Bassetti
Gualtiero Bassetti è cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana
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IL RICORDO DELL’OSSERVATORIO INTERRELIGIOSO SULLE VIOLENZE CONTRO LE DONNE. LE PAROLE DI PAOLO RICCA
Grazie, Maria.
Maria Vingiani, fondatrice del Segretariato Attività Ecumeniche (SAE), protagonista di un’epopea nelle vicende del dialogo interreligioso, ci ha lasciato. Con un briciolo di enfasi, scriviamo epopea perché, nella genealogia femminile, sarebbero da inscrivere nel registro delle opere femminili le attività e la passione sacrosanta di questa figura, che ha lottato fieramente perché in Italia e nel mondo la logica dell’incontro sopravanzasse quella della separazione e della competizione, testimoniando così quanto una donna fosse capace di volontà sapienziale nello scegliere la vita, piuttosto che la distruttività. poiché i saperi delle donne non si stancano di nominare l’importanza della relazione e della inclusione nelle pratiche umane e con tutti gli esseri viventi; ecco perché possiamo affermare senza tema di smentita che Maria Vingiani è stata una madre di tutte noi.
Non possiamo non evidenziare inoltre ciò che più emerge ai nostri occhi: Maria era una donna di fede autentica, animata da grande volontà, donna coraggiosa nonché preparata, che ha ascoltato e si è consegnata all’energia dello Spirito (Ruah) che l’ha chiamata al Compito che Dio aveva voluto assegnarle: profeta, dunque. Come tutte le donne attive nel dialogo ecumenico ed interreligioso, ha incontrato incrostazioni e sbarramenti che opponevano veti alle speranze del cammino; non erano differenti singole tradizioni a resistere al suo progetto, ma tradizionalismi, analoghi nella loro autoreferenzialità acritica e dimentica della saggezza originaria in ogni tradizione depositata. E non va dimenticato che i vertici delle istituzioni ecclesiastiche o i funzionari degli organismi preposti a questi ambiti erano allora (e ora) in mano maschile nella maggioranza dei casi.
Nell’intervista per i suoi novanta anni Maria ha detto: «Abbiamo vissuto anni di grande passione in cui bisognava sempre combattere, sperare, chiarire. Ogni volta c’erano battaglie da vincere, muri da far cadere, separazioni da trasformare in cammino di incontro, di riconciliazione». La Profeta dell’Unità dei cristiani e delle cristiane concepì l’urgenza improrogabile di un rammendo: ma l’unità di cui era invaghita non era fusione, omologazione, saldatura, né tanto meno unione in cui si perdono le differenze sotto l’egemonia di una, ma unità come comunione di differenze, dialoganti nello Spirito. Ella diede corpo così ad una intuizione assai viva anche nel mondo delle donne credenti: valorizzare le differenze senza tema che l’alterità possa minacciare i propri convincimenti radicati nella fede, ma aperti alla gioia/fatica dell’ascolto trasformante.
Congiuntamente a ciò, ma soprattutto inscindibile da ciò, Maria Vingiani ebbe a cuore la riconciliazione dei rapporti tra ebraismo e cristianesimo «Mi era ormai chiaro – scriverà – che l’unica vera grave lacerazione era alle origini del cristianesimo e che, per superare le successive divisioni tra i cristiani, bisognava ripartire insieme dalla riscoperta della comune radice biblica e dalla valorizzazione
dell’ebraismo».
Maria è stata quindi una donna, una laica, assai autorevole, che nei primi anni Cinquanta, quando l’attenzione al dialogo tra le religioni era quasi inesistente, gettò i semi; i germogli cominciarono a sbocciare.
Il SAE nacque al mondo all’inizio del 1963, e Maria lo ha presieduto fino al 1996. Dovevano essere chiare due cose: 1. Che si trattava di un movimento di ‘laici e laiche’, di cui nessuna struttura ecclesiastica poteva fare una propria appendice. 2. Che occorreva perseguire più ciò che accomuna che non ciò che divide: «Bisogna accentrarsi sulle cose che condividiamo» sottolineava Maria.
Siamo riconoscenti delle parole che di lei ha scritto un altro grande maestro dell’ecumenismo, Paolo Ricca, una delle figure più impegnate attualmente nel SAE: «È stata maestra di ecumenismo non solo nella chiesa cattolica, ma anche nella chiesa evangelica….Non c’è nessuno, né uomo né donna, che abbia contribuito tanto come lei alla nascita dell’ecumenismo. È lei che lo ha concepito, esattamente come si concepisce un figlio, lo si desidera, lo si fa nascere, lo si alleva amorevolmente, pazientemente e anche con una carica di amore unica, eccezionale, particolare, come appunto quella di Maria Vingiani».
Grande è la nostra gratitudine per te, Maria! Per fare memoria inesausta di lei, grazie delle vostre preghiere che si intrecciano con le nostre.
L’”Osservatorio”, gennaio 2020