LA PASSIONE DI UNA LAICA CREDENTE
LA PASSIONE DI UNA LAICA CREDENTE
Dopo l’impegno nella FUCI e nell’Azione Cattolica con Vittorio Bachelet, l’impegno nella rivista “Presbyteri”per tenere viva nel clero l’eredità del Concilio
Felice Scalia
Alla fine degli anni ’60, proprio quando per le strade di Roma sfilavano cortei e cortei di studenti diretti a Trastevere, verso il Ministero della Pubblica Istruzione, per puro caso, forse ad experimentum, fui invitato a prendere parte alla redazione della neonata rivista Presbyteri, frutto della fusione di tre testate di spiritualità pastorale. Ad invitarmi era stato P. Angelo Sferrazza, gesuita, professore di filosofia all’Istituto Ignatianum di Messina che era “erede” di una delle tre riviste-madri: Pietà sacerdotale di Cuneo. Quel “caso” e quella prova sporadica si sono trasformate in una delle pochissime cose che sono state decisive nella mia vita. Sono in Redazione ancora oggi e quasi come “decano” di quel prezioso laboratorio di spiritualità e di comunione sacerdotale, mi trovo a ricordare una delle più belle figure di donne e di cristiane serie incontrate nella mia lunga vita, Sitia Sassudelli.
Lei non c’era nella mia prima esperienza redazionale. Il gruppo era in massima parte maschile (un diacono permanente, ed una diecina tra preti e religiosi), anche se sporadicamente si affacciava il prezioso contributo di qualche religiosa (consacrata o aggregata ai Padri Venturini) e di alcune laiche. Chi sa perché non duravano a lungo. Ma un giorno (correvano i primi anni ‘80) apparve una figura maestosa, dal portamento nobile e gentile, era “la Sitia” nuova segretaria di Redazione. Fu molto più che una attentissima segretaria. Mi impressionava la sua saggezza, la sua fine intuizione femminile, la sua lungimiranza, il suo amore appassionato al Cristo, mai ostentato ma sempre insito negli interventi e nei contributi alla discussione dei vari argomenti spinosi in cui, impenitenti, ci cacciavamo.
Erano anni difficili quelli, di pieno regime di riflusso conciliare. La nostra rivista che tentava disperatamente di proporre le linee nuove del Concilio per un rinnovamento della spiritualità sacerdotale, doveva spesso fare i conti con larvati pronunciamenti ufficiali (o semi tali) tutt’altro che aperti al nuovo. A volte addirittura di esplicita marca anticonciliare. Unire fedeltà al Vangelo e lealtà verso la gerarchia, spingere il prete a camminare verso una pastorale che coniugasse la vita con la fede, insistere con cautela perché ogni realtà umana fosse illuminata dalla Parola di Dio, e di ogni sofferenza dell’umanità si facesse carico il pastore, tutto questo esigeva una estrema delicatezza di discernimento, insieme saggio ed aperto al nuovo della “Nuova Pentecoste”.
Mi pare di poter dire che la Sitia sia stata sempre modello e silenziosa artefice di questo piccolo miracolo redazionale. Le discussioni, nel loro insieme, erano libere, aperte, cordiali, pazienti, a volte animate, ma sempre autenticamente protese a trovare sintesi unitarie, proposte costruttive.
Mi resi conto della persona che avevo avuto la fortuna di incontrare quando scoprii con quale meraviglia Sitia aveva letto che Adista aveva ricordato i suoi anni di impegno nazionale in Azione Cattolica. Nulla sapevo della sua formazione “fucina”, nulla della sua carica all’Unione Donne di Azione Cattolica e poi della sua vice-presidenza nazionale assieme a Vittorio Bachelet negli anni tragici delle Brigate Rosse. Le conoscenze tra noi erano filtrate dai nostri interventi, mai – per quanto ricordi – da qualche sorta di dinamica di gruppo.
Se nei suoi impegni istituzionali Sitia veniva ricordata per l’instancabile cura per la vita associativa, per la limpida testimonianza umana, per l’intelligenza profonda e feconda, per il generoso, incessante e pensoso impegno a servizio della Chiesa, devo dire che le stesse doti ha profuso tra noi. Ci ha silenziosamente contagiato la sua avvertita necessità di assumere una “audacia evangelica” e di essere a un tempo “creativi e obbedienti”, gustando il “sapore e il tremore” della “responsabilità che unisce”. In altre parole ci ha regalato la freschezza della sua passione di laica credente, di innamorata del Cristo e delle cose che a Lui sono veramente care: l’uomo da liberare ed il Regno di Dio da annunziare e costruire.
Il mio ultimo incontro con la Sitia avvenne nel 2017, ma a Trento, dopo qualche anno del suo abbandono della redazione per seri motivi di salute. Andai apposta, per salutare lei ed un altro “grande” della redazione della mia prima ora: Don Vittorio Cristelli. La trovai malata, bisognosa di tante cure, ma un ultimo regalo me lo fece, non solo nell’accoglienza festosa ma soprattutto nel rivelarmi ancora una volta quanto fosse fine la sua intelligente capacità di lucida e bonaria ironia. Rispondere amabilmente a tono, sorridere di sé, sorridere della debolezza e fragilità umana, sorridere e mai irridere, forse è possibile a chi ha una fede che genera fiducia nel Padre tra le cui braccia tutto e tutti abbiamo un futuro di vita.
Felice Scalia