“LA VITA DI UN NERO VALE QUANTO LA VITA DI UN BIANCO”
Solo una visione?
“LA VITA DI UN NERO VALE QUANTO LA VITA DI UN BIANCO”
Una pesata eguale: il messaggio del mosaico che si trova sulla facciata del vecchio ospedale dei Trinitari sul Celio a Roma rivisitato dal critico d’arte come una lezione per oggi: “dopo ottocento anni in Italia non riusciamo ancora a capirlo”
Tomaso Montanari
28 gennaio 1193. Un giovane prete provenzale, Jean de Matha, celebra la sua prima messa. All’elevazione, i suoi occhi vedono oltre la realtà di questo mondo. O forse vedono fino in fondo la “scandalosa realtà di questo mondo”, per usare un’espressione di papa Francesco. Vede Cristo, in gloria, assiso sul trono. Che tiene per mano due uomini, in catene: uno bianco e uno nero.
Jean capì che doveva consacrare la vita a liberare gli schiavi che i pirati saraceni strappavano ai paesi costieri del Mediterraneo. Si precipitò a Roma, e chiese al papa di riconoscere la sua organizzazione, un ordine religioso intitolato alla Trinità. Innocenzo III lo trovò bizzarro, ma poi ebbe la stesa visione: ricevette Jean, lo abbracciò, gli offrì ogni aiuto. Doveva essere un papa visionario: pochi anni dopo sognerà la Basilica del Laterano sul punto di crollare, sostenuta solo da un fraticello scalzo. Era Francesco d’Assisi, che venne a Roma a fargli la stessa domanda di Jean de Matha, diventando amico di quest’ultimo.
Nel 1199 Jean era già nel Maghreb, a firmare con l’emiro un accordo per lo scambio degli schiavi: nella loro storia secolare, i trinitari libereranno oltre novantamila schiavi – tra i quali Miguel de Cervantes, il visionario autore del Chisciotte.
Il papa dette a Jean anche una casa, una chiesa e un ospedale sul Celio, tra le rovine di un acquedotto imperiale: San Tommaso in Formis. E, nel 1210, sulla facciata di quella chiesa alcuni artisti (forse le maestranze siciliane, esperte nell’arte bizantina del mosaico, a Roma per lavorare a San Pietro) rappresentarono la visione: sì, proprio quella.
Ma cosa aveva visto, davvero, Jean – e dunque cosa vediamo noi in quelle antiche tessere colorate? Gli agiografi vi lessero il suggerimento di scambiare i prigionieri neri dei cristiani con i prigionieri bianchi dei musulmani. Una vita per una vita: alla pari.
In effetti, da allora e fino a oggi i romani e i pellegrini di tutto il mondo vedono in quel superbo mosaico Gesù che tiene per mano, con lo stesso amore e con la stessa cura, due uomini: uno bianco e uno nero. Il messaggio è chiaro: ai suoi occhi quelle vite hanno lo stesso valore. Anzi, questo grande Cristo sembra proprio una bilancia che sostiene e soppesa con i suoi bracci due uomini, che risultano avere – letteralmente – lo stesso peso.
Era la verità: e dunque uno scandalo, un’affermazione eversiva, una rivelazione dirompente. La vita di un nero vale quanto la vita di un bianco: dopo ottocento anni, in Italia non riusciamo ancora a capirlo.
Tomaso Montanari
(da “L’ora d’arte”, Einaudi, 2019, pp. 20-21)
Tomaso Montanari insegna storia dell’arte moderna, tiene la rubrica “Ora d’arte” sul “Venerdì di Repubblica, ed è un leader politico.
Il mosaico col “segno” dell’Ordine della Santissima Trinità e degli schiavi si trova sulla facciata del vecchio ospedale dei Trinitari sul Celio, in via della Navicella 4, accanto alla chiesa di san Tommaso in Formis.