L’EUROPA DENUNCIATA PER GENOCIDIO
L’EUROPA DENUNCIATA PER GENOCIDIO
Il sindaco di Palermo, dando il loro nome alle cose, accusa di genocidio gli Stati che mandano a morire i migranti, respinge la distinzione tra profughi economici e politici, chiede l’abolizione del permesso di soggiorno. La Carta dei diritti di Palermo afferma il diritto universale alla mobilità umana non solo dei capitali e delle merci
Leoluca Orlando
Continua l’intreccio perverso tra genocidio e business. L’Europa (come Alice) ogni tanto si sveglia dal proprio sonno criminale e scopre quello che sta accadendo: una vera e propria strage degli innocenti che è frutto di un sistema europeo criminogeno che aumenta la criminalità organizzata in danno dei diritti degli esseri umani, dimenticando che il finanziamento dei dittatori – ieri in Turchia, oggi in Libia – produce soltanto un incentivo al business criminale, e dimenticando che l’Europa è responsabile di un vero e proprio genocidio. Io voglio provare ad essere preciso quando faccio l’accusa di genocidio, perché la faccio essendo giurista; non mi riferisco alla distinzione tra i migranti economici e i richiedenti asilo, cui io non consento, che non accetto, che considero un enorme errore; è l’Europa che dice che bisogna distinguere i migranti economici, che possono pure morire – vergogna! – mentre dice che bisogna garantire il diritto all’asilo, ad esempio di chi viene dalla Siria o da altri luoghi di guerra riconosciuti internazionalmente. Ebbene l’Europa in base alla propria legislazione riconosce il diritto all’asilo dei siriani però poi non li mette in condizione di raggiungere il continente in maniera umana e normale, li costringe a vendersi a mercenari di morte, a pagare 5 o 6.000 dollari quando potrebbero viaggiare in business, in aereo, atterrando a Berlino piuttosto che a Madrid, a Roma piuttosto che ad Amsterdam, senza morire, senza finanziare il crimine, senza dover scegliere sui barconi tra la propria vita e la vita del vicino trasformandosi da vittime in criminali essi stessi. Io credo che questa è materia sufficiente perché si faccia un processo penale. Io presenterò denuncia alla procura della Repubblica di Palermo e la presenterò nei confronti di questo ignobile mercato che riguarda gli Stati europei, dell’Unione Europea. Poi sarà la procura della Repubblica di Palermo a decidere quale sia l’organo giudiziario competente. Bisogna smetterla con questo genocidio che ci farà vergognare di essere europei.
(Per quanto riguarda i flussi) noi siamo per abolire il permesso di soggiorno, senza se e senza ma, perché la mobilità internazionale è un diritto umano inalienabile. Certo, se un villaggio decide di accogliere tutti forse non riesce a contenerli tutti, ma la ricca Europa di 500 o 600 milioni di abitanti, di 27 – 28 Stati, non potrebbe accogliere i migranti piuttosto che farli morire per mare, consegnare nelle mani dei criminali? Basterebbe mettersi attorno a un tavolo e partire da un punto fondamentale: che i migranti sono persone umane, i nostri fratelli, le nostre sorelle, i nostri amici, i nostri vicini di casa, persone umane esattamente come noi. Se partiamo da questo principio ci rendiamo conto della vergogna che dovremmo subire quando ai nostri nipoti non sapremo dare la risposta quando ci chiederanno: perché siete stati complici di questo genocidio?
(intervista del 15 ottobre a Sky TV 24)
CARTA DI PALERMO 2015
Dalla migrazione come sofferenza alla mobilità come diritto umano inalienabile
La città di Palermo aveva adottato nel 2015 una Carta dei diritti del migrante, in cui si poteva leggere quanto segue:
È tempo che l’Unione Europea promuova l’abolizione del permesso di soggiorno per tutti coloro che migrano, riaffermando la libertà di circolazione delle persone, oltre che dei capitali e delle merci, nel mondo globalizzato. Deve partire proprio dall’Europa una forte sollecitazione alla comunità mondiale per il riconoscimento della mobilità di tutti gli esseri umani come un diritto, su scala globale e non soltanto all’interno dello spazio Schengen. È evidente che tutto ciò comporti adeguatezza di modalità e di tempi. È parimenti evidente, però, che è necessario agire sin da subito “come se ” la mobilità fosse un diritto umano inalienabile. Ciò comporta, nel concreto e nel quotidiano, l’attuazione di norme e di modelli organizzativi radicalmente diversi dagli attuali; evitando di considerare (come oggi si fa con logiche emergenziali) il migrante un pericolo in sé, rassegnandosi alla migrazione come sofferenza, con l’alibi della sicurezza che copre razzismi, egoismi, torture e colonialismi del terzo millennio. La migrazione non può dunque essere considerata come un problema di frontiere, di identità culturale e religiosa, di politica sociale e di accesso al mercato del lavoro. Si deve uscire dalla logica e dalle politiche dell’emergenza che durano ormai da decenni. La mobilità umana costituisce un fattore strutturale della nostra società e non una questione di sicurezza. Occorre liberalizzare questa mobilità umana e valorizzarla come una risorsa e non come un onere aggiuntivo per i paesi di destinazione. Nel nostro paese si tratta di dare concreta attuazione agli articoli 2 e 3 della Costituzione, rendendo effettivi i diritti fondamentali della persona e rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione. Si deve anche prendere atto dell’arrivo di un numero crescente di richiedenti protezione internazionale o umanitaria e di una notevole mobilità di quanti, già soggiornanti nei diversi paesi dell’area Schengen, ed in particolare in Italia, desiderano spostarsi verso quegli stati nei quali si possono ancora individuare migliori possibilità di occupazione e livelli soddisfacenti di welfare. Nel tempo della crisi si diffonde il pregiudizio che gli “stranieri” sarebbero responsabili dell’aggravamento dei problemi che affliggono gli strati meno abbienti della popolazione. Eppure gli immigrati non hanno certo scelto il luogo dove nascere e sempre più spesso non sono partiti per migliorare la propria posizione, ma solo per difendere il loro diritto alla vita. Anche in questo caso va data piena attuazione al dettato costituzionale che all’art. 10 riconosce il diritto di asilo a tutti coloro che sono costretti a fuggire da paesi nei quali non sono garantiti i diritti fondamentali. 3 Di fronte alle reazioni difensive che caratterizzano sempre di più la nostra società occorre reagire con politiche e con prassi applicate dagli organi istituzionali che favoriscano la conoscenza reciproca, la parità di trattamento, la partecipazione democratica. Sono questi i veri fattori che possono garantire maggiore sicurezza. L’accesso effettivo dei migranti ai diritti fondamentali della persona, a partire dai diritti alla residenza ed alla circolazione, appare un obiettivo ineludibile che va perseguito con interventi multilivello, non solo a livello europeo e nazionale, ma anche con il concorso degli enti locali e delle organizzazioni non governative per garantire una coesistenza pacifica ed una valorizzazione delle differenze culturali, come una risorsa. La punta dell’orizzonte è pertanto il passaggio dalla migrazione come sofferenza alla mobilità come diritto umano.