NON ABBIAMO BISOGNO
NON ABBIAMO BISOGNO
Care Amiche ed Amici,
noi non abbiamo bisogno di un partito cattolico. Noi abbiamo bisogno di un’umanità convertita. Non: “già” convertita, bensì capace di convertirsi e che, coi suoi tempi, si converta. Perché la scure è già posta alla radice dell’albero. Non ce lo dicono i profeti di sventura che annunciano eventi sempre infausti. Essi hanno torto, grandissimo torto, la vita e la storia sono piene di felicissimi eventi, per questo ci teniamo, le vorremmo salvare, tutte e due, la nostra e quella di tutti. Ma lo dicono gli scienziati, che rischiamo la fine, lo stanno dicendo da decenni, da quando nessuno ancora ci credeva e pubblicarono, su incarico del Club di Roma, un rapporto intitolato “I limiti dello sviluppo”. Adesso tutti lo sanno, l’idea di un precipizio incontrollato è entrata nel senso comune, benché oscuramente e benché, per non morirne, sia in gran parte rimossa; ma non oscuramente e senza sconti se ne è fatto eco il papa in una lettera insolitamente indirizzata a tutti gli abitanti del pianeta. E lo sanno anche coloro che sono considerati i governanti delle nazioni e i capi che le opprimono; e se non fanno niente per fermare la scure non è perché non sia vero, tant’è che fanno summit su summit per discuterne, ma perché a provvedervi non ci vedono un tornaconto e vogliono sfruttare l’albero finché sta in piedi.
Non abbiamo bisogno di un partito cattolico e abbiamo bisogno invece di un ritorno della politica, di un ritorno alla politica. Lo ha detto anche il cardinale Bassetti, da una Chiesa italiana che da tempo era in sonno, e ora forse si sveglia.
Non che qualcuno non ci pensi e non ci provi. Hanno provato a rifare la Democrazia Cristiana, hanno ottenuto dal giudice la pronuncia che la DC non era mai stata sciolta, che giuridicamente ne potevano disporre quelli che vi erano iscritti nel 1992, ne hanno recuperato il simbolo completo di scudo crociato e perfino la storica sede di piazza del Gesù, hanno convocato un congresso e ristampato le tessere. Ma non c’è niente da fare, lasciate che i morti seppelliscano i morti. Il principale promotore, Gianni Fontana, si è accorto che tra questi fantasmi prevalevano quelli che ne volevano fare la componente cristiana della destra, per contrastare i “populismi” (loro, gli ex “popolari”), e si è autosospeso dalla carica, ha dichiarato il fallimento.
Avvertiti da questa sconfitta, altri esponenti, preti e laici, tuttora ci provano, vogliono fare un partito che si chiama “Insieme”: insieme agli altri cattolici, “democratici” però. Essi pensano a una “convergenza cristiana” numero 3 (dopo la prima, che fu l’Opera dei Congressi del patto Gentiloni, dopo la seconda, che fu il Partito Popolare intransigente e la Democrazia Cristiana interclassista, questa sarebbe la terza, che dovrebbe rimediare ai guasti della seconda Repubblica, mettersi sotto il manto azzurro della Vergine Maria, restaurare la dottrina sociale cristiana e il diritto naturale e, se non oggi, vincere domani). Ma la dottrina sociale cristiana mai fu al governo, se in essa si include non solo il blando interclassismo di Leone XIII, ma la feroce critica al capitalismo finanziario che ai tempi del fascismo fece Pio XI nella “Quadragesimo Anno”.
Si capisce però che ci provino. Hanno provato i comunisti a rifare il partito comunista e, mai superando la linea del loro orizzonte, hanno fallito e falliscono. Ci provano a fare una ex DC, una Democrazia cristiana emerita, e falliscono. Provano a fare un nuovo partito “a forte ispirazione cristiana, un partito di centro protagonista della rinascita italiana ma nella discontinuità dal triste ed opaco passato ventennio”, e falliscono perché la DC, comunque rivangata non ha e non può più avere quella cosa che imparò dai comunisti ed esercitò per quarant’anni nella vita politica italiana: l’egemonia. La quale vuol dire anzitutto accorgersi degli altri, mediare con le culture e le ragioni degli altri.
Ma soprattutto non può darsi un partito cattolico, residuo della vecchia Cristianità, perché prima che l’albero caschi occorre affrontare problemi sconosciuti ad altre età, riguardo a cui un partito cattolico non ha alcun precedente, alcuna esperienza, alcun know how nei vecchi magazzini. Se i problemi di oggi, come instancabilmente avverte papa Francesco, sono i popoli frantumati, la guerra mondiale nascosta, artificialmente tenuta in piedi dalla produzione e dal commercio delle armi, se i problemi sono la società dell’esclusione, l’economia che uccide, la globalizzazione dell’indifferenza, l’ideologia dello scarto di esuberi, disoccupati, anziani, profughi, migranti, la persistente disparità tra uomo e donna e quella tra cittadino e straniero, allora ci vuole ben altro che un partito cattolico. Ci vogliono soggetti politici nuovi, non identitari, non separati, non confessionali, internazionalisti e a vocazione universale, però credenti che un mondo è possibile. Non solo che un altro mondo è possibile, ma che questo mondo è possibile, lo si può raddrizzare.
Se tutta la predicazione di papa Francesco andasse a finire nell’imbuto di un partito a ispirazione cristiana, sarebbe il suo punto di caduta più arretrato. Invano egli avrebbe parlato ai movimenti popolari esortandoli a lottare contro l’ingiustizia, per la terra la casa e il lavoro, invano avrebbe chiesto di attivare processi, non occupare spazi, invano avrebbe invitato a preferire l’unità al conflitto, il tutto alla parte, invano avrebbe esortato a stare attaccati alla realtà, non al mito, invano avrebbe chiesto conto all’Europa non delle sue radici ma del servizio da rendere nell’incontro con altri popoli e culture, invano avrebbe detto amate lo straniero, aprite le porte e i porti ai naufraghi e ai migranti, salvate la Siria, ossia ogni terra a cominciare dalla più povera e violentata. Che è poi quello che abbiamo chiamato “fare il tagliando” al nuovo millennio appena iniziato, su cui si intratterrà la prossima assemblea di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”.
Questo vuol dire che l’umanità si converta. Dal più piccolo al più grande, ognuno mettendo fuori le sue risorse, le sue cassette degli attrezzi, ognuno facendo, con gli altri, la politica del mondo. Non per ricavarne un potere. La politica non è solo il potere o fatta mediante il potere. Possono esservi partiti della società, non dello Stato, che anche se maggioritari non esercitino il potere, che decidano temporanee o permanenti astensioni dal potere, per meglio ispirare e vigilare e guidare il cambiamento. Possono esservi strumenti di nuova invenzione o, come dice il cardinale Bassetti, scuole, luoghi di confronto che nascano dal basso, come ad esempio una rete di associazioni civiche in cui scambiare “buone pratiche” e valorizzare i talenti inutilizzati; insomma, assicura Bassetti rievocando precedenti infelici tentativi, nessuna “Todi 3 o 4 all’orizzonte né tanto meno il progetto di un partito di cattolici sponsorizzato dalla CEI”.
E dove andrebbe, se no, la laicità? La strada è un’altra: partire dall’agenda delle cose da fare, e vedere poi con chi si possono fare e come farle.
Non sappiamo dunque che cosa potrà esserci, nessuno lo sa quando veramente in terra ignota ci si mette in cammino, seguendo una stella. Ma occorre mettersi in cammino.
Nel sito “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” è pubblicato l’appello del cardinale Bassetti pubblicato sull’ “Avvenire” dell’8 dicembre e l’intervista resa il 17 dicembre al “Fatto quotidiano”.
Con i più cordiali saluti
www.
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RicEVIAMO E PUBBLICHIAMO:
Un amico mi ha inoltrato un articolo pubblicato sulla Newsletter n.127 del 19 dicembre 2018 di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” intitolato “Non abbiamo bisogno”. Sostiene che non c’è bisogno nè di un partito di cattolici e neppure di un partito di ispirazione cristiana. E’ una tesi dominante da quando la Democrazia Cristiana si dissolse come grande partito di ispirazione cristiana. Anche le guide della comunità ecclesiale italiana erano di questa idea: basta l’unità sui valori, si sentiva dire. E ricordo le riunioni di parlamentari cattolici organizzate dall’on. Fronza Crepaz, del Movimento dei Focolari, proprio per mantenere l’unità sui valori nella situazione di diaspora dei politici cattolici, collocati in partiti di opposte coalizioni. Era stato il Concilio (Gaudium et Spes) ed enunciare il principio per cui l’unità della fede non obbligava all’unità nella politica e già la DC non era il partito dei cattolici, ma un partito di cattolici, laico di ispirazione cristiana.
Come mai nel Notiziario in questione si sente il bisogno di insistere sulla tesi che non ci sia bisogno di un partito di cattolici o, in un’altra parte del testo, di un partito di ispirazione cristiana? Evidentemente perché è cominciata ad emergere tra laici cattolici e nell’episcopato italiano l’idea che l’irrilevanza politica dei cattolici di questi anni poteva consigliare di rivedere la tesi ultraventennale che bastava l’unità nei valori, per camminare, invece, verso strumenti più incisivi di azione politica. Dall’affermazione di Paolo VI che l’impegno politico è un’alta forma di carità si è passati a riconsiderare la situazione, per vedere se non facesse parte di una carità efficace la ricerca di forme organizzative più incisive di praticarla. E così sono nate iniziative per individuare tali forme più incisive.
L’articolo del Notiziario afferma che si debbano cercare nuove modalità di impegno politico che non partano da identità, ma da passione politica per affrontare problemi che sono di tutti, quello ambientale, quello delle conseguenze negative della globalizzazione, e altri ancora. La conferma di questa tesi si troverebbe nei fallimenti dei tentativi di costruire un partito politico di ispirazione cristiana e porta l’attenzione al processo in corso di rianimare la Democrazia Cristiana, ibernata per quasi un quarto di secolo. Sono tra quelli che si è impegnato, da vecchio socio della DC nell’ultimo anno nel quale si è avuto il tesseramento in tutta Italia (1992), a ricostituirne gli organi, in modo da poter aprire ora, secondo Statuto, le iscrizioni a coloro che ritengono utile in Italia un partito di ispirazione cristiana. Le iscrizioni si sono aperte da poco ed è non solo ingeneroso, ma fuorviante, pronunciare una sentenza di fallimento, non sulla base delle adesioni, ma di un’autosopensione del neo Presidente del Consiglio Nazionale, on. Gianni Fontana, prima dichiarata, poi negata continuando a presiedere la riunione del Consiglio Nazionale e poi ridicharata a un giornalista. La riattivazione della DC non avrà un buon risultato se una persona, per quanto autorevole, ne sarà o meno partecipe, ma se verrà riconosciuta come positiva da cittadini che ritengono utile all’efficacia della “carità politica” un partito di ispirazione cristiana, godendo tra l’altro la Dc di una storia e di una tradizione di uomini e cristiani eccelsi, a cominciare da Sturzo e Degasperi. Aspetti, quindi, almeno qualche mese, l’articolista, prima di pronunciare fallimenti.
Vorrei infine invitare l’articolista a riflettere su un punto: se è vero che su molte sfide cruciali per l’umanità di oggi è pensabile trovare convergenze che possono fare a meno di un partito che fonda la propria identità di ispirazione sul pensiero sociale cristiano, può dire altrettanto per un’altra delle sfide epocali, che l’articolista non menziona, e che si può riassumere nella “questione antropologica”? Gli sviluppi nel campo della genetica, della cura di malati gravi mettono alla prova la capacità dell’uomo di governare eticamente tali potenzialità tecniche. La possibilità di disgiungere procreazione e unione sessuale di uomo e donna e la crescita di individualismo egocentrico nelle relazioni di coppia mettono a grave rischio la stabilità della famiglia come ambito umano più adatto a una crescita delle nuove generazioni. Da una vita, ormai, con conferme evidenti nelle mie tre legislature da parlamentare, ho maturato la convinzione che affrontare questa sfida antropologica (concezione dell’uomo e di sessualità e famiglia) sia irrealistico senza impegnare i cristiani che in merito hanno maturato convinzioni profonde, non solo sulla base di dogmi di fede e di morale, ma anche di laica concezione dell’uomo e della famiglia. Danneggia l’affronto di questa e di altre sfide, citate dall’articolista, se si riattiverà un partito di esplicita e prevalente ispirazione cristiana, meglio se in continuità storica con un’esperienza ormai centenaria? Arduo sostenerlo, come sostenere che sia inutile; più facile che, invece, ciò sia di aiuto. Il non affronto adeguato di queste sfide negli ultimi decenni dovrebbe rendere prudenti nel sostenere che di un tale partito non si sente bisogno.
Cordiali saluti,
Renzo Gubert (già parlamentare, professore di sociologia all’Università di Trento)