NON C’È ALCUN PROGETTO DI UN PARTITO SPONSORIZZATO DALLA CEI
Il cardinale Bassetti
NON C’È ALCUN PROGETTO DI UN PARTITO SPONSORIZZATO DALLA CEI
La Chiesa non è un partito, ma è auspicabile un impegno responsabile e “martiriale”dei cattolici in politica. Non fare leggi contro i migranti che bussano alle nostre porte. Il dialogo della Chiesa col governo gialloverde. L’incontro dei vescovi del Mediterraneo a Bari
Pubblichiamo stralci dell’intervista di Giacomo Gambassi al cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, pubblicata sul quotidiano “Avvenire” l’8 dicembre scorso.
Qualcuno sostiene che la Cei sia all’opposizione dell’attuale governo gialloverde.
La Chiesa italiana parla e dialoga con tutti. Perché è una comunità di fedeli in Cristo e non certo un partito politico. Quindi non può stare all’opposizione di alcun governo. Oggi come in passato siamo “voce critica” ma al tempo stesso accogliamo le iniziative che riteniamo opportune e che sono a favore del bene comune. Tutto ciò che viene fatto concretamente per l’Italia, per i poveri, per la famiglia, per i giovani e per il lavoro ha sempre il nostro incoraggiamento. Ovviamente non bisogna cercare scorciatoie demagogiche o alimentare aspettative illusorie. Soprattutto non bisogna soffiare sul fuoco del conflitto sociale e occorre affrontare in positivo le questioni dei migranti e dell’Europa.
L’Italia è in rotta con l’Europa?
Penso e spero di no. Ho letto alcune dichiarazioni apprezzabili del presidente del Consiglio Conte. D’altra parte il rapporto tra il nostro Paese e l’Europa è stato sempre un rapporto intenso. Un legame antico e fecondo, prima di tutto religioso-culturale e più recentemente politico. Rinnegare l’Europa significa rinnegare noi stessi e le nostre radici cristiane. Proprio per questo, però, l’Unione Europea non può ridursi a parametri, bilanci, decisioni varate a tavolino. Deve essere accanto alla gente, favorire la condivisione, la fraternità sociale, sostenere chi è in difficoltà.
La Chiesa italiana è in prima linea nell’accoglienza dei profughi ed è intervenuta anche quando le navi sono state lasciate in mare o bloccate in porto.
Non mi stancherò mai di ripeterlo: la Chiesa cattolica, da sempre, si prende cura dei poveri, degli “scarti” e degli ultimi. I poveri, anche quelli forestieri di cui non sappiamo nulla, appartengono alla Chiesa «per diritto evangelico» come disse Paolo VI. Ed è in virtù di questo «diritto evangelico» che la Chiesa italiana si muove con cura e compassione verso coloro che scappano dalla povertà, da guerre, carestie, fame, persecuzioni. Perché accogliere un profugo significa salvare una vita. Pertanto in nome del Vangelo chiediamo di non porre ostacoli, anche di natura legislativa, all’accoglienza e al primo aiuto dei migranti che bussano alle nostre porte o che giungono nelle nostre coste, magari salvati in mezzo al mare. Aggiungo che l’accoglienza va fatta con carità, grande responsabilità e, come ha sottolineato il Papa, secondo le possibilità effettive che possono essere garantite. Mi dicevano alcuni vescovi africani durante il Sinodo sui giovani che le continue partenze svuotano i loro Paesi di molte potenzialità. Per questo motivo vanno incentivate, e non ridotte, le forme di cooperazione internazionale. Un orizzonte che la Cei ha ben chiaro da molto tempo, come testimonia il progetto “Liberi di partire, liberi di restare”.
Il fenomeno migratorio sarà anche all’ordine del giorno dell’Incontro di riflessione e di spiritualità per la pace nel Mediterraneo che si terrà nel novembre 2019 a Bari. Perché lo ha voluto?
È un progetto che coltivo fin da quando sono stato nominato presidente della Cei e che è stato fatto proprio dai confratelli vescovi. Il Papa ha accolto il nostro progetto di radunare in Italia i vescovi dei Paesi che si affacciano sul grande mare per pregare insieme e per confrontarci su angosce e speranze delle nostre genti. Da prete fiorentino mi sono ispirato alla visione profetica di Giorgio La Pira che proprio 60 anni fa aveva voluto i Colloqui mediterranei e che era solito definire il Mediterraneo come una sorta di «grande lago di Tiberiade» che accomunava la «triplice famiglia di Abramo». Si tratta di un incontro unico nel suo genere perché non sarà certo un summit politico e neanche un convegno di intellettuali. Ma sarà un incontro di vescovi che provengono da tre continenti diversi: Europa, Asia e Africa.
Quali temi in agenda per l’Incontro del prossimo anno?
Davanti agli occhi, e soprattutto nel cuore, abbiamo le tante situazioni di estrema instabilità politica e di forte criticità dal punto di vista umanitario. Dalla Libia alla Siria, dall’Iraq a Israele, solo per esemplificare, il Mediterraneo è teatro di conflitti e tragedie, di scelte disperate e di minacce. Fra le emergenze c’è anche quella migratoria. Osserviamo con viva apprensione un fenomeno che vede migliaia di persone fuggire dalle regioni povere dell’Africa, affrontare in condizioni indicibili la traversata del deserto, per finire profughi in mare e spesso morirci. Di fronte a uno scenario così preoccupante, il mondo politico e le organizzazioni internazionali sembrano incapaci di ricercare soluzioni adeguate. Allora mi sono posto il problema di che cosa possa fare la Chiesa per difendere il bene prezioso e fragile della pace e per proteggere ovunque la dignità umana, sempre più calpestata. Incontrando uomini di cultura, vescovi, politici attenti e studiosi, abbiamo maturato la convinzione di un segno forte che la Chiesa debba lanciare per tentare di fermare la violenza e riportare tutti al bene della riflessione e della pacifica soluzione delle controversie.
Ha citato La Pira. È possibile rilanciare la presenza dei cattolici sulla scena politica?
È auspicabile un impegno concreto e responsabile dei cattolici in politica. Ma è un impegno che spetta senza dubbio ai laici. Laici che, però, non solo devono essere adeguatamente formati nella fede, ma sono chiamati ad assumere come bussola dei loro comportamenti quella «visione martiriale» della politica evocata da papa Francesco. La politica per i cristiani non è il luogo per fare soldi o per avere il potere. È all’opposto il luogo del servizio, di chi non si lascia corrompere e del «martirio quotidiano». Come pastore ho il dovere di ricordare e suggerire ai laici di servirsi di quel tesoro prezioso che è la Dottrina sociale della Chiesa. Un tesoro a disposizione dell’umanità intera, ma che non è ancora stato compreso appieno. Se fosse stato veramente recepito, avremmo superato quella sterile divisione del passato tra i cosiddetti “cattolici del sociale” e i “cattolici della morale”. Dobbiamo tornare all’unità del messaggio evangelico e capire fino in fondo che la difesa della vita e della famiglia è collegata inscindibilmente con la cura dei poveri, degli ultimi e degli scarti della società.
Allora come comportarsi?
Ci sono già tantissime esperienze sul territorio a livello associativo o anche singole esperienze. Ricevo continuamente lettere di incontri, anche piccoli, di uomini e donne di buona volontà che hanno a cuore il bene comune della propria città, provincia o regione. Esperienze che forse andrebbero messe in rete in una sorta di Forum civico. Occorrono giovani laici cattolici, trentenni e quarantenni, che sappiano cucire reti di solidarietà e di cura. E che soprattutto sappiano essere il sale della terra. Sappiano cioè parlare e dialogare con tutti coloro – senza distinzione di fede e cultura – che hanno veramente a cuore il futuro dell’Italia e dell’Europa. Senza creare nuovi ghetti e nuovi muri.
Nessuna Todi 3 o 4 all’orizzonte
Pubblichiamo l’intervista di Carlo Tecce al cardinale Bassetti pubblicata il 17 dicembre su “Il fatto quotidiano”
Ci sono varie formule in campo: scuola di formazione o forum civico, associazioni laiche o gruppi di cittadini, oggi la Chiesa ha bisogno di un nuovo impegno dei cattolici in politica, perché?
La Chiesa italiana non cerca risposte per un suo bisogno, ma incoraggia il laicato a riscoprire la politica come una vocazione, cioè come un “impegno di umanità e santità” a servizio del proprio
Paese. Questa Italia così fragile e smarrita, a causa della globalizzazione e di una gravissima crisi economica che ancora fa sentire i suoi effetti, ha bisogno di ritrovare se stessa. Ha bisogno, cioè, di
persone di buone volontà che rammendino il tessuto sociale del Paese che oggi appare sfibrato. Ma anche di competenze che possono essere sviluppate nelle scuole di dottrina sociale. E infine di
luoghi di confronto che nascano dal basso, come potrebbe essere una rete di associazioni civiche, in cui si possano scambiare buone pratiche e dove poter valorizzare tutti quei “talenti” inutilizzati,
soprattutto giovani, che sono ben presenti nel Paese. Insomma, mettersi al servizio del bene comune per cercare di superare i limiti storici dell’Italia e per allontanare i fantasmi pericolosi del rancore sociale e della xenofobia. Da questo punto di vista, i cattolici hanno moltissimo da offrire al Paese.
Quindi non ci sarà spazio per un nuovo partito dei cattolici?
Per quello che mi riguarda non c’è alcuna Todi 3 o 4 all’orizzonte, né tantomeno il progetto di un partito di cattolici sponsorizzato dalla Cei. Ci sono, però, due forti esortazioni al laicato cattolico:
innanzitutto, occorre riaffermare con forza l’unità del messaggio evangelico ben presente nel magistero sociale della Chiesa cattolica. Per capirci: non si può difendere la famiglia e la vita
nascente, dimenticandosi dei poveri e dei migranti fino a sviluppare, in alcuni casi, un sentimento xenofobo; al tempo stesso, non ci si può impegnare per i poveri e i migranti e poi essere a favore
dell’utero in affitto o dell’industria della vita che mercifica il corpo umano. La dignità della persona umana è incalpestabile e va difesa sempre, in ogni circostanza. In secondo luogo, c’è un grande
invito ad assumersi delle responsabilità. I cattolici sono tra i cosiddetti “soci fondatori” della Repubblica italiana. Oggi, in questo delicato passaggio d’epoca, non possono non dare il proprio
contributo per la difesa e lo sviluppo dell’Italia. Le forme, le modalità e i tempi spettano a quella parte del laicato che ben conosce la dottrina sociale e che può svilupparla adattandola all’oggi e
all’Italia.
Lei, cardinale, spinge molto per queste iniziative dal basso che potrebbero avere il suo sostegno e quello della Cei: cosa ne pensano Papa Francesco e il segretario di Stato Pietro Parolin?
Sono in profonda comunione con il Papa e il cardinal Parolin. E ci sono due bussole da cui traggo ispirazione: il capitolo 25 di Matteo e l’Evangelii gaudium. In particolare c’è una frase di Francesco che trovo di grande importanza: è necessario “iniziare processi più che di possedere spazi”. Questo è lo snodo decisivo. Le mie parole si collocano dunque all’inizio di un processo e sono un invito paterno al laicato cattolico a sforzarsi di cercare il bene comune senza essere “ossessionati dal potere” come ha detto Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze. Piuttosto bisogna chiedersi perché di fronte a queste parole così semplici, persino ovvie, che fanno parte della tradizione cristiana, ci sono coloro che si affannano ad accusare la Chiesa di fantomatici business e misteriosi complotti che esistono solo nella testa di chi ne parla.
In questa Italia che banalmente potremmo definire post ideologica, la voce della Chiesa si sente poco, anche quando viene alzata.
Perché viviamo in un mondo profondamente secolarizzato, individualizzato e nichilista. Un mondo sordo dove anche il martirio non fa notizia. Un cristiano ucciso in Siria? È sangue in un mondo
assuefatto al sangue. Oggi sembrano far notizia il potere e i soldi, lo scandalo e il sesso, i grandi avvenimenti mediatici e sportivi. Eppure la Chiesa parla molto e in modi diversi. A volte senza
aprire bocca con le sue tantissime opere di carità. Altre volte parla per bocca dei suoi sacerdoti, delle suore e del laicato. Senza dubbio, c’è una grande sfida per la Chiesa: suonare un’unica
sinfonia comprensibile al mondo d’oggi.
Tornare a impegnarsi in politica può aiutare ad avvicinare la gente alle chiese sempre più vuote?
Sono due cose temporalmente diverse. Prima di tutto viene l’annuncio del Vangelo. Un annuncio che, come ha scritto papa Francesco, deve riuscire ad esprimere con gioia “l’amore salvifico di Dio” senza imporre fardelli pesanti sulle spalle delle persone e senza ridurre la predicazione ad una dottrina filosofica. L’impegno politico è frutto, invece, di una fede matura. E soprattutto non è per tutti, ma spetta a quei laici che sono adeguatamene formati e sentono la politica come grande missione civile.
Chi sono i vostri interlocutori al governo?
Tutti coloro che vogliono parlare con noi: abbiamo sempre la porta aperta. Non abbiamo alcun problema a dialogare con il governo, com’è accaduto, per esempio, per la nave Diciotti.
Ha mai incontrato Conte, Di Maio, Salvini o ha mai parlato con loro?
Il premier Conte e il ministro Salvini li ho conosciuti. E devo dire che sono stati incontri cordiali e piacevoli. Ricordo che con il presidente del Consiglio parlammo persino di San Pio da Pietralcina e con il ministro dell’Interno dei suoi figli. Non ho ancora avuto il piacere di incontrare il ministro Di Maio, solo per una questione di impegni.
Esiste oggi un partito in sintonia con le idee cattoliche?
Esistono diverse sensibilità politiche, in comunione con il magistero sociale della Chiesa, che sono presenti in alcuni partiti. Il rischio, però, rimane l’unità del messaggio evangelico, che ne esce
compromessa ogni volta che si pretende non solo di privilegiare, ma anche di contrapporre alcuni valori ad altri. Anche in politica, inoltre, serve una testimonianza autentica e una forte resistenza
alla mondanità. A tutti quanti vorrei sommessamente ricordare che la Chiesa non si compra per 30 denari.
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Caro e stimato Raniero
Ho letto le due interviste al Card. Bassetti. vorrei essere d’accordo con ogni sua parola. Anche a proposito dell’inattualità di un partito cattolico. Dalla storia del 900 traggo due insegnamenti, opposti, l’aventino facilito’ l’avvento del fascismo mentre la ricostruzione del dopoguerra e’ stata guidata dalla DC. Come dire, meglio una presenza difettosa che un’assenza di partito cattolico.
Tuttavia, concordo che non é più tempo di DC ma URGONO comunque partiti politici che siano a servizio di una visione a medio-lungo termine. La sostituzione dei partiti politici con leaders carismatici (SB, MR, MS) non è la soluzione. Ed in passato è stata persino tragica (BM e AH).
L’insegnamento sociale della Chiesa dovrebbe dire qualcosa anche sulla democrazia e sugli strumenti istituzionali che concretamente ne garantiscono la vitalità.
le reti di buone pratiche dal basso non sono sufficienti per gestire un Paese nel mondo globale di oggi. Sul campo avverso vi sono organizzazioni strutturate, potenti, con mezzi sproporzionati. Il compito dei cattolici democratici in politica si è complicato con la riforma incompiuta del concilio che Contemporaneamente è stata accompagnata dalla crisi della laicità illuminista. cosicché Il neoliberismo non ha trovato contrasto né dai laici né dai credenti. ed è devastante.
Grazie per le riflessioni ed il dibattito che susciti senza sosta.
VC