NON PER SEMPRE PERDUTI
Newsletter n. 204 del 26 settembre 2020
Care Amiche ed Amici,
ci sembra giusto anche da questa sponda associarci alla commozione per la morte di
Rossana Rossanda, sia per la sua alta lezione morale sulla dignità della politica, sia
per la sua sensibilità ai valori evangelici alimentata dalla sua amicizia con autentici
cristiani, da padre Benedetto Calati a Giuseppe Barbaglio. Nella commemorazione
romana in piazza Santi Apostoli è stato ricordato il suo percorso politico, e ne è stato
tratto motivo per parlare non solo del nostro passato, ma del futuro, di quanto ci
rimane da fare tra il meglio da attuare e il peggio da scongiurare e sconfiggere. Ma
soprattutto quella comunione di popolo stabilita nel suo nome, è apparsa a noi come
un attestato del mistero della vita umana che, dalla più povera alla più ricca, non
viene “tolta”, ma lavorata e trasformata dalla morte, perché ogni persona è un infinito
che per l’appunto non conosce fine.
In ciò la stessa Rossana era contraddetta su quanto aveva affermato in morte del
grande amico suo, il padre Benedetto Calati, sul “Manifesto” del 26 novembre 2000,
quando aveva scritto che si era spento con lui “un monaco raro che amavamo e che
ci amava e per noi, che non speriamo nell’eternità, per sempre perduto”. Anche
Rossana Rossanda era una comunista “rara”, ma non è affatto perduta per sempre, e
sarebbe un guaio che proprio le persone più rare fossero quelle più perdute, quando
invece sono proprio quelle che ci aiutano a non perderci anche noi.
E la differenza non sta nel credere o non credere all’eternità, perché le categorie di
credenti e non credenti sono due categorie polemiche, cattivo retaggio della
modernità, che non furono in principio e che sarebbe gran tempo di superare; la
Rossanda, con l’etichetta “non credente”, insieme a Pietro Ingrao e a Mario Tronti
saliva ogni anno al monastero camaldolese di Montegiove per discutere con padre
Benedetto ed altri monaci e laici di ogni confessione di “temi e dilemmi sapienziali”,
come lei stessa scriveva, “che in ultima istanza non sono così distinguibili tra
religione e religione, religione e laicità”: e infatti sono gli stessi; e sono tra quelli
evocati, pur se in altre categorie e con altre parole, anche nell’ardore dell’agone
politico.
E a proposito dei “non credenti” la Rossanda, citando padre Calati, scriveva che
questa definizione non poteva a lui “importare di meno giacché Dio, era scritto,
aveva amato il mondo, non solo i fedeli”. E se del cristiano è “in più la fede”, essa è
“meno essenziale dell’amore” che invece è di tutti: e questo non lo ha scritto solo la
Rossanda sul “Manifesto”, sta scritto in ambedue i Testamenti e in tutte le Scritture.
Dunque la differenza, per la quale nessuno è “per sempre perduto” non sta nel credere
o non credere nell’eternità , ma nel credere o non credere, nel praticare o non
praticare l’amore; per questo Rossana Rossanda non è perduta, e nemmeno i
comunisti come lei: perché si può essere rivoluzionari una settimana, si può essere
rivoluzionari dieci anni, e anche si può essere rivoluzionari per venti anni “per
professione”, ma non si può essere rivoluzionari tutta la vita se non per amore.
Perciò lei non è perduta per sempre, e “per favore”, direbbe papa Francesco, non ci
perdiamo neanche noi.
Sul sito Chiesadituttichiesadeipoveri pubblichiamo un estratto della catechesi di papa
Francesco del 23 settembre, su come guarire il mondo (insieme o non funziona), un
articolo di Domenico Gallo sulla “lotta per il diritto”, in difesa della Corte penale
internazionale, e un documento di “Noi siamo Chiesa” nel 150° anniversario del XX
settembre (un dono della Provvidenza).
Con i più cordiali saluti
chiesadituttichiesaedeipoveri