PAPA FRANCESCO BACIA PIEDI MUSULMANI
PAPA FRANCESCO BACIA PIEDI MUSULMANI
C’è chi rimpiange il “Dictatus Papae” di Gregorio VII del 1057: “il Papa è il solo del quale i principi devono baciare i piedi”
Aldo Bodrato
Giovedì 11 aprile 2019, al termine di due giorni di colloqui tra le contrapposte autorità civili, politiche e religiose del Sud-Sudan, riunite a Casa Marta in Vaticano, per cercare un accordo di pace che ponga fine al lungo conflitto civile che insanguina il Paese, papa Francesco ha sorpreso tutti con un gesto inusuale. Rompendo, infatti, le regole del cerimoniale, si è inginocchiato e ha baciato i piedi dei leader sud-sudanesi, chiedendo loro di farsi servitori e maestri di pace del loro popolo.
È in sintesi con queste parole che la Sala stampa vaticana ha dato la notizia e diffuso il video della singolare chiusura di quello che qualifica, forse non a torto, un “ritiro spirituale”. che il Vescovo di Roma ha voluto sigillare con una sorta di “unicum”, destinato a far discutere e a restare nella storia del suo pontificato come una vera e propria “pietra di inciampo”.
Che questa singolare “proskynesis” (inchino più o meno profondo col bacio della mano o del piede) sarebbe stata oggetto e soggetto di polemiche e controversie interne ed esterne alla Chiesa lo si è visto fin dal modo in cui giornali, televisioni e siti internet ne hanno dato notizia ai loro lettori. Per delinearne la tipologia basta mettere a confronto gli incipit contrapposti di due quotidiani lombardi .
“BergamoPost” del 12 aprile 2019 titola: “Il Papa bacia i piedi e invoca pace (proprio come l’altro Francesco)” e commenta: «Il video è da vedere e rivedere: un uomo tutto vestito di bianco, che si piega, nonostante i suoi 83 anni, a baciare i piedi di tre uomini (in realtà una donna e due uomini) con la pelle nera. È accaduto giovedì ed è subito schizzato tra i trend topic del web. Perché inaspettato, perché commovente. Un gesto semplice, molto umano e insieme potente. Un’investitura di responsabilità, che tocca il cuore dei tre diretti interessati, ma riempie di speranza un popolo. Certamente l’altro Francesco, il santo di Assisi, da lassù sorride… Questo è davvero il suo metodo».
“Libero”, la stessa mattina propone una lettura totalmente diversa: “Papa bacia i piedi ai leader africani: Gesto di sottomissione?!” e prosegue: «In molti, soprattutto tra i cattolici tradizionalisti, che spesso criticano il Papa per le sue aperture e le sue rotture con il passato, non hanno gradito che il capo spirituale della Chiesa cattolica si sia abbassato per baciare i piedi a tre musulmani e lo hanno visto come segno di sottomissione all’Islam, sottolineando il fatto che il Papa non si inginocchia quasi mai davanti all’Eucarestia … e recentemente ha rifiutato che i fedeli gli baciassero l’anello in omaggio alla sacralità della sua funzione istituzionale».
Sarebbe necessario delineare un ragionevole percorso di riconciliazione tra così difformi letture di un evento, in se stesso semplice e lineare. Ma ciò per ora è quasi impossibile, in quanto semplice e lineare non è la storia civile e religiosa dei popoli, delle culture e delle forme politiche e istituzionali coinvolte nel processo storico di trasformazione di questo passaggio tra millenni. Solo oggi, infatti, ad oltre cinquanta anni dalle intuizioni profetiche del Vaticano II, che si riprometteva di porre le basi per l’inizio di un nuovo e più aperto incontro tra annuncio evangelico e uomo contemporaneo, si cominciano a fare davvero i conti con l’altezza del muro di cinta dottrinale e pastorale che il cattolicesimo post-Tridentino, nella reinterpretazione degli ultimi papi Pio ( IX e XII in primo luogo) ha innalzato a difesa di quella cittadella ecclesiastica che essi ritenevano ultimo baluardo al “definitivo trionfo delle tenebre sulla luce” (Card. Alfredo Ottaviani, Il Baluardo, Effedieffe edit.).
Qui ci limitiamo, dunque, a mettere a fuoco il primo, anche se non il principale, punto di scontro tra i cosiddetti “tradizionalisti” e i supposti “modernisti”. Punto di scontro che riguarda innanzitutto il modo in cui Jorge Mario Bergoglio concepisce ed esercita, ridimensionandola, la propria autorità di papa. Diventa, infatti, ogni giorno più evidente che il “nuovo Vescovo di Roma” non intende mettersi in posizione di sovranità assoluta rispetto agli altri vescovi e, men che meno, cade nel sogno/incubo della propria infallibilità. Il che per molti credenti e non credenti è segno di grande saggezza, e per altrettanti credenti e non, indice di poco virile resa al fascino mondano del Maligno. Del resto, fin dalla sua prima apparizione in pubblico, in qualità di neo eletto al “Soglio di Pietro”, egli ha messo in chiaro che il suo ruolo di papa sarebbe stato diverso da quello dei predecessori. Tutti sapevano che il papa è il vescovo di Roma, ma non tutti si sono resi conto che, presentandosi come tale, egli non ambiva al titolo di rappresentante di Dio in terra e neanche di “Vicario di Cristo”, ma a quello di 266° successore di Pietro, e che, ponendo l’esercizio di questa sua funzione all’insegna di Francesco non sarebbe stato un papa custode dell’acquisito e consolidato, ma vocato agli ultimi e all’annuncio evangelico a “tutte le genti”. Non un papa che mira alla conservazione dell’identico, ma che tenta strade nuove, cerca l’inaudito e accetta, per amore del prossimo, anche la possibilità di sbagliare e di doversi correggere.
Ecco perché i neo-lefevriani, vedendolo prostrarsi ai piedi, addirittura, di islamici, hanno preso al balzo l’occasione per associarlo nella condanna a Paolo VI, odiatissimo papa conciliare, che nell’incontro ecumenico con Melitone, rappresentante del Patriarca di Costantinopoli, il 14 gennaio1975, alla fine di un incontro ecumenico, si è inchinato, gli ha baciato la mano quindi, prostrandosi, il piede. “Il tutto – denunciano – con gran gioia degli scismatici che, rievocando il rifiuto opposto dai loro rappresentanti al Concilio di Firenze del 1439 alla richiesta da papa Eugenio IV di riconoscerne l’autorità col bacio alla pantofola, hanno osservato che con Montini finalmente il papa è andato oltre il papato. Cioè l’aveva giubilato”.
“Qualcosa, questo si, – concludono – di inaudito e di scandaloso che si pone come archetipo dell’immagine odierna pietosa dell’umile Bergoglio che si prostra (invero faticosamente data l’età!) a baciare i piedi del prossimo, umiliando – col consueto modo di fare della sovversione modernistica – il Papato in quanto istituzione unica al mondo, detentrice di un potere enorme capace di stritolare le potenze dell’inferno e di dare il vero ordine al mondo, a cui solo – lo affermava solennemente san Gregorio VII nel Dictatus Papae del 1075 – si deve l’omaggio del bacio del piede, gesto di venerazione e ossequio che ridonda in Dio ed in Cristo di cui il solo e vero Pontefice è vicario”. (A firma di Giuliano Zaroddu di “Radio spada”).
Stando così le cose, benché non tutto sia indiscutibile nell’operare di Bergoglio: «Meditiamo amici. Meditiamo». A consultare i messaggi e i blog, lanciati da Matteo Salvini e Steve Bannon contro il 266° vescovo di Roma, sembra proprio che “Tertium non datur”.
Aldo Bodrato
(da il foglio, mensile di alcuni cristiani torinesi, dal 1971; www.ilfoglio.info)