PER LA CHIESA: CAMMINARE DA UNA TERRA ALL’ALTRA
PER LA CHIESA: CAMMINARE DA UNA TERRA ALL’ALTRA
Prima della “Chiesa in uscita” di papa Francesco, il vescovo di Molfetta aveva parlato di una Chiesa “in transumanza”, ansiosa di essere missionaria, di mettersi in stato d’esodo e di esilio. Un libro curato da Giancarlo Piccinni
Tonino Bello
Vorrei spiegarvi, in parole molto semplici, che cosa deve significare per la Chiesa, oggi, camminare. Mi rifaccio a un concetto: quello della transumanza. È una parola che ormai è entrata anche nel vocabolario corrente se non forbito, ma è di origini molto umili. Circolava nel mondo dei pastori. Transumanza, difatti, viene dal latino trans humus e significa passare da una terra all’altra. Quando i pastori passano da un pascolo all’altro, vanno verso l’Adriatico selvaggio dai monti, allora si verifica la transumanza.
Bene, anche la Chiesa oggi è chiamata a questa transumanza, a questo passaggio esodale; è chiamata fuori, tirata fuori dai recinti sacri, dal tempio, dai suoi cenacoli, per mettersi sulle strade del mondo, per condividere la storia del mondo, la passione del mondo, le gioie, le sofferenze… Ricordate tutti il primo paragrafo della “Gaudium et spes”: “Le gioie e le ansie, i dolori e le sofferenze del mondo sono anche le gioie e le ansie, le tristezze della Chiesa, di tutti i credenti in Gesù Cristo”.
Ora, la Chiesa, proprio per vocazione deve mettersi sulle strade del mondo!
E che cosa significa in concreto? Significa, per noi credenti, contemplare la vita dalle postazioni prospettiche del Regno di Dio, assumere la logica del Signore nel giudicare le vicende della storia, allargare gli orizzonti sino agli estremi confini della terra, non lasciarsi sedurre dall’effimero o intristire dalla banalità del quotidiano, introdurre nei propri criteri di valutazione la misura dei tempi lunghi, non comprimersi l’esistenza nelle strettoie del tornaconto o nei vicoli ciechi dell’interesse o nei labirinti delle piccole ritorsioni, non deprimersi per i sussurri del pettegolezzo da cortile o per le grida dello scandalo farisaico o per l’avvilimento improvviso di una immagine puntigliosamente curata.
Mettersi in cammino significa superare la freddezza di un diritto senza carità, di un sillogismo senza fantasia, di un calcolo senza passione, di un logos senza sofia…
Ho adoperato volutamente due vocaboli greci per indicare proprio che il logos è il ragionamento puntiglioso e la sofia, invece, è la sapienza esperienziale, così carica, greve di fantasia, di creatività, di estro. Significa, per la Chiesa, mettersi in cammino oggi, uscire dagli stalli rassicuranti dei suoi recinti, significa non accontentarsi dell’armamentario delle nostre virtù umane. Ecco: Maria, questa icona della Chiesa in cammino, questa donna abituata alle salite, al viaggio, questa donna che non sta mai ferma nel Vangelo, neppure alle nozze di Cana, mette sottosopra un banchetto intero e provoca l’irruzione della felicità, della gioia, del vino nuovo sul banchetto degli uomini. Maria deve tenere sulla spalla di tutti quanti noi la sua leggerissima mano.
Tonino Bello