PER TORNARE A FARE POLITICA NON BASTANO URLA E IRRISIONE
PER TORNARE A FARE POLITICA NON BASTANO URLA E IRRISIONE
Occorre un’idea-progetto in cui la gente arrabbiata o sfinita possa riconoscersi razionalmente
Enrico Peyretti
Ho seguito come potevo le notizie sulla manifestazione a Roma del Pd. Forse, per togliere l’incantesimo del governo “paure e promesse”, non bastano gli urli di Martina dal palco, e le irrisioni all’incompetenza al potere. Non bastano le critiche (necessarie), né i richiami agli elettori perduti. Non basta il sacrosanto grido di “unità” dalla piazza, rivolto a chi divide quando compare. Forse neppure basta la richiesta di alleanze, fatta da Gentiloni. Occorre una idea che scaldi i cuori e le menti, un’idea-progetto in cui la gente arrabbiata o sfinita possa riconoscersi razionalmente e affettivamente. Quello che dice Eugenio Borgna in La nostalgia ferita (pp. 8-10) sulla “conoscenza emozionale” vale – eccome! – anche e proprio in politica (che è vita etica, non calcolo), ma guai alle emozioni negative, soltanto critiche, rivendicative, basse. Un pensiero diventa emozione viva quando “sentiamo la sua verità al di là di ogni giustificazione” (Robert Musil). In politica, un tale pensiero, che sia fieramente alternativo al virus fascista attuale, è l’idea di solidarietà, giustizia e riconoscimento umano universale, idea che libera dal rattrappimento nazionalista e privatista. Allora si chiede al popolo di sentirsi degno dell’umanità. Per noi questa idea-valore è scritta nella Costituzione. Dicono i sondaggi che Mattarella supera in gradimento, sia pur di poco, Salvini e Di Maio. Forse la causa giusta non è perduta. Perduto è chi non ci crede. Chi mette se stesso al posto dell’idea-respiro.
Enrico Peyretti