SAN ROMERO PASTORE E MARTIRE NOSTRO
SAN ROMERO PASTORE E MARTIRE NOSTRO
Fin dal giorno del suo assassinio, il popolo di Dio ha fatto santo Romero e pregato con lui. Pubblichiamo dei testi da due veglie che in suo nome si sono tenute nella Chiesa italiana, a Caravaggio (Bergamo), a Comiso, e all’aeroporto Dal Molin di Vicenza.
Pubblichiamo i testi della veglia pasquale tenutasi il 4 aprile 2015 nella chiesa di san Bernardino a Caravaggio (Bergamo) in cui si è fatta memoria del vescovo Romero, insieme col gesuita Rutilio Grande, con Marianella Garcia e i contadini e tutti i poveri come lui uccisi dal potere squadrista che negli anni 80 dominava sul Salvador; e più avanti pubblichiamo alcuni testi proposti da David Maria Turoldo nella veglia a Comiso e poi a Vicenza contro l’idolo nucleare.
LA VEGLIA A CARAVAGGIO
“Se mi uccidono, risusciterò nel popolo”. Il cammino di conversione pasquale del vescovo Romero, da Pastore caritatevole a Pastore che si fa uno col suo popolo oppresso
Guida Tutti gli anni come fosse la prima volta. Viene la Pasqua e ci trova sguarniti. Poco che ci fermiamo a riflettere e ci torna la domanda: Pasqua? Cos’è? Cos’è per me?. Sappiamo che Gesù è risorto e dunque a Pasqua celebriamo la festa della sua risurrezione nelle nostre chiese. Ma che c’entriamo noi con la sua risurrezione, forse ci sfugge. Siamo come i discepoli: dopo i tre giorni da quel venerdì, nonostante qualcuno, le donne, avesse detto loro che il Signore era risorto e che loro lo avevano visto, stavano chiusi in una loro casa, a raccontarsi del Maestro e di quella sua parola:”Risorgerò”. Forse sono così anche le nostre Pasque. ci raccogliamo nelle nostre chiese a rileggere i racconti evangelici della risurrezione del Signore, delle sue apparizioni. Dimentichiamo che Gesù appare ai discepoli e li invia nel mondo, fuori da quella casa a prolungare la sua missione: annunciare e mostrare agli uomini la possibilità di una vita nuova. I discepoli comprendono e credono che la risurrezione del Signore segni l’inizio di un’era nuova:”Come Cristo fu risuscitato dai morti ….così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm. 6,4).
Assemblea: “Gesù, pietà: forse non abbiamo creduto;/Gesù, vivente tra i morti, perdona:/ora vogliamo che sia la nostra stessa vita/una vita di risorti:/perciò ti chiediamo di credere ancora. (D. M Turoldo)
Guida Ci affidiamo in questa vigilia di Pasqua, al vescovo Romero. Ripercorreremo la sua vicenda per comprendere il senso della sua scelta. Scelta di chi ha compreso che per il discepolo di Cristo non basta sapere che Cristo è risorto. E’ uscito sulle strade del mondo, ha visto la miseria dl suo popolo. L’amore che ha fatto sì che Gesù si consegnasse fino a dare la vita per noi, è rimasto impresso nella sua carne, gli ha dato il vigore di donarsi, di perdersi per e con il suo popolo martoriato. La risurrezione di Gesù è Vangelo di risurrezione per ogni uomo. E Romero percorre con il suo popolo il cammino di liberazione dalla repressione, dalle torture, dalla umiliazione di ogni dignità umana, senza arrestarsi neppure davanti alla violenza. Vescovo fatto popolo, per risorgere con il suo popolo a vita nuova.
Assemblea: “Chi ti ricorda ancora/fratello Romero?/ Ucciso infinite volte/dal loro piombo e dal nostro silenzio/ucciso perché fatto popolo/ucciso perché facevi/cascare le braccia/ ai poveri armati/e più poveri degli stessi uccisi/per questo ancora e sempre ucciso”.(D.M.Turoldo).
Guida Vogliamo ricordarti, vescovo Romero, facendo nostre le tue stesse parole:”Chi vuole allontanare da sé il pericolo, perderà la sua vita; al contrario chi si offre per amore di Cristo al servizio degli altri, vivrà come il chicco di grano che muore; ma solo apparentemente muore. Se non morisse, rimarrebbe solo”.
Canto: La Pasqua del Signore
Vescovo Romero Provengo dal più piccolo paese della lontana America Latina. Vengo portando nel mio cuore di cristiano, di salvadoregno e di pastore il saluto, la riconoscenza e la gioia di condividere le esperienze vitali.(Oscar A. Romero, La dimensione politica della fede in base all’opzione per i poveri. Lezione all’Università di Lovanio).
Voce 1 Così l’inizio della lezione del Vescovo Oscar Romero presso l’Università di Lovanio. Il 2 febbraio dell’80 parte da San Salvador per tenere la sua ultima lezione alla prestigiosa Università. Riceve in quell’ateneo, fucina culturale di rinnovamento della Chiesa del Concilio, un dottorato honoris causa.
Voce 2 Un onore certamente per il Vescovo, ma anche e, soprattutto, un “affettuoso omaggio al popolo del Salvador e alla sua chiesa”, come eloquente “testimonianza di appoggio e di solidarietà con le sofferenze” del suo popolo e con la sua “nobile lotta di liberazione”; come gesto, in quel frangente prezioso, “di comunione e simpatia con l’operato della arcidiocesi”.
Voce 1 Monsignor Romero giunge nel primo continente, in Belgio, e parla, dopo i primi balbettii in fiammingo, con la “lingua dei poveri del mio popolo che intendo rappresentare”. In spagnolo racconta all’Occidente che fatica a riconoscere le densità esistenziali e storiche delle parole dell’Esodo pasquale, il suo cammino di rinascita nel popolo salvadoregno.
Vescovo Romero Come in altri luoghi dell’America Latina, dopo molti anni e forse secoli sono risuonate tra noi le parole dell’Esodo: il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l’oppressione con cui gli egiziani li tormentano (Es. 3,9). Queste parole della Scrittura ci hanno dato occhi nuovi per vedere ciò che fra noi vi è stato sempre, ma molto spesso occulto, anche allo sguardo della Chiesa stessa. (Oscar A. Romero, Lezione all’Università di Lovanio).
Voce 2 A Lovanio il vescovo condivide le sue esperienze di rinnovamento dello sguardo: “la realtà è venuta incontro, è apparsa”, osserva e aggiunge: “è un fatto per molti che, dopo essere stati per anni nella realtà (senza vederla), questa si è mostrata così com’è. La realtà com’è: ingiustizia che genera povertà,violenza, menzogna e morte e d’altra parte, la realtà si mostra anche come ciò che genera speranza, compassione, giustizia e amore”.
Jon Sobrino (teologo e collaboratore di Romero) Essa gli è venuta incontro, lo ha interpellato profondamente, gli ha aperto la vista e lo ha chiamato alla conversione. E’ questa l’esperienza di monsignor Romero, l’esperienza di un incontro con la realtà nella sua ultimità.
Vescovo Romero Constatare queste realtà di miseria e lasciare che incidano su di noi, ci ha spinto come primo passo fondamentale a incarnarci nel mondo dei poveri. In esso abbiamo trovato il volto concreto dei poveri. Vi abbiamo trovato i contadini senza terra e senza lavoro, senza assistenza medica quando le madri partoriscono e senza scuole quando i figli cominciano a crescere. Lì ci siamo imbattuti negli operai privi di diritti sul lavoro. Lì ci siamo imbattuti in madri e spose di desaparecidos e prigionieri politici… Lì la mia chiesa ha cercato di incarnarsi. (Oscar A. Romero, Lezione all’Università di Lovanio).
Jon Sobrino Questa esperienza ha generato nuove comunità salvadoregne. Monsignore ha sempre ringraziato i poveri, perche gli hanno svelato la realtà e con loro ha fondato comunità solidali e fraterne. L’essere con loro e lo stare con loro: elemento di ultimità della sua vita. Con loro e per loro il suo cammino verso la resurrezione per tenere viva la speranza, sostenere la pace e allargare l’amore di un popolo
Assemblea Cammino che uno è /che uno fa nel camminare./Affinché altri viandanti possano il cammino trovare.// Affinché i bloccati/si possano rinfrancare./Affinché i già smarriti ci possano reincontrare.// Fà del canto del tuo popolo / il ritmo del tuo andare (Dom Pedro Casaldaliga, Cammino).
Filmato – Musica Esperienze di ultimità della realtà: il cammino verso Emmaus di Cerezo Barredo, pittore della liberazione latino-americana.
Oscar Romero e il suo ritorno nella diocesi di Salvador nel 1977: l’ingresso di un vescovo legato alla tradizione e all’istituzione.
Guida
Vescovo Romero Negli ultimi anni la nostra arcidiocesi è andata assumendo,nell’odierna pastorale, un indirizzo che può essere descritto e compreso soltanto come un ritorno al mondo dei poveri e al loro universo reale e concreto..Questo avvicinamento al mondo dei poveri è quanto intendiamo al tempo stesso come incarnazione e conversione. (Oscar A. Romero, Lezione all’Università di Lovanio).
Voce 1 22 febbraio 1977: ingresso ufficiale in tono minore di Romero nella diocesi di San Salvador. In attesa di una funzione più solenne in Cattedrale opta per una cerimonia semplice nella cappella del seminario. Presenti i preti della sua diocesi: ma essi non sono lì per dargli il benvenuto; salutano, invece, l’arcivescovo uscente e sono infastiditi per la mancata nomina di mons. Rivera come nuovo vescovo di San Salvador. Monsignore percepisce, da subito, il clima di estraneità.
Voce 2 Clima di diffidenza da parte dei preti, ma senso di attesa proficua da parte delle autorità politiche e militari, lì convenute. Questo vescovo Romero lo ha voluto a tutti i costi il nunzio apostolico Gerada, che fa sapere ai potenti di quel paese: “Non è un vescovo “medellenista” (da Medellin), sensibile alle questioni sociali”. “E’ ossequioso delle istituzioni”, li rassicura.
Jon Sobrino Monsignor Romero al suo ingresso nella diocesi: un vescovo fedele alla tradizione. Un vescovo che certo onora i rituali di scambio di auguri col presidente Molina del San Salvador, ma che stranamente rifiuta di abitare presso un’abitazione confortevole, offertagli da alcune famiglie dell’oligarchia.
Voce 1 “Stravaganza di un piccolo vescovo”, dicono: in realtà, il primo segno, forse inconscio, di un distacco profondo, di una discontinuità dai poteri forti: mons. Romero sceglie di andare a vivere presso l’ospedale per i malati terminali, piuttosto che vivere in un palazzo sfarzoso. L’hospedalito è la sua casa e pone nel reparto di donne malate di cancro il suo ufficio..
Voce 2 Al suo ingresso il San Salvador è un paese sempre più a regime dittatoriale: si tengono elezioni con militari che concorrono per la presidenza. Il generale Romero con brogli elettorali ne vince le elezioni, decreta lo stato d’assedio e il 28 febbraio 1977 invia l’esercito a massacrare contadini in plaza Liberdad: un centinaio di morti e altrettanti feriti è il suo biglietto di visita.
Jon Sobrino I preti del vescovo Romero, padre Rutilio Grande e Alfonso Navarro, sono vicini, da subito, alle vittime del massacro: il giorno dopo il massacro celebrano una messa nella piazza, sfidano il generale Romero e lo accusano di reprimere studenti, operai e contadini. Padre Alfonso Navarro termina l’omelia: “Se ci succederà qualcosa per aver detto la verità, sapete già chi sono i colpevoli”.
Voce 1 I vescovi salvadoregni intervengono “sul momento attuale che vive il Paese”: fanno divieto ai preti di vicinanza alle lotte sociali del popolo. Ma il vescovo Romero inaspettatamente dà un incondizionato appoggio a tutti quei sacerdoti che si impegnano nel servizio ai più poveri e sono solidali alle loro lotte. “Che succede” si chiede padre Rutilio Grande, gesuita che ha lasciato il seminario per stare con i contadini di Aguilares.
Voce 2 E poi, un altro segno di rottura col passato, qui anche con se stesso: il vescovo che finora ha osteggiato un servizio della chiesa in termini sociali inaspettatamente convoca i preti per”una speciale riunione” “per affrontare insieme ” questioni improcrastinabili”.
Jon Sobrino Molti sacerdoti e religiosi sorpresi partecipano all’incontro: lì, Monsignore accosta l’amico, padre Rutilio e lo rassicura sulla sua comunità di Aguilares, accusata di organizzare rivolte contadine. Stupore tra i secerdoti: padre Rutilio e altri come Alfonso Navarro salutano con affetto il nuovo vescovo che si interessa del mondo contadino dei gesuiti di Aguilare.
Voce 1 In quell’incontro si istituisce pure una commissione che affianca monsignore per analizzare “gli sviluppi della congiuntura economica sociale e politica”: è l’ inizio di un nuovo modo di incarnarsi del vescovo nella storia del suo paese, l’avvio di un modo nuovo di ascoltare il grido di un intero popolo.
Vescovo Romero “Lo dico con gioia immensa ,perchè abbiamo fatto lo sforzo di non passare oltre ,di non girare al largo davanti al ferito sulla strada ,bensì di avvicinarci a lui come il buon samaritano..(Oscar A. Romero, Lezione all’Università di Lovanio)
Jon Sobrino Il grido di un intero popolo è trasformato dall’arcivescovo Romero in preghiera offerta a Dio». E nell’ascoltare e dare voce a questo grido, alla presenza di Dio, Romero diviene un evento teologico: la Parola di Dio e il grido di chi soffre sono ora legati.
Filmato-Musica Padre Rutilio Grande e la comunità di contadini di Aguilares
Il vescovo Oscar Romero e l’amicizia liberante con padre Rutilio Grande: radiografia della conversione della coscienza di un pastore
Guida
Voce 2 Rutilio Grande è parroco della comunità di Aguilares. Torna dall’incontro con il vescovo Romero meravigliato e riconosciuto nel suo lavoro di evangelizzazione sociale, avviato con altri fratelli gesuiti. L’ Aguilares dei gesuiti: centro di rinnovamento della pastorale e cuore del riscatto delle comunità di base salvadoregne.
Voce 1 La Aguilares di padre Rutilio: comunità di contadini con una nuova coscienza:”Tutti siamo fratelli e tutti siamo uguali”. E’ ii sogno del padre e dei campesinos di una prossima liberazione sociale per tutti. Padre Rutilio anima questa comunità di contadini: essa ritrova la dignità e il coraggio di una lotta sociale e prova, come una comunità di base, a incarnare il Vangelo dentro la storia di ogni giorno.
Voce 2 Sabato 12 marzo 1977. Rutilio passa in auto le piantagioni di canna. Si reca a celebrare la messa nel suo paese natale, El Paisnal. Viene assassinato. Ha 49 anni e con lui viaggiano l’anziano Manuel e il giovane Nelson. Muoiono tutti e tre, crivellati da pallottole in dotazione all’esercito.
Voce 1 La sera della morte il vescovo Romero si reca ad Aguilares e sosta davanti al cadavere: guarda e vede. Scorge il dolore ,la paura dei contadini, ma anche la loro indomita dignità. Veglia il fratello Rutilio: l’amico è un punto di non ritorno nella vita del vescovo Romero. E’ il bivio senza scampo: il corpo assassinato del padre affligge monsignore, ma gli infonde determinazione per compiere un cammino di conversione più radicale.
Jon Sobrino L’assassinio di Padre Grande: radice di una “chiesa di poveri e martiri”. Tutto avviene in tre anni. Comincia ad Aguilares. A Monsignore cadono le bende dagli occhi e si converte… Davanti al suo cadavere deve pensare che se Rutilio Grande è morto come Gesù è perché vive come Gesù. Non è Rutilio a sbagliarsi, bensì lui
Voce 2 La morte del gesuita: non termine e sconfitta del riscatto di un popolo contadino, ma inizio di un’alba nuova, l’aurora di una speranza contro la rassegnazione antica dei contadini. La morte di Rutilio nell’omelia del vescovo Romero è evento di resurrezione di una chiesa che “cammina serena , perchéporta con sè questa forza dell’amore”.
Vescovo Romero Se si trattasse di un semplice funerale parlerei qui di relazioni umane e personali con Padre Rutilio, che sento come un fratello… ma questo non è il momento di pensare all’aspetto personale, bensì di raccogliere da questo cadavere un messaggio per tutti noi che continuiamo il pellegrinaggio.. Il vero amore è quello che porta Rutilio Grande alla morte con due contadini per mano. Così ama la chiesa, muore con loro.. Non lo dimentichiamo. Siamo una chiesa pellegrina, esposta alla persecuzione.
Voce 1 La forza dell’amore di padre Rutilio: un evento di trasformazione e di conversione inaspettata. Ciò provoca grande sorpresa tra i preti e religiosi: si parla del “miracolo” di Rutilio. Monsignore si fa più risoluto: lui ossequioso ai potenti, ora pretende dal governo un chiarimento sui tre assassinii; giura di non assistere ad alcun atto ufficiale finché non vi è un chiarimento e promette di non abbandonare il popolo.
Voce 2 E così fa. Convoca una gran quantità di riunioni di clero, religiosi e religiose, comunità, scuole cattoliche per decidere cosa fare alla luce di quanto è successo. Tutti insieme si chiedono cosa fare. Un segno forte viene trovato: le comunità di base avanzano la proposta per la domenica dopo l’assassinio di Padre Rurtilio di una messa unica in tutta la diocesi, in Cattedrale, presieduta dal vescovo.
Jon Sobrino Approva la proposta e domenica 20 marzo anche contro il richiamo esplicito e indegno della nunziatura celebra la messa unica. Gesto di rottura dirompente: il vescovo Romero si libera del potere politico dei generali e religioso delle nunziature e si mette a fianco dei suoi sacerdoti e delle comunità perseguitate. Nasce la chiesa dei martiri che impara a forzare l’alba per un nuovo mattino di resurrezione.
Assemblea E’ tardi/ma è la nostra ora.//E’ tardi /ma è tutto il tempo/che abbiamo in mano per fare il futuro.//E’ tardi /ma è l’alba/se insistiamo un po’ . (Pedro Casaldaliga, La nostra ora)
Filmato-Musica La chiesa salvadoregna dei martiri
Il vescovo Oscar Romero e la missione pastorale della Chiesa salvadoregna 1977-1980: “andare a raccogliere violenze e cadaveri”
Guida
Voce 1 Nascita e crescita della Chiesa di martiri: 11 maggio 1977 Padre Alfonso Navarro Oviedo è ucciso. Raggiunto da sette colpi, muore in ospedale. La liturgia della Pasqua accoglie il corpo del giovane sacerdote di Romero. Monsignore, giorni prima, col suo sacerdote, ha celebrato il mattino della Resurrezione. Dalla sua morte attende una direzione di cammino per la sua chiesa perseguitata. Un’allegoria ne svela il significato:
Vescovo Romero Raccontano che una carovana, guidata da un beduino, disperata e assetata, cercava acqua nei miraggi del deserto e la guida diceva:”Non di lì, di qua.” E così varie volte, finché qualcuno, arrabbiato, estrasse una pistola e sparò alla guida, che ancora agonizzante tendeva ancora la sua mano per dire:”Non di lì, ma di qua”. E così morì indicando la via. La leggenda si fa realtà: un sacerdote crivellato di colpi, muore perdonando. ripetendo il suo messaggio a tutti quelli che siamo riuniti per la sua sepoltura, il suo messaggio che noi vogliamo raccogliere ..
Voce 2 Il cammino di una chiesa passa dagli eventi di morte e di resurrezione. Ne è convinto il vescovo. Dentro la storia di ferite e di violenze del popolo nasce il riscatto di una chiesa. Ancora da Aguillares, dalla comunità di base di padre Rutilio, giunge un segno. Il 19 maggio, per reprimere una manifestazione, vengono massacrati contadini affamati. La Guardia nazionale, quel giorno, perquisisce le loro case, li uccide, li tortura e li arresta.
Voce 1 Il massacro di Aguilares: violenze non solo reali, ma anche simboliche. Contadini crivellati di colpi e ostie gettate per terra e calpestate. Corpi oltraggiati che si legano per sempre ai corpi del pane consacrato: il simbolo del pane si fa carne violentata e i corpi dei contadini offerti come pani eucaristici. Monsignore non indietreggia: scomunica i militari e i carnefici degli squadroni della morte e scopre il senso della sua missione pastorale: farsi prossimo, vicino al suo popolo oppresso e ferito. Tempo di scomunica e di consolazione.
Vescovo Romero A me tocca di andare a raccogliere violenze, cadaveri e tutto ciò che produce la persecuzione della Chiesa. Oggi mi tocca venire a raccogliere questa Chiesa e questa canonica profanate, un tabernacolo distrutto e soprattutto un popolo umiliato, indegnamente sacrificato..Soffriamo con quanti hanno sofferto. Stiamo davvero con voi e vogliamo dirvi, fratelli, che il vostro dolore è il dolore della Chiesa. Voi siete l’immagine del Divino Trapassato…E’ l’immagine di tutti i popoli che, come Aguilares, stanno già cantando la strofa preziosa della Liberazione.
Voce 1 Chiesa di martiri e popolo crocifisso. Monsignore trova la via indicata dai padri Rutilio e Alfonso: di una chiesa che si incarna nelle gioie e sofferenze dei poveri e dei contadini. Che discende nelle pieghe del “pienamente umano” di un popolo e si fa sua compagna di viaggio per cantare “strofe di liberazione sulle strade polverose di Aguilares”.
Jon Sobrino Usciamo dalla chiesa cantando. E’ un giorno di gran caldo e Monsignore tiene alto l’ostensorio. Davanti a lui centinaia di persone…Il municipio, di fronte alla chiesa, è pieno di guardie che osservano .Quando ci avviciniamo, diverse di loro si mettono in mezzo alla strada puntandoci con i fucili..Quelli che sono in testa alla processione, si fermano e poi quelli dietro. La processione si arresta .Quando ormai nessuno si muove ci voltiamo a guardare monsignore Romero. Egli alza un poco l’ostensorio e a voce alta, perché tutti sentano, dice: “Avanti!”. Allora avanziamo verso i soldati e loro iniziano a retrocedere, poco a poco. Così fino alla caserma. Finiscono per abbassare i fucili e lasciarci passare.
Voce 2 I grandi stivali delle guardie, muri per non far passare la processione. L’ostensorio e le armi si fronteggiano .E poi la voce rassicurante del Vescovo: monito che fa abbassare i fucili e faro per una nuova incarnazione della chiesa nel Salvador. Monsignor Romero e la sua chiesa come la eco delle gioie e sofferenze di un popolo crocifisso.
Vescovo Romero I miei fratelli vescovi hanno tutti la macchina, i parroci possono prendere il bus e non hanno grossi problemi ad aspettare. Ma i contadini? Vengono camminando per leghe con tanti pericoli e a volte senza aver mangiato. Ieri è venuto uno che veniva da La Union. Mentre partecipava a una riunione cristiana, una guardia l’ha colpito tanto violentemente sulla testa che sta diventando cieco. E’ venuto solo per raccontarmelo..I contadini non mi chiedono mai niente, mi raccontano solo le loro cose e questo mi consola. Posso programmare le loro afflizioni?
Voce 1 Si fa voce dei contadini, delle mogli e madri dei desaparecidos. Fa nascere strutture nuove, capaci di porsi in ascolto delle afflizioni del suo popolo: dà avvio al Soccorso giuridico con un gruppo di avvocati nell’Arcivescovado che iniziano ad assistere gratuitamente coloro che non possono pagare per difendere i loro diritti.
Voce 2 Allarga i confini dell’ attenzione e della solidarietà della Caritas anche verso i gruppi più impegnati nella lotta politica e indirizza le omelie in Cattedrale ad essere casse di risonanza dei timori e delle pene dei poveri e gridi di denuncia delle sparizioni e degli assassini, come in quella del luglio del ’78.
Vescovo Romero Solidarizzo anche con i membri del “Comitato delle madri e dei familiari dei prigionieri e degli scomparsi. …Il ministro di Giustizia ha l’obbligo di rispondere al reclamo della famiglia di questi scomparsi. Allo stesso modo denunziamo manovre per implicare ingiustamente i prigionieri del carcere di Santa Ana in un tentativo di fuga. Dobbiamo sentire come nostra la sofferenza di quelli che stanno patendo la fame come mezzo per reclamare notizie dei loro cari.
Assemblea Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.. La comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia (Gaudium et Spes, Proemio )
Filmato-Musica Marianella Garcia Villas: la voce dei diritti umani.
Il vescovo Oscar Romero e l’amicizia liberante con Marianella Garcia VIllas, avvocata dei poveri, 1978.
Guida
Voce 2 Il vescovo Romero: grembo di compassione per le ferite profonde delle donne. Con Marianella conosce fino in fondo le violenze brutali degli squadroni della morte e delle forze di sicurezza. Marianella Garcia Villas, che ha promosso con monsignore la Commissione per i diritti umani in Salvador, un giorno di primavera del’78 si reca dal vescovo: non ha chiuso occhio quella mattina, è irrigidita, sigillata in se stessa, ma racconta l’inferno della violenza subita.
Marianella Garcia Villas Rinchiusa in una cella del seminterrato un poliziotto mi chiede di sedermi. Passa del tempo, chiedo dell’acqua. Entra un secondo poliziotto, con una tazza e mi dice “ecco l’acqua che hai chiesto”. L’acqua è bollente e fuma. Mi afferra le mani, me le stringe dietro la schiena, l’altro poliziotto mi chiude le narici e mi versa l’acqua calda in gola, non riesce a farmene bere più di due o tre sorsi, il resto mi cade addosso e si sparge per terra… Arriva un uomo vestito in borghese mi ordina di levarmi gli orecchini, poi di sfilarmi la catena che avevo al collo, poi… Afferra uno straccio per pavimenti imbevuto di petrolio e me lo schiaccia sul viso. Mi aferr…..
Voce 1 Non termina. Si ferma. Un affronto “nella sua dignità di donna”. Uno stupro: brutalità da maschio, violenza che penetra nell’intimità, ferita che sanguina senza pietà. Nausea profonda: acqua calda, odore di petrolio. Il suo impegno politico ed umanitario nei confronti di chi è senza voce la investe fino alla radice della sua identità: vittima con le vittime vive ora l’inumanità della violenza e parla al vescovo di vendetta.
Voce 2 In silenzio ascolta monsignore, misura il trauma subito da quella giovane e conosce fino in fondo l’effetto devastante delle violenze degli oppressori. Poi si “mette a piangere; a piangere e a piangere, come un bimbo”, racconta Marianella. Il dolore di Marianella è il dolore di tutte le donne oltraggiate. E’anche il suo dolore di vescovo e madre di un popolo offeso.
Voce 1 Marianella non piange, non riesce a sfogarsi. E’ come fonte inaridita. Monsignor Romero l’abbraccia, gira attorno al suo cuore indurito e rivede con lei i volti di quelle donne “che subiscono ogni giorno la stessa violenza”.
Vescovo Romero Marianella! Il tuo dolore: il prezzo della tua lotta. Accettalo! Perdona!
Voce 2 Marianella non può perdonare, ma monsignore “piangendo e ammonendo” la consola e l’addolcisce. Poi la voce gli si spezza e tace. Marianella, lei sequestrata, legata, picchiata, denudata e violentata, gli si avvicina e gli accarezza la testa. Paradosso del dialogo: Marianella, vittima di uno stupro, consola monsignore, rinasce a nuova vita e torna con maggiore convinzione alla difesa degli ultimi; il vescovo Romero, che è la voce delle vittime e dei torturati scopre l’abisso del silenzio e si fa uno col dolore di Marianella e di ogni donna salvadoregna.
Marianella Garcia Villas La mia storia è parte della storia di tutto il popolo…il mio non è un caso unico..Quello che è successo a me è successo a migliaia e migliaia di donne in tutto il Paese… Proprio questo, del resto, mi aiuta a superare il trauma dello scontro con la violenza dei miei carcerieri, l’incubo di ciò che è avvenuto in quel seminterrato della polizia; perché so che tutte noi donne,che siamo state detenute, abbiamo subito gli stessi affronti, che questo è uno dei prezzi,che dobbiamo mettere in conto, della nostra resistenza…se ci ritiriamo nella difesa della nostra integrità non resta più nessuno nella lotta. Siamo decise a continuare. Dopo riprendo il lavoro normalmente con maggiore convinzione.
Voce 1 Scende con Marianella fino alla radice dell’aggressività degli squadroni della morte contro le donne. Assiste, da quell’anno fino alla sua morte, alla sistematica violenza su di loro. Marianella lo tiene informato e alla radio della diocesi, radio Ysax, denuncia le torture su uomini, donne e bambine. Si fa”testimone del dolore infinito della gente.
Marianella Garcia Villas Vengono a chiederci aiuto per sapere dove sono tenuti prigionieri i loro cari, o perché li aiutiamo a rintracciare i cadaveri. Noi stessi con le nostre mani abbiamo dissepolto molte salme per identificarle. Spesso mi è toccato aprire le loro bocche per riconoscerli dalla loro dentatura, svestirli se hanno subito torture. Presentano torture agli organi genitali. E tutte le donne prima di essere assassinate sono state violentate, le hanno tagliato i seni, sono state spellate…
Voce 2 Marianella e la pietà di donna per le vittime massacrate. Viaggia per le campagne del Salvador, fotografa i cadaveri, uccisi a colpi di machete, scatta foto sui colpi alla faccia, alla spalla e ricompone con infinita delicatezza femminile la dignità perduta dei contadini massacrati. Infinito amore per un ragazzo di tredici, quattordici anni.
Voce 1 Lo stanno già seppellendo e non si sa il nome . Marianella si inginocchia e gli sfiora il viso prima che la terra lo ricopra. E’ il gesto anche del vescovo Romero, quando accompagnato da Marianella prende la mano di Jaime De Baires, giovane malato di mente torturato in viso con la fiamma dai carnefici. La accarezza: una dignità è restituita e una madre consolata.
Assemblea Salvare anche i morti /restituir loro il volto,/allo scempio compiuto dai carnefici/opporre infinita la pietà.//E così salvare coloro che verranno/dalla ripetizione incessante dell’orrore,/così salvare l’umanità presente,/così rendere bene per male (Nello Scardani, Marianella Garcia, o della giustizia)
Voce 2 Il vescovo Romero:come Marianella compassione infinita per le giovani vittime. Piange nell’inverno del ’79 padre Octavio Ortiz: è come suo figlio. L’ha ordinato e stravede per lui. Al Despertar, casa delle vocazioni, glielo assassinano insieme ad altri piccoli.
Voce 1 Li piange all’obitorio, stringe a sé il viso insanguinato di padre Octavio. Grida forte alle sue esequie in Cattedrale: “Ora basta!” e dimostra al popolo affranto l’amore infinito per i giovani crocifissi: la chiesa salvadoregna gli si stringe attorno, mentre nomina più volte i loro nomi: Octavio, Ángel , David e Jorge Alberto.
Voce 2 29 ottobre 1979. Occupazione della Chiesa del Rosario e poi massacro di 23 contadini. Monsignor Romero non riesce a trovare pace per questi morti della mattanza. Un divieto delle forze militari proibisce la loro sepoltura. Poi un gesto di pietà infinita per i morti: in chiesa, tra i santi, il vescovo restituisce loro dignità. Il suo, un cuore pieno di nomi.
Marianella Garcia Qui si tolgono i lastroni di marmo, si scava una grande buca e si fa la sepoltura. La Conferenza episcopale salvadoregna protesta, perché si sono inumati dei morti in chiesa senza permesso; tanto più che non sono nessuno…Quanto a monsignor Romero dice che è un’opera di misericordia seppellire i morti..Così si preparano ventitre croci di legno e si mettono sulla facciata della chiesa lì dove questi ventitre eredi privilegiati del regno sono giunti, depredati della vita e spogliati di tutto perfino del loro nome e dove il popolo ha ridato loro nome e rango, ha lottato e rischiato per loro, riscattandoli dall’essere nessuno.
Assemblea “Alla fine del cammino mi diranno: Hai vissuto? Hai amato? Ed io, senza dire niente, aprirò il cuore pieno di nomi” (dom Pedro Casaldaliga)
Filmato -Musica La violenza sul popolo salvadoregno crocifisso e il cuore pieno di nomi di monsignor Romero.
Il vescovo Oscar Romero e la pastorale di accompagnamento del popolo che si organizza nelle lotte per la giustizia
Guida
Voce 2 Opzione preferenziale dei poveri: il vescovo fa sue con i suoi preti e laici le scelte solidali verso i poveri di Medellin e di Puebla e legge: “Affermiamo la necessità della conversione di tutta la chiesa ad una opzione preferenziale in favore dei poveri, volta alla loro liberazione integrale”.
Voce 1 Ne comprende il senso e si accinge a metterle in pratica. L’incontro con i volti umani dei poveri e con la persecuzione degli innocenti lo fa compassionevole compagno dei campesinos, delle donne violate e delle madri in cerca dei loro cari, ma è la vicinanza ai poveri che si organizzano che gli apre gli occhi e lo spinge ad adottare nuove posizioni.
Jon Sobrino Incontra l’immensa massa del popolo che vive in condizioni disumane di povertà, le organizzazioni popolari e tutti coloro che si identificano con le giuste cause popolari. Qui con loro: la sua conversione al popolo specifica il senso vero della sua opzione dei poveri. Vicino alle loro lotte per la giustizia impara a riconoscere il loro grido di protesta e si schiera al loro fianco inimicandosi parte dell’episcopato salvadoregno.
Voce 2 Sostiene gruppi organizzati di contadini nelle occupazioni della Cattedrale e nelle sue azioni di mediazione con Marianella per le vertenze degli operai. Apre le chiese ai contadini che si insediano in esse: “in tempi di emergenza -dichiara – le chiese devono raccogliere i contusi e i feriti e nessuno deve parlare di profanazione”. La Cattedrale di San Salvador: nei tempi gravi della persecuzione protezione e rifugio di un popolo perseguitato.
Vescovo Romero Uno dei nostri compositori popolari, cantando la morte di un nostro sacerdote, ha detto questa bellissima frase: “Dio non sta nel tempio ma nella comunità”. A che servirebbe avere delle chiese se Cristo potesse dire loro ciò che oggi dice ai farisei: “Il vostro culto è vano?” Così risultano molti culti lussuosi, con molti fiori, molte cose,invitati e quant’altro. Ma dov’è l’adorazione in spirito e verità?
Voce 1 Le occupazioni delle chiese: scandalo e profanazione per i vescovi salvadoregni, ma, per monsignore, inizio di un nuovo modo di intendere il culto a Dio. Gesti estremi di poveri oppressi che fanno riflettere e mettono in discussione un modo di essere prete.
Vescovo Romero Talvolta, con i miei fratelli sacerdoti abbiamo fatto consistere il culto nell’arredare bene l’altare e, magari, applicare tariffe più alte, perché grazie ad esse si può adorare meglio. Abbiamo fatto commercio! Per questo Dio, come quando entrò a Gerusalemme con la frusta, ci sta dicendo:”Avete fatto della mia casa di orazione una spelonca di ladroni “. Abbiamo tutti di che riflettere. Siamo tutti colpevoli.
Voce 2 Il grido del popolo trasformato in preghiera offerta a Dio: voce della verità e salmo a Dio nell’afflizione. Lì, in Cattedrale, monsignore riconosce il popolo come suo “maestro” : “Il vescovo ha molto da imparare dal suo popolo” (omelia 9 settembre 1979), e lo indica come profeta: “Sento che il popolo è il mio profeta”(omelia 8 luglio 1979): i poveri, i contadini, dichiara, sono i “coautori delle omelie del vescovo”. Insieme annunciano verità, scuotono le coscienze, suscitano speranze. Monsignore per loro: un annunciatore di verità credibili.
Assemblea Uniamo le nostre bocche in un solo grido di giustizia/al di sopra del mare dei vari mondi,/al di sopra dei monti di tutte le strutture.//Parli il popolo attraverso la radio/parli il popolo attraverso la stampa./Parli il popolo la verità./La verità parli al popolo./La verità (Pedro Casaldaliga, Siamo comunicazione)
Filmato- Musica Il Pueblo di Mons.Romero
Jon Sobrino Credibile e autentica è la sua voce di verità . Parla in cattedrale e il popolo lo ascolta. E’ autorevole la sua voce: accompagna il popolo che si organizza e fa sentire la sua parola di indirizzo e di critica. Ammonisce quelle forze popolari sul pericolo di assolutizzarsi, sul rischio di ridurre la loro lotta al solo aspetto politico. Denuncia le loro azioni sproporzionatamente violente. E’ il suo amore per la verità: le critica per la speranza che scorge in esse per migliorarle e per metterle a sevizio del popolo.
Vescovo Romero Come pastore e come cittadino mi addolora profondamente che si continui a massacrare il settore organizzato del nostro popolo solo per il fatto di uscire ordinatamente per la strada a chiedere giustizia e libertà..E’ sangue, e dolore, che irrigherà e feconderà nuove e sempre più numerose sementi di salvadoregni che prenderanno coscienza della responsabilità che hanno di costruire una società più giusta e umana.
Voce 1 Affida questo popolo all’impegno serio e irremovibile di uomini e donne di speranza, siccome lieviti di una società più giusta. Lo consegna all’amore di Marianella che con il suo coraggio tenta insieme ai poveri e oppressi di rovesciare la storia, sovvertirla e lanciarla verso un’altra direzione fino alla sua morte, nell’83, per mano degli squadroni della morte.
Marianella Garcia Villas Per noi che viviamo quotidianamente le angosce di questa vita,.per noi che sentiamo quotidianamente sulla nostra pelle la morte degli altri, per noi che tocchiamo le ferite, i segni delle torture sui cadaveri, per noi che raccogliamo corpi senza testa, le ossa dei nostri fratelli, per noi che abbiamo fotografato le vittime, per noi che abbiamo ascoltato i testimoni, il pianto silenzioso e anonimo di familiari anonimi, tutto questo è panorama abituale. Ma anche ciò che rafforza e legittima la nostra azione e la lotta del nostro popolo per la conquista del diritto alla vita, a un tetto, a un libro, a un tozzo di pane. Continuiamo a lottare con la voce e la penna.
Assemblea Noi ci atteniamo a ciò che è stato detto: / la Giustizia, / nonostante la Legge e la Consuetudine, / nonostante il Denaro e l’Elemosina. / L’Umiltà / per essere noi , veri. / La Libertà / per essere uomini . / E la Povertà / per essere liberi. / La fede cristiana, / per camminare di notte, / e soprattutto per camminare di giorno. / E, in ogni caso, fratelli, / noi ci atteniamo a ciò che è stato detto: / la Speranza!. (Pedro Casaldáliga, Noi ci atteniamo a ciò che è stato detto)
Filmato -Musica Le ultime omelie di monsignor Romero : “Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!».
Guida
Voce 2 Nei primi mesi dell’inverno dell’80 ci sono più di 600 morti in Salvador. il vescovo alza il suo grido ancor di più di prima. Tiene le sue ultime omelie. In cattedrale risuonano dure parole profetiche di denuncia e di conversione e altre esortative per rafforzare deboli speranze. Raccoglie con più forza “il clamore del popolo ” e “l’ignominia di tanta violenza”. E’ la sua, la voce di chi“grida dolore per tanto crimine .
Jon Sobrino L’accusano di far politica, lo offendono con più cattiveria nella sua dignità di vescovo. Riceve minacce di morte e affronta l’idea di una fine violenta. Un ultimo ritiro, il 25 febbraio e poi scrive: “Mi costa accettare una morte violenta, che in queste circostanze è molto probabile”. E’ giunto il tempo di dire la verità senza compromessi. Di dire la verità fino in fondo, per non occultare nulla: il 23 marzo pronuncia dalla sua cattedra di vescovo queste parole memorabili:
Vescovo Romero Vorrei fare un appello in maniera speciale agli uomini dell’esercito e, concretamente, alla base della polizia e delle caserme. Fratelli, siete del nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli contadini, e di fronte all’ordine di uccidere dato da un essere umano deve prevalere la legge di Dio che dice: “Non uccidere”. Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine contro la legge di Dio. Una legge immorale nessuno è tenuto a rispettarla. È ormai tempo che voi recuperiate la vostra coscienza e che obbediate prima alla vostra coscienza che all’ordine del peccato… In nome di Dio, allora, e in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono fino al cielo ogni giorno più tumultuosi, vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!».(Omelia del 23 marzo 1980)
Voce 2 E’ l’ultimo suo appello: la sua voce diventa quella della coscienza. Penetra nel cuore degli squadroni della morte e li raggiunge ammonendoli ad obbedire al nucleo più segreto e sacrario dell’uomo. E’ l’annuncio di Resurrezione della coscienza rivolto agli orecchi induriti dei militari per un risveglio di una sororità più fraterna col popolo. Essi, però, hanno già in animo di ucciderlo.
Jon Sobrino 24 marzo 1980: all’hospitalito presso le donne malate consegna le sue parole conclusive sul senso di una vita spesa per gli altri. E’ il “Tutto è compiuto” di monsignor Romero. Nel tardo pomeriggio celebra la sua ultima messa, e alla presentazione del pane e del vino, segno di dedizione e offerta di sè, viene assassinato con un colpo di fucile: un chicco di grano muore …
Vescovo Romero Chi vuole allontanare da sé il pericolo, perderà la sua vita; al contrario, chi si offre, per amore di Cristo, al servizio degli altri, vivrà come il chicco di grano che muore, ma solo apparentemente muore. Se non morisse, rimarrebbe solo» (Omelia del 24 marzo 1980).
Voce 1 Pochi giorni prima affida a un giornalista queste sue parole di speranza per il suo popolo crocifisso. Sono parole di resurrezione: un vescovo che dà la sua vita non può morire, risorge sempre nel suo popolo. Monsignor Romero vive!
Vescovo Romero Sono stato spesso minacciato di morte. Devo dirle che, come cristiano, non credo nella morte senza risurrezione. Se mi uccidono, risorgerò nel popolo salvadoregno. Lo dico senza nessuna presunzione, con la più grande umiltà. Come pastore sono obbligato per mandato divino a dare la vita per quelli che amo, che sono tutti i salvadoregni, anche per coloro che potrebbero assassinarmi… Lei può dire, se arrivassero a uccidermi, che perdono e benedico coloro che lo faranno.
Assemblea L’angelo del Signore annuncia il vespro… Il cuore del Salvador segna 24 di marzo e di agonia. Tu offri il pane, il corpo vivo – il triturato corpo del tuo popolo; il suo sangue sparso vittorioso – il sangue contadino del tuo popolo massacrato che deve tingere di vini d’allegria l’aurora impedita! //E si fa vita nuova/nella nostra vecchia chiesa!// Stiamo un’altra volta sul piede della testimonianza, San Romero d’America Pastore e Martire nostro! // L’America Latina già ti pone nella sua gloria del Bernini/nella spuma aureola dei suoi mari, nel baldacchino arieggiato delle Ande vigili, nella canzone di tutte le sue strade, nel calvario nuovo di tutte le sue prigioni, di tutte le sue trincee, di tutti i suoi altari// Nell’ara sicura del cuore insonne dei suoi figli!/ San Romero d’America Pastore e Martire nostro: nessuno farà tacere la tua ultima omelia! (San Romero d’America, Pastore e Martire nostro di Pedro Casaldaliga)
DALLA VEGLIA A COMISO E A VICENZA
Contro l’idolo nucleare
Fiamme da incendiare la terra
UN LETTORE: E’ questa la nuova Pentecoste, Signore: fuochi tu fai accendere dovunque, fuochi di roveti che ardono e nessuno riesce a spegnere più.
Son fuochi dei nuovi deserti, dalle cui fiamme molti sentono ancora la tua voce: «Ho udito i gemiti dei miei popoli, i gemiti di tutti i poveri della terra, gemiti di negri, di indiani; gemiti e pianti di bambini e madri a milioni; mute disperazioni di giovani; e urla di sangue, di molto sangue che sale da tutta la terra; e così da troppi lunghi anni di oppressioni e violenze e sfruttamento: tutto questo ho udito salire a me dalla terra, perciò sono sceso a liberarvi! Romperò i ceppi delle vostre catene e vi farò camminare a testa alta. Perciò i miei popoli, la mia chiesa, il regno che deve venire sono i poveri ».
E’ questa la prima e ultima Pasqua, la sintesi delle due Pasque: la consumazione del progetto di Dio a nostra salvezza. E non c’è altra salvezza.
Signore, fa’ che non si spengano mai questi roveti dei nuovi deserti: immagini del primo rogo dell’Esodo, rogo della libertà che arde nel cuore della storia del mondo; per cui tutta la storia è una continua liberazione, e tu, Dio, sei la nostra assoluta inequivocabile libertà.
Un rogo che poi si è riacceso come segno della tua risurrezione, a certezza che l’uomo non è soltanto liberato dalle forze dominatrici della storia, ma insieme e prima ancora è liberato dal male che lo tiene prigioniero nell’anima, e liberato dal peccato, dal suo istinto di dominazione e di violenza, dalle cupidigie per questi possedimenti, liberato dal germe di morte che ogni giorno lo divora.
Signore, insieme al primo roveto accendi i mille segni della tua Pentecoste; tieni vive le fiamme che già ardono in migliaia di cenacoli. Fa’ che ogni ribelle per amore si unisca a un ribelle d’amore. E insieme diventino moltitudini da incendiare la terra. E’ questa la tua chiesa, se vuole essere figura del regno che viene: regno di libertà per tutti gli umili, regno d’amore per tutte Ie le vittime ogni giorno innalzate sugli infiniti patiboli del mondo. E tutti hanno la tua faccia, o Cristo: tutti a continuare la tua morte nella certezza di risorgere in popoli nuovi, in nuove chiese, in umanità nuova a garanzia del regno che viene.
Guarda, Signore, come tutto il mondo ormai è una selva di croci; e tu non già innalzato in mezzo ai ladroni: ora moltitudine di santi riempie la tua solitudine, aiuta a sperare noi disperati: ancora fede che vince il mondo. Perché è impossibile, è impossibile che da tanto dolore non risorga una terra nuova; i cieli e le terre nuove che attendiamo: con queste moltitudini di martiri di ogni parte del mondo che stanno davanti all’Agnello, vestiti delle vesti candide dell’innocenza e segnati tutti da una stola di sangue.
E’ questa la vera Pentecoste che fiammeggia sulla terra intera, la Pentecoste che nessuno più riuscirà a spegnere, le cui fiamme divoreranno tutti gli imperi: compimento della Pasqua, la cattedrale delle solennità, ultima festa del mondo.
Senza Pentecoste è impossibile una storia nuova, impossibile una nuova umanità libera e pacifica. E’ questa la vera chiesa: laddove una vita è donata in amore per i fratelli, laddove brucia questo fuoco di redenzione da ogni schiavitù, che nessuna forza al mondo riuscirà mai a spegnere.
Questa è la vera chiesa: umanità che brucia, continuando Lui a vivere e risorgere, e a vincere in ogni vittima del mondo.
CORO: Alleluia, alleluia, alleluia
Preghiera dell’ America latina
UNO: E noi siamo i campesinos dell’America, i campesinos della Columbia, dell’Honduras, del Nicaragua, del Guatemala, del Salvador, della Bolivia, del Brasile, del Cile, dell’ Argentina, del Perù, dell’Uruguay, del Paraguay, dell’Ecuador: moltitudini di poveri, tutti cristiani. Ma voi sapete ogni cosa di noi. Voi sapete tutti i morti che ci hanno ucciso in ogni terra da anni. Voi sapete tutte le nostre lacrime così abbondanti come il nostro sudore e la piena dei nostri fiumi. Fiumi di lacrime, e abbandono e desolazione. Voi sapete tutto di noi.
Solo una cosa il mondo non sa abbastanza: che noi siamo stati uccisi dai cristiani. Abbiamo avuto faraoni cristiani e per noi non c’erano terre promesse, ma solo il crepitio disperato delle nostre guerriglie. Noi siamo soli, ma non vogliamo essere disperati; vi chiediamo di ricordarci e fate che sia questa la vostra preghiera per noi.
GRUPPO: Chiediamo soltanto la terra, un po’ di terra, e lavorare in pace, e che i nostri figli vivano cristianamente. Chiedete che almeno la chiesa, almeno la chiesa sia con noi.
Allora tutta la chiesa e l’America Latina sarà un paese felice, felice anche per quelli che ora ci perseguitano e ci uccidono.
Preghiera degli extracomunitari
GRUPPO: E noi vi chiediamo che a noi e a tutti i nostri fratelli del Sud e dell’Est sia riconosciuto il diritto di vivere liberi, sotto ogni cielo.
CORO: Alleluia, alleluia, alleluia.
LETTORE: «In quei giorni ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri.
«In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Li benedirà il Signore degli eserciti: “Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità” » (Isaia 19,23-25).
CORO: Alleluia, alleluia, alleluia.
Il Vangelo di Romero
LETTORE: «E’ giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuoI seguire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo» (Giovanni 12, 23-26).
CORO: Alle1uia, alleluia, alleluia.
PRESIDENTE: E’ stato questo l’ultimo vangelo di Romero. Ora nel suo nome vorremmo pregare, in nome di tutti i santi del mondo: di quanti hanno dato la loro vita per i fratelli; di quanti sono caduti per la libertà e la pace dei loro paesi; di quanti sono caduti per la nostra libertà e la pace dei loro fratelli.
E nel ricordo di Romero, vescovo fatto popolo, in tutte queste vite donate continui l’evento di Cristo «a liberazione di molti ». Per il Signore sia proclamata la santità di ogni vittima.
San Romero d’America, pastore e martire
LETTORE:
«L’angelo del Signore dette l’annuncio la vigilia», il cuore del Salvador segnava
24 marzo e l’ora dell’agonia.
Tu offrivi il pane, il Corpo vivo
– il frantumato corpo del tuo Popolo: il suo vittorioso Sangue
– il sangue contadino del tuo popolo massacrato
che tingerà come vino inebriante l’Aurora scongiurata!
L’angelo del Signore dette l’annuncio la vigilia
e il verbo, ancora una volta, si fa morte nella nuda carne del tuo popolo.
E si fece vita nuova
nella nostra vecchia chiesa!
Siamo nuovamente in piedi per dare testimonianza, San Romero d’America, pastore e martire nostro!
Romero della pace quasi impossibile, in questa terra di guerra. Romero, rosso fiore della incolume Speranza di tutto il Continente.
Povero glorioso pastore,
assassinato a pagamento,
a dollari,
in valuta pregiata.
Come Gesù, per ordine dell’Impero. Povero glorioso pastore, abbandonato
dai suoi stessi fratelli di Pastorale e di Tavola (le curie non potevano comprendere Cristo).
Ma era con te la massa dei poveri,
in disperazione fedele,
pascolo e anche gregge della tua profetica missione. Il popolo ti ha fatto santo.
L’ora del tuo popolo ti ha consacrato nel Kairòs. I poveri ti hanno insegnato a leggere il vangelo.
Come un fratello
ferito
da tanta morte di fratelli, sapevi piangere, solo nell’orto.
Conoscevi la paura, come un uomo in lotta. Ma sapevi dare alla tua parola,
libera,
un suono di campana. E hai saputo bere
il doppio calice
dell’ Altare e del Popolo
con una sola mano consacrata al Servizio. (Pedro Casaldaliga)