SMASCHERARE IL PAGLIACCIO
SMASCHERARE IL PAGLIACCIO
Un invito a prendere sul serio la vita e a dedicarsi a costruire ciò che potrebbe fare della terra un posto più generoso e abitabile per realizzare una convivenza umana degna di questo nome contro chi priva milioni di esseri umani del diritto di muoversi e vivere
Si svolge a Ponte di legno e al Passo del Tonale dal 6 al 9 Agosto l’edizione 2018 di “Tonalestate”, un appuntamento ormai tradizionale che porta giovani studenti e ricercatori, provenienti da Americhe, Asia ed Europa, a incontrarsi per riflettere sulle parole che, nel bene e nel male, fanno la storia di questo nostro tempo. Concorrono a dar vita all’evento esponenti del pensiero, delle religioni, della scienza e dell’economia insieme a testimoni di popoli, artisti e musicisti di diverse nazioni.
Quest’anno il titolo dell’incontro è: PAGLIACCIO. Come per ogni edizione, un’immagine, un verso di poesia e un testo introducono alla riflessione e ne sono il manifesto.
Come spiegano i promotori della manifestazione, l’immagine è di James Ensor, un geniale pittore belga che mostrando due grottesche figure di carnevale volle offrire una rappresentazione delle persone false e menzognere che sanno nascondere dietro una maschera il loro vero volto: sono gli uomini da cui Ensor si sentiva circondato, perseguitato e vilipeso, la folla informe della società borghese del suo tempo, una società che il pittore detestava per la sua ipocrisia e per la sua abilità nel tradire. In quegli anni, l’Europa viveva un’epoca di euforia, un tempo propizio agli affari e al divertimento (e sarà la prima guerra mondiale a far scoppiare quella bolla di sapone ricolma di un ottimismo illusorio) ed Ensor volle lasciare ai posteri il volto grottesco e disumano di quella gente che, assorbita dal piacere di mettersi in mostra, fingeva di possedere quel che non possedeva, gente priva di scrupoli, di gusto e di cultura, sempre pronta a deridere ciò che non riusciva a dominare, a manipolare o a distruggere. I promotori di “Tonalestate” dicono che quell’epoca è simile alla nostra, e che con essa dobbiamo confrontarci, se vogliamo prendere una decisione sana e necessaria: “Voglio smetterla di fare il pagliaccio”.
Il verso di poesia è quello di Dante dal canto XXXIII dell’Inferno: “e mangia e bee e dorme e veste panni”, mentre il testo che induce alla riflessione è tratto dal romanzo di Antonio De Petro Fuor della vita : “No. L’avvenire non s’apre, non s’offre da amico alla strada con una stretta di mano: stupiamo e piangiamo il nonsenso”,una frase che racconta il pianto nascosto, struggente, quasi inconsolabile, di chi sa come il mondo sia nemico dell’amicizia.
Il pagliaccio su cui il Tonalestate vuol far riflettere non è quel “poeta in azione” che, nel circo o nel teatro, rinnova in chi lo ascolta e lo guarda la capacità di stupore, liberandolo dall’insana ossessione di dover sempre primeggiare. Il pagliaccio su cui il Tonalestate vuol riflettere è quell’essere vanaglorioso e supponente che, con una risata vuota e inopportuna, oppure con una ferrea, oscura e incolta testardaggine, spezza la bellezza che fa capolino tra il verde dell’estate, ostacola il cammino insicuro, rifiuta il limite umano e pigramente mette a tacere chi desidera giungere all’appuntamento con la morte avendo vissuto con somma umiltà e assoluta lealtà.
Gli Stati e gli organismi internazionali, i loro presidenti, le loro istituzioni e, indubbiamente, tutti quelli che, avendo una responsabilità di governo, decidono, senza nemmeno arrossirne, di privare milioni di persone della libertà di muoversi o del minimo indispensabile per vivere e sistematicamente scelgono di ostacolare i tentativi di una convivenza umana degna di questo nome, proponendo a tutti il circensem come unica via di salvezza, non assomigliano forse a quelle due tremende maschere che Ensor ha voluto dipingere?
Se riflettiamo con sincerità, concludono gli organizzatori di Tonalestate, non possiamo non riconoscere che è ormai rarissimo che gli uomini, dal più potente al più misero, conversino e convivano davvero sul serio tra loro, una serietà che sa dire di no all’inganno e al pesantissimo giogo imposto dai forti sui deboli. Non è arrivato il momento di riflettere a fondo su questo? E lo vorranno fare anche gli uomini dedicati alla politica, gli intellettuali e tutti coloro che, considerandosi esperti su come si stanno muovendo le finanze, la geopolitica, gli eserciti, la storia e la conoscenza, si arrogano il diritto di ingabbiare l’uomo e il suo mistero?
Parliamo di una serietà che, ovviamente, non ha niente a che vedere coi musi lunghi o cinici o scettici che sono il corrispondente individuale dei muri innalzati alle frontiere, ma di una serietà che richiede un coraggio speciale, il coraggio di aiutare il cammino proprio e dell’altro verso un bene eterno, dato che, come diceva Manzoni, “fuor della vita è il termine”. La frase di De Petro scelta per il manifesto pone senza dubbio a ciascuno di noi una domanda: non dovremmo distrarci meno e dedicarci a costruire ciò che potrebbe fare della terra un posto più generoso e abitabile? E se questo costa sacrificio, siamo coscienti che si tratta di un sacrificio che vale la pena affrontare? E il verso di Dante non ci mette in guardia contro la sua parafrasi: l’uomo vacuo e disautorato che ritiene che mangiare, bere, dormire e vestirsi (cose giuste e necessarie, che tutti avrebbero il diritto di poter fare) siano lo scopo ultimo della vita?
Il fantoccio di paglia è sempre suggestionabile, mentre l’uomo che conosce il sacrificio benefico della condivisione desidera piantare árbores quae altero saeculo prosint (Stazio). Sono persone che generano nuova politica e nuova cultura vivendo già un’esperienza di convivenza umana dove il fine non giustifica i mezzi, dove il capriccio non diventa legge e quel che si dice non lo si dice per conservare un posto al sole. A questi costruttori d’amicizia, che sanno vivere con intelligenza in un mondo immerso nell’oscurità, è dedicato il Tonalestate di quest’anno, perché il potere, fortissimo e implacabile, di quei due macabri fantasmi di Ensor che ancora si annidano dentro e fuori di noi, non risultino vincenti, tanto in noi come fuori di noi.