UN DECRETO INCOSTITUZIONALE INUTILE E DANNOSO
Si dice sicurezza si semina paura
Un decreto incostituzionale inutile e dannoso
Non esiste né necessità né urgenza. L’abbattimento dei permessi di soggiorno causerà dolore e nuova clandestinità. Ci saranno pene senza delitto, e aumenterà il numero di persone senza diritti. Eppure eravamo uno Stato di diritto
Pubblichiamo il comunicato del Coordinamento per la democrazia costituzionale sul “decreto-legge Salvini”, in tema di immigrazione e “sicurezza”
Il provvedimento su immigrazione e sicurezza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 24 settembre è incostituzionale, inutile e dannoso; la sua emanazione come decreto legge può provocare guasti a cui sarà difficile porre riparo.
Innanzitutto non sussiste il presupposto dei casi di straordinaria necessità ed urgenza che soli possono legittimare il Governo ad adottare provvedimenti provvisori con forza di legge, come si evince dalla stessa eterogeneità del provvedimento con norme ispirate dalle esigenze più disparate.
La nuova disciplina dell’immigrazione e della cittadinanza presenta aspetti allarmanti di incostituzionalità.
L’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari è mirata specificamente a sgonfiare il volume dei permessi di soggiorno, creando una serie di drammi personali e aprendo la strada ad un’esplosione del contenzioso. Poiché nella stragrande maggioranza dei casi non è possibile procedere al rimpatrio, l’unico effetto reale sarà l’allargamento dell’area della clandestinità: ciò comporterà l’incremento di una popolazione di persone senza diritti, impossibilitate a lavorare e costrette al lavoro schiavile, facile preda della criminalità. Inutile dire che tale situazione inciderà sulla sicurezza degli italiani e renderà più spietato il mercato del lavoro e la competizione fra i lavoratori italiani poveri e la manodopera dei senza diritti stranieri.
Il raddoppio della durata massima del trattenimento dello straniero in attesa di rimpatrio, nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), prolungata fino a sei mesi, anche se consentito dalla Direttiva europea sui rimpatri 2008/115/CE, presenta marcati aspetti di irragionevolezza perché si risolve in una pena senza delitto data l’impossibilità di procedere al rimpatrio nella stragrande maggioranza dei casi. Tale misura comporterà il raddoppio della popolazione di stranieri in detenzione amministrativa con incremento esponenziale dei costi che gravano sui contribuenti. In questo contesto è inaccettabile la possibilità di trattenere le persone da rimpatriare in strutture idonee e nella disponibilità dell’autorità di pubblica sicurezza. In questo modo viene creato un circuito carcerario (le prigioni del Ministero dell’Interno) al di fuori dell’ordinamento nel quale non sarà possibile monitorare il rispetto dei diritti umani fondamentali.
Parimenti incostituzionale è la norma che prevede la sospensione della procedura d’asilo ed il rimpatrio del richiedente asilo che abbia subito una condanna in primo grado perché palesemente contraria alla presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.) ed al principio che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24 Cost.).
Il sostanziale smantellamento del sistema di protezione su base comunale (SPRAR) dei rifugiati e richiedenti asilo inciderà in modo pesantemente negativo sulla possibilità di inclusione degli immigrati nel tessuto sociale, rendendo più problematica la convivenza.
Problematiche e di scarsa utilità, oltre ad essere prive di ogni requisito d’urgenza sono le norme in materia di sicurezza. La sperimentazione delle c.d. armi ad impulsi elettrici da parte delle polizie municipali, crea una situazione pericolosa per la pubblica incolumità, trattandosi di dispositivi che possono avere effetti letali. Raddoppiare le pene previste dal codice Rocco per le occupazioni abusive è scelta palesemente irragionevole in quanto l’emergenza non è rappresentata dalle occupazioni di edifici abbandonati da parte dei senza casa, ma dall’esistenza di fasce di popolazione prive del diritto all’abitazione, così come non c’è nessuna necessità di mettere in vendita i patrimoni sequestrati alle mafie, aprendo alla possibilità che la criminalità organizzata riprenda possesso dei beni che le sono stati sottratti.
Roma, 25 settembre 2018.
Massimo Villone, Alfiero Grandi, Silvia Manderino, Mauro Beschi, Domenico Gallo
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Appello per attivare azioni di contrasto
alle politiche del governo sull’immigrazione
Sullo stesso tema pubblichiamo un documento del Coordinamento per la democrazia costituzionale di Modena.
Al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Parlamento dell’Unione Europea, al governo:
per chiedere di re-distribuire la ricchezza (pensioni, salari, sanità, scuola pubblica, ambiente) a favore della maggioranza della popolazione in Italia,
per contrastare : le politiche della UE e dell’Italia verso i migranti, la riapertura dei CPR (ex CIE) tra cui quello di Modena, il Decreto Salvini che abroga il permesso di soggiorno per motivi umanitari,
per applicare la Costituzione e le leggi, salvare e accogliere degnamente i migranti investendo nel Sistema di accoglienza dei Comuni (SPRAR) e nei percorsi di inserimento lavorativo e di studio,
Dal 2014 ad oggi più di 16 mila migranti, oltre 1800 nel solo 2018 (fonte ONU- UNHCR), sono annegati nel mediterraneo. Le scelte politiche dei paesi UE, dominate dalla volontà di chiudere le frontiere, e quelle del Governo Salvini – Di Maio, in sostanziale continuità da questo punto di vista con l’azione del Governo Gentiloni/Minniti, ne sono la causa. Scelte politiche che negano adeguata tutela anche al più fondamentale dei diritti umani – la vita – e che preparano per l’Italia un futuro di decadenza sociale ed economica, mettendo a rischio i principi di fondo della democrazia.
Il Governo italiano, al duplice scopo di impedire l’arrivo dei migranti e indurre gli altri paesi della UE (ricordando che Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, ideologicamente amici del ministro Salvini, non ne vogliono sentir nemmeno parlare) ad accogliere parte di quelli sbarcati in Italia, non esita in modo umanamente intollerabile e giuridicamente inammissibile, ad usare i corpi di queste persone come ricatto. Respingere e rispedire migranti nei lager libici e impedire alle ONG di salvare vite sono le conseguenze di queste scelte.
Il decreto Salvini aggrava ulteriormente questa situazione: abrogando il permesso di protezione umanitario (sostituito dai soli permessi per cure mediche, calamità naturali e meriti civili), decisione che appare incostituzionale e contraria all’art. 1 della CEDU (diritto alla vita) e a diverse convenzioni internazionali ratificate dall’Italia; disponendo il trattenimento delle persone nei CPR (ex CIE) sino a 180 giorni; riservando ai soli rifugiati e minori non accompagnati i progetti, di inclusione e integrazione sociale, previsti dal sistema di accoglienza gestito dagli enti locali (detto SPRAR).
Il decreto quindi comprometterà in modo gravissimo tutto il sistema dello SPRAR, l’unico che persegue inclusione sociale. Basti pensare che nei centri di accoglienza dei Comuni sono ospitati oggi circa 25 mila migranti mentre nei CAS, pochi centri spesso sovraffollati e senza alcun progetto di inserimento, sono 150 mila e che nel 2017 su circa 81.000 domande di asilo, hanno ricevuto risposta positiva 4 domande su 10 delle quali 2 per rifugiati e minori non accompagnati (fonte: fondazione ISMU).
Tutto ciò produrrà sicuramente caos, altre sofferenze umane, aumento dell’irregolarità e dei conflitti.
I diritti e le libertà previsti dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo non possono essere sospesi da nessuno, né in terra né in mare, nei confronti di alcun cittadino o migrante. Il motto ipocrita e classista dell’attuale Governo “Prima gli italiani” significa semplicemente “prima gli italiani ricchi”. Infatti la tendenza non è stata invertita, sempre più vasta è l’area di povertà e sempre minore la quota di PIL distribuita a salari, pensioni, stipendi, welfare e ambiente. Anziché fare la guerra ai migranti, servirebbero vere politiche a favore delle persone ovvero favorire il lavoro a scapito delle rendite finanziarie e immobiliari, creare occupazione tramite investimenti pubblici, rilanciare scuola e sanità pubbliche, ridurre l’orario di lavoro a parità di salario, approvare il nuovo Statuto dei diritti universali di chi lavora come proposto dalla CGIL, avviare un grande piano nazionale per la riqualificazione dei tessuti urbani degradati e la costruzione di case popolari di qualità. Serve dunque applicare la Costituzione e la legislazione internazionale umanitaria e ripristinare, per tutte e tutti, indipendentemente dalla provenienza i diritti e l’uguaglianza negati con le politiche di austerità.
Chiediamo quindi. 1) il ritiro del decreto Salvini, 2) per i migranti la fine delle politiche discriminatorie e anticostituzionali, l’apertura dei porti, il salvataggio in mare e l’accoglienza, la fine di qualsiasi accordo con gli attuali Governi libici per il trattenimento delle persone, 3) per tutti, italiani e migranti : l’aumento di salari e stipendi, l’avvio di forme di sostegno al reddito per tutti i periodi di disoccupazione, la tassazione dei grandi patrimoni e delle grandi rendite. Chiediamo alla Ue, pena il suo disgregarsi, l’assunzione di comuni responsabilità nel governo delle migrazioni verso l’Europa, garantendo in tutti i paesi accoglienza e investimenti per welfare, lavoro e scuola.
Chiediamo infine, ai Sindaci della provincia di Modena, a CGIL CISL UIL di Modena, che già nel 2017 avevano manifestato la loro totale contrarietà a questa scelta del Governo italiano, alle associazioni e organizzazioni democratiche tutte, di opporsi insieme a noi alla riapertura del CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) ovvero l’ex CIE di Modena, disposta l’anno scorso dall’ex Ministro Minniti e in via di attuazione da parte dell’attuale Governo. Non dimentichiamo che i CIE in genere, e quello di Modena in particolare, hanno rappresentato una pagina vergognosa e fallimentare, luoghi di violazione dei diritti umani e di pratica della detenzione amministrativa, della quale molti giuristi hanno affermato da tempo l’incostituzionalità.
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale di Modena
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Sette motivi che rendono il provvedimento illegittimo
Sul decreto-legge in questione riprendiamo da “Redattore sociale” queste notizie sulla presa di posizione che sul “decreto Salvini”ha pubblicato l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)
Un testo che desta “forte preoccupazione” per i profili di illegittimità che contiene, ma anche perché potrebbe generare maggiore fragilità sociale. L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha analizzato punto per punto il testo reso disponibile del decreto “immigrazione e sicurezza” e in un lungo report ne rileva i punti di criticità. “Invitiamo tutte le istituzioni competenti a non consentire uno strappo così vigoroso ai principi della Costituzione italiana e ad aprire un serio dibattito sulle riforme necessarie in materia di immigrazione ed asilo in Italia ed in Europa – spiegano -. Dobbiamo sottolineare la pericolosità della situazione che deriverebbe dalla pubblicazione ed eventuale conversione in legge di un testo del genere. Ciò non solo per gli ampi profili di illegittimità propri della bozza di decreto, ma anche a causa della inopportunità di assumere scelte frettolose e fortemente ideologiche, avulse dalle necessità concrete del Paese e che generano gravi ricadute sociali. Non si comprende, innanzitutto, la necessità del ricorso alla decretazione d’urgenza – aggiungono – specie in una fase come quella attuale, in cui il numero delle persone straniere che giungono in Italia è talmente ridotta da non comportare alcuna forma di allarme sociale”. Secondo Asgi questo serve a impedire “ogni confronto democratico sia in sede parlamentare, sia (soprattutto) nella società civile e tra le istituzioni maggiormente coinvolte da tale decreto – si legge – . Nel merito, sembra si voglia proseguire in scelte errate ed in odio agli individui, scelte che hanno già visto, anche in tempi recenti, organi costituzionali confrontarsi in una dialettica istituzionale assolutamente non idonea a rappresentare un paese democratico e che ha reso evidente una pericolosa involuzione del nostro sistema democratico basato sulla suddivisione dei poteri dello Stato e sul rispetto, in termini assoluti e non degradabili, della considerazione per la persona umana”.
Via l’umanitaria, profili incostituzionalità. innanzitutto, secondo Asgi l’ abrogazione dell’articolo 5 del d.lgs. 286/98 presenta gravi profili di illegittimità e di inopportunità e non considera lo scenario internazionale in cui l’Italia si trova immersa. Non solo, ma l’effetto di tale abrogazione presenta profili di manifesta incostituzionalità per contrasto agli artt. 2, 10 e 117 della Costituzione visto che una norma, come quella che attualmente regola la protezione umanitaria, è diretta a rendere pieno ed effettivo un diritto fondamentale della persona quale è il diritto d’asilo che è ben più vasto delle due nozioni di protezione internazionale; tale diritto riconosce infatti una forma di protezione in favore delle persone cui non è consentito nel proprio Paese di origine l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana e dei diritti internazionalmente riconosciuti. Almeno 20 dei 28 Paesi dell’Unione europea (Austria, Cipro, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria) prevedono forme di protezione umanitaria, sia pur con modalità diversificate. “L’eventuale abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari riaprirà lo spazio per azioni giudiziarie destinate a successo per fare accertare il diritto di asilo non più completamente attuato dal legislatore – spiega Asgi. Inoltre, l’introduzione dei permessi di soggiorno speciali ipotizzati dal decreto Legge in commento non potrebbe infatti mai supplire a tale carenza della legislazione ordinaria. “La previsione per la quale in molti casi sarebbero le Autorità amministrative (Questure e Ministero dell’Interno) ad essere titolari del potere di riconoscimento di tali permessi di soggiorno speciali comporta anche un eccessivo dilatarsi della discrezionalità amministrativa e, così, una plausibile disparità di trattamento sul territorio nazionale – aggiunge Asgi -. In tale modo si evidenzia anche la contraddittorietà del provvedimento legislativo che, stando alla relazione illustrativa, vorrebbe “delimitare l’ambito di esercizio di tale discrezionalità alla individuazione e valutazione della sussistenza di ipotesi predeterminate nella norma”. Di contro si verificherà ineluttabilmente l’ingigantirsi del numero di coloro che avranno uno status giuridico incerto o che saranno irregolari sul territorio.
Illegittimo il trattenimento dei richiedenti asilo al fine al fine della determinazione della loro identità. Per l’associazione si tratta di una norma viziata da manifesta illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 10 e 117 della Costituzione, si viola inoltre l’articolo 31 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, poiché di fatto sanziona con la privazione della libertà personale il richiedente asilo sprovvisto di documenti di viaggio, il che è un dato comune in tutto il mondo per coloro che fuggono da ogni forma di conflitto o di persecuzione. Inoltre non sono definite per legge le ipotesi tassative nelle quali il trattenimento può essere disposto dalla Autorità di pubblica sicurezza. La nuova disposizione, infatti, prevede che il trattenimento sia facoltativo e non indica in modo chiaro e predeterminato quali siano i “casi eccezionali di necessità ed urgenza”. La norma, dunque, non potrebbe resistere ad un vaglio di legittimità costituzionale. Peraltro il testo proposto risulta in contrasto anche con la Direttiva europea 32 del 2013 che non prevede affatto una simile ipotesi tra quelle in cui è consentito che la procedura di esame della domanda sia accelerata e svolta alla frontiera.
Allo stesso modo è inattuabile, secondo Asgi, la previsione secondo la quale, nelle ipotesi di indisponibilità di posti nei centri di permanenza per il rimpatrio, il giudice di pace possa autorizzare il temporaneo trattenimento dello straniero in strutture nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza o presso l’ufficio di frontiera interessato. Ciò viola l’articolo 13 della Costituzione, perché non precisa quali e dove siano i “locali idonei” e non stabilisce quali siano le modalità del trattenimento con il rischio che i locali siano inaccessibili ad una trasparente ed effettiva difesa giudiziaria.
Profili di illegittimità sono rilevabili anche nella norma che prevede la sospensione dell’asilo per reati, con conseguente espulsione. Violerebbe l’ 27 della costituzione (presunzione di non colpevolezza dell’imputato), oltre che della Convenzione di Ginevra e del principio di non refoulement e della direttiva 2013/32/UE (che non consente alcuna sospensione dell’esame delle domande, né alcuna possibilità di ometterne l’esame in presenza della commissione di determinati reati).
Particolare preoccupazione, inoltre, desta la previsione della abrogazione, di fatto, del sistema Sprar per i richiedenti asilo e per i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari. “In questo caso la scelta governativa pare essere quella di rendere ordinario ciò che attualmente la legge prevede essere straordinario, ovvero i centri di accoglienza straordinari – sottolinea Asgi – L’accoglienza dei richiedenti asilo all’interno di strutture dotate di personale qualificato che ne favorisce l’integrazione sociale e lavorativa nel tessuto locale sarebbe incomprensibilmente relegata ad ipotesi eccezionale. Lo Sprar, sistema che esiste da oltre sedici anni e che era stato considerato da tutti i governi (compresi quelli di centro-destra) come il sistema “modello” da presentare in Europa, ha dimostrato che solo l’accoglienza in strutture diffuse seguite da personale qualificato in numero adeguato e attraverso una adeguata distribuzione sul territorio dei richiedenti asilo agevola autonomia ed indipendenza delle persone, da un lato, ed i processi di integrazione, dall’altro. L’impianto normativo vigente lo prevede sia per i richiedenti asilo che per i rifugiati. “Sostenere, come sembra fare il Governo, che in fondo lo Sprar non verrebbe interamente abrogato, ma solo trasformato in un sistema di accoglienza dei soli rifugiati e non più anche dei richiedenti asilo (i quali rimarrebbero confinati nei centri governativi) rappresenta una spiegazione a dir poco debole e fuorviante perché omette di dire che proprio la sua caratteristica di sistema unico di accoglienza sia dei richiedenti che dei rifugiati dentro un’unica logica di gestione territoriale è ciò che ha reso lo sprar un sistema efficiente e razionale”.
Eliminare, poi, il diritto all’ iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo è invece considerata una irragionevole discriminazione rispetto agli altri cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno in quanto al diritto delle persone effettivamente presenti su un territorio ad essere iscritte all’Ufficio Anagrafico di un determinato comune, corrisponde la possibilità per gli amministratori locali di conoscere con certezza il numero delle persone presenti sul proprio territorio e di determinare i servizi pubblici e sociali che i Comuni hanno l’obbligo di garantire. “Siccome nessuna persona regolarmente soggiornante, come lo è il richiedente asilo, può restare sul territorio senza che la sua presenza sia rilevata, si riaprirà il contenzioso per stabilire quale debba ritenersi la dimora abituale del richiedente, creando così incertezze per gli enti locali,confusione amministrativa senza alcun beneficio per la collettività” sottolinea Asgi.
Infine, le norme in materia di cittadinanza sono ritenute ideologiche e inopportune. L’allungamento a 4 anni del termine per la Pubblica Amministrazione di definire il procedimento è “incredibilmente eccessivo e la previsione della revoca della cittadinanza per chi sia stato definitivamente condannato per taluni gravi delitti (istituto assolutamente nuovo nel nostro ordinamento, di dubbia compatibilità con il sistema della Cedu) si palesa in violazione del divieto di privazione della cittadinanza per motivi politici previsto dall’art. 22 Costituzione, perché i reati indicati (benché gravi) sono in parte reati aventi di natura politica, il che rende la nuova norma costituzionalmente illegittima”. Si potrebbe, inoltre, generare apolidia nei confronti di chi, con l’acquisto della cittadinanza italiana, abbia perso la propria di origine: anche per tale ragione tale previsione risulta illegittima. (ec)
26 settembre 2018