UNA STELLA NIGERIANA
UNA STELLA NIGERIANA
Una ragazza africana giunta in Italia ha sofferto troppo attraverso la Nigeria, la Libia, il Mediterraneo per essere ritenuta credibile e ne viene disposto il “respingimento”. E dov’è la civiltà del diritto?
Lorenzo Pisoni
Intervento di Lorenzo Pisoni, tirocinante al Tribunale di Roma per le cause dei richiedenti asilo all’assemblea di Chiesa di tutti Chiesa dei poveri del 6 aprile 2019.
Oggi più che mai è fondamentale coltivare dialogo e confronto tra parti sociali; è infatti necessario riaffermare la necessità di una democratica pluralità delle voci, contro quella singola che sovrana, vorrebbe farsi spada.
Nella realtà giuridica e umana che riempie il nostro Tribunale, emerge la forza dirompente dei casi pratici. Mi sono chiesto perché continui ad essere rilevante il loro studio. Nella riflessione mi ha guidato soprattutto il pensiero di Michel Foucault. Questi, ne La nascita della biopolitica, ci ha suggerito di “partire dalla pratiche concrete e, per così dire, far passare gli universali attraverso la griglia di queste pratiche”.
Partendo da questo dovremmo misurare la “tenuta” di principi di immane valore giuridico ed umano, facendo passare i nostri universali costituzionali nella griglia dei casi pratici.
Nel farlo vorrei partire dai tanti episodi di tratta cui veniamo a conoscenza in Tribunale e nello specifico vorrei parlarvi di Stella, a rappresentanza di tutte le altre donne nigeriane che come lei hanno vissuto storie simili.
Per Stella la “pacchia” è finita all’età di tredici anni, età che – secondo i referti – corrisponde a quella della sua mutilazione genitale. Come Stella tante, dalla Nigeria, sono vittime di tratta, di mutilazione, di violenze; non è solo lei a dircelo, anzi tace, è l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati che insieme alle tante parti sociali che fanno della solidarietà la loro missione riferisce delle vicende patite da queste ragazze, fornendo assistenza ed indicazioni su come meglio individuare coloro che sono vittime di soprusi.
Stella racconta di aver lasciato il proprio Paese d’origine perché, ancora minorenne, sottoposta a mutilazione, maltrattamenti e violenze; dice di essere poi fuggita in Libia, ma in realtà molte vittime di tratta sono qui riunite dai trafficanti, prima di essere svilite a “merce” da portare in Europa.
Stella arriva nell’agosto di qualche anno fa, dopo che le è stato intimato di imbarcarsi durante una notte d’estate. In Italia arriva davanti alla Commissione Territoriale, l’organo amministrativo competente a conoscere le domande di protezione internazionale; questi è l’ente che decide, in prima istanza, circa il rimpatrio o il rilascio di un permesso.
Qui racconta la sua storia: mutilata, maltrattata, violentata, quindi scappata dalla Nigeria verso la Libia; sequestrata, maltrattata, violentata quindi scappata dalla Libia verso l’Italia. Probabilmente non è scappata, ma inserita in un sistema di traffico di essere umani che la vede – probabilmente – ancora oggi coinvolta.
In Commissione le viene negato il diritto ad una qualsiasi forma di protezione internazionale, il suo racconto, infatti, non viene creduto: non è circostanziato, è inesatto, non è puntuale, è generico. Stella, una ragazza nata nel 1995, che ha attraversato Nigeria, Libia e Mediterraneo, non è ritenuta credibile, e per questo motivo ne viene disposto il respingimento. Come tanti altri, Stella è reticente, preferisce non raccontare le sue sofferenze, forse perché minacciata, forse per dignità. Il fatto che taccia, di per sé, non dovrebbe essere dirimente, anzi dovrebbe essere interpretato quale indice sintomatico di un vissuto che conduce ed induce al silenzio. Questo silenzio, invece, viene spesso inteso come una forma di non-collaborazione, di resistenza, e su questa scorta viene negata una permanenza regolare in Italia, ciò che costringe Stella all’invisibilità propria degli ultimi, dei sommersi.
Stella impugna il provvedimento, così finendo in Tribunale, dove facciamo la sua conoscenza. Qui ha modo di circostanziare meglio la propria domanda di protezione, di renderla più esatta, più puntuale, meno generica. Stella così presenta diversi referti medici a testimonianza di: mutilazione genitale , di un aborto spontaneo prodotto e risultato, secondo i medici, di violenze subite, di diverse cicatrici, esiti indelebili di altre violenze sessuali sofferte in anni recenti, di uno stato di gravidanza di qualche mese, sicuramente presente – ma sconosciuto – al momento dell’audizione in Commissione, di ragade anale, sinonimo di altre indicibili violenze, e di un disturbo psicologico post-traumatico.
Stella è poco più piccola di chi vi parla, ed è diretta testimone di vicende all’ordine del giorno. È triste pensare che, in assenza di referti, ci sia chi, nella confortante cornice di un diritto che può anche essere cieco, non sia più in grado di interpretare la sofferenza negli occhi di una ragazza appena ventenne.
E allora cosa rimane degli universali del nostro Testo Costituzionale dopo il vaglio, dopo la griglia, di questo caso pratico?
Cosa rimane dell’articolo 2, che invita a riconoscere e garantire i diritti inviolabile dell’uomo, che sprona la collettività tutta al principio di solidarietà, o fraternità, come dice Cecilia Pratesi?
Cosa dell’articolo 3 sulla dignità sociale che tutela, sappiamo, non “solo i cittadini”?
Cosa dell’articolo 10 sul rispetto degli obblighi internazionali e sul dovere di garantire allo straniero l’effettivo godimento di libertà democratiche?
Cosa dell’art. 11, con la sua pace tra le Nazioni, in un’Italia dove si ergono muri?
Cosa dell’art. 32 sulla tutela della salute di ogni individuo?
La nostra Carta, definita dai più come la Carta d’oro, deve essere la nostra bussola.
Questa, quale esempio di un rinnovato contratto sociale, deve unire le diverse parti sociali, al fine di comporre i conflitti, ordinare il sociale, riportare il tutto ad unità, così eliminando le categorie dei sommersi e dei salvati, così riaffermando quei valori in cui tutti possiamo riconoscerci.
La soluzione è già dentro la Costituzione; e così come riecheggia forte il pensiero di Vezio Crisafulli, quando diceva che essa dovesse essere interpretata magis ut valeat come atto normativo idoneo a disciplinare direttamente i comportamenti delle parti pubbliche e private, oggi si impone a noi, quali parti sociali, di ri-ordinare il sociale, interpretando la parola Costituzione nella sua massima capacità espansiva.
Lorenzo Pisoni