LE DONNE ARMONIA DEL MONDO (E AL DIACONATO SI PUO’ PENSARE)

Omelia a Santa Marta del 9 febbraio 2017 (da: L’Osservatore Romano del 10/02/2017)

«Per capire una donna bisogna prima sognarla»: ecco perché la donna è «il grande dono di Dio», capace di «portare armonia nel creato». Tanto che, ha confidato Papa Francesco con un tocco di poetica tenerezza, «a me piace pensare che Dio ha creato la donna perché tutti noi avessimo una madre». È un vero e proprio inno alle donne che il Pontefice ha proposto nella messa celebrata giovedì mattina, 9 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta. È la donna, ha riconosciuto Francesco, «che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza e che fa del mondo una cosa bella». E se «sfruttare le persone è un crimine di lesa umanità, sfruttare una donna è di più di un reato e un crimine: è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo, è tornare indietro».

Per la sua meditazione, Francesco ha preso le mosse dalle letture odierne, tratte dal libro della Genesi (2, 18-25) e dal Vangelo di Marco (7, 24-30). La liturgia «continua la narrazione della creazione del mondo» ha detto subito il Papa, facendo anche notare come sembri «che con la creazione dell’uomo tutto sia finito», tanto che «Dio si riposa». Però «manca qualcosa: l’uomo era solo» e di quella «solitudine Dio stesso se ne accorse: “Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda”» si legge, appunto, nella Genesi.

Così «il Signore artigianalmente — ma questa è una forma letteraria per dirlo — “plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati”» ha affermato il Papa rileggendo il passo biblico. E «Dio disse» all’uomo: «questa sarà la tua compagnia. dalle un nome». Da parte di Dio, ha proseguito Francesco, «questo è un mandato di dominio». In pratica dice all’uomo: «Tu sarai il padrone di questi, quello che dà il nome, quello che comanda”». Ma «per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse» si legge nella Genesi. Così «l’uomo era solo, con tutti questi animali: “Ma, senti, perché non prendi un cane, fedele, che ti accompagni nella vita, poi due gatti per accarezzarli: il cane fedele è buono, i gatti sono carini, per alcuni, per altri no, per i topi no!». Però l’uomo «non trovava in questi animali una compagnia» e, in sostanza, «era solo».

Francesco ha proseguito riproponendo punto per punto il passo della Genesi: «Allora il Signore — continua il racconto — “fece scendere un torpore sull’uomo”: lo fa dormire. Un uomo solo, la solitudine, adesso l’uomo viene addormentato, il sogno dell’uomo: si addormentò». E «artigianalmente — questo è scritto letteralmente — gli tolse la costola e fece “una donna e la condusse all’uomo”. L’uomo, quando la vide, disse: “Ah, questa volta sì! Questa è ossa dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna — dà un nome — perché dall’uomo è stata tolta”». Insomma, ha affermato Francesco, per l’uomo «è una cosa differente da tutto quello che aveva, era quello che gli mancava per non essere solo: la donna, la scoprì, la vide». Ma «prima di vederla, l’ha sognata». Infatti, ha detto il Papa, «per capire una donna è necessario sognarla, prima; non la si può capire come tutti gli altri viventi: è una cosa differente, è una cosa diversa». Proprio «così Dio l’ha fatta: per essere sognata, prima».

«Tante volte — ha fatto notare il Pontefice — quando noi parliamo delle donne, parliamo in modo funzionale: la donna è per fare questo, per fare, no! Prima è per un’altra cosa: la donna porta qualcosa che, senza di lei, il mondo non sarebbe così». La donna «è una cosa differente, è una cosa che porta una ricchezza che l’uomo e tutto il creato e tutti gli animali non hanno». Anche «Adamo, prima di vederla, l’ha sognata: c’è qualcosa di poesia, in questa narrazione». E «poi il terzo passo, quando Adamo dice “Questa è ossa dalle mie ossa e carne dalla mia carne”: il destino di tutti e due». Si legge, infatti, nella Genesi: «Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne». Sì, «un’unica carne».

«Adamo — ha affermato ancora Francesco — non poteva essere un’unica carne con gli uccelli, con il cane, con il gatto, con tutti gli animali, con tutto il creato: no, no! Solo con la donna e questo è il destino, questo è il futuro, questo è quello che mancava». E «la donna viene così a incoronare il creato, di più: porta armonia al creato». Perciò «quando non c’è la donna, manca l’armonia». Anche «noi diciamo, parlando: questa è una società con un forte atteggiamento maschile. Manca la donna». E magari si dice pure che «la donna è per lavare i piatti, per fare». Invece «no: la donna è per portare armonia; senza la donna non c’è armonia». L’uomo e la donna «non sono uguali, non sono uno superiore all’altro, no. Soltanto che l’uomo non porta l’armonia: è lei che porta quella armonia che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza e che fa del mondo una cosa bella».

«Tre passi», dunque, ha rilanciato il Pontefice. Anzitutto «l’uomo solo, la solitudine dell’uomo senza la donna; secondo, il sogno: mai si può capire una donna senza sognarla prima; terzo, il destino: una sola carne».

«Mi è capitato alcuni mesi fa — ha confidato Francesco — in una delle udienze, quando andavo salutando la gente che era dietro le transenne, una coppia di sposi che celebrava il sessantesimo di matrimonio: non erano tanto anziani perché si erano sposati giovani, andavano sull’ottantina, ma stavano bene, sorridenti». Vedendoli il Papa ha domandato loro — perché, ha sorriso, «sempre domando qualcosa, scherzando, alla gente che fa gli anniversari di matrimonio» — chi dei due avesse avuto «più pazienza» nei sessant’anni di matrimonio. E «loro che mi guardavano, si sono guardati negli occhi — non dimentico mai quegli occhi — poi sono tornati e mi hanno detto, tutti e due insieme: “Siamo innamorati”». Ecco, ha aggiunto Francesco, «dopo sessant’anni, questo significa una sola carne e questo è quello che porta la donna: la capacità di innamorarsi. L’armonia al mondo».

«Tante volte — ha riconosciuto il Papa — sentiamo dire: “È necessario che in questa società, in questa istituzione, che qui ci sia una donna perché faccia questo, faccia queste cose”». Ma «la funzionalità non è lo scopo della donna: è vero che la donna deve fare cose e fa — come tutti noi facciamo — cose». Però «lo scopo della donna è fare l’armonia e senza la donna non c’è l’armonia nel mondo». Sì, ha insistito il Pontefice, «sfruttare le persone è un crimine di lesa umanità, è vero, ma sfruttare una donna è di più: è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo». È veramente «distruggere, non è solo un reato, un crimine: è una distruzione, è tornare indietro, è distruggere l’armonia”».

«Questo è il grande dono di Dio: ci ha dato la donna» ha affermato il Pontefice. E nel passo del Vangelo di Marco, proposto oggi dalla liturgia, «abbiamo sentito di che cosa è capace una donna» ha fatto notare Francesco, riferendosi alla donna la cui figlia era posseduta da uno spirito impuro. Una donna «coraggiosa» che «è andata avanti con coraggio, ma è di più, è di più: la donna è l’armonia, è la poesia, è la bellezza». Al punto che «senza di lei il mondo non sarebbe così bello, non sarebbe armonico».

 

Il ruolo delle donne nella Chiesa: un diritto delle battezzate

Risposte di papa Francesco a domande poste dalle superiori generali degli ordini religiosi nell’incontro avvenuto nell’aula Paolo VI il 12 maggio 2016.

Prima domanda

Per un migliore inserimento delle donne nella vita della Chiesa

Papa Francesco, Lei ha detto che “il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita della Chiesa e della società”, e tuttavia le donne sono escluse dai processi decisionali nella Chiesa, soprattutto ai più alti livelli, e dalla predicazione nell’Eucaristia. Un importante impedimento all’abbraccio pieno della Chiesa del “genio femminile” è il legame che sia i processi decisionali che la predicazione hanno con l’ordinazione sacerdotale. Lei vede un modo per separare dall’ordinazione sia i ruoli di leadership che la predicazione all’Eucaristia, in modo che la nostra Chiesa possa essere più aperta a ricevere il genio delle donne, in un futuro molto prossimo?

Papa Francesco

Sono varie cose qui che dobbiamo distinguere. La domanda è legata alla funzionalità, è legata molto alla funzionalità, mentre il ruolo della donna va oltre. Ma io adesso rispondo alla domanda, poi parliamo… Ho visto che ci sono altre domande che vanno oltre.

E’ vero che le donne sono escluse dai processi decisionali nella Chiesa: escluse no, ma è molto debole l’inserimento delle donne lì, nei processi decisionali. Dobbiamo andare avanti. Per esempio – davvero io non vedo difficoltà – credo che nel Pontificio Consiglio Giustizia e Pace che porta avanti la segreteria sia una donna, una religiosa. E’ stata proposta un’altra e io l’ho nominata, ma lei ha preferito di no, perché doveva andare da un’altra parte a fare altri lavori della sua Congregazione. Si deve andare oltre, perché per tanti aspetti dei processi decisionali non è necessaria l’ordinazione. Non è necessaria. Nella riforma della Cost. ap. Pastor Bonus, a proposito dei Dicasteri, quando non c’è la giurisdizione che viene dall’ordinazione – cioè la giurisdizionale pastorale – non si vede scritto che può essere una donna, non so se capo dicastero, ma… Per esempio per i migranti: al dicastero per i migranti una donna potrebbe andare. E quando c’è necessità – adesso che i migranti entrano in un dicastero – della giurisdizione, sarà il Prefetto a dare questo permesso. Ma nell’ordinario può andare, nell’esecuzione del processo decisionale. Per me è molto importante l’elaborazione delle decisioni: non soltanto l’esecuzione, ma anche l’elaborazione, e cioè che le donne, sia consacrate sia laiche, entrino nella riflessione del processo e nella discussione. Perché la donna guarda la vita con occhi propri e noi uomini non possiamo guardarla così. E’ il modo di vedere un problema, di vedere qualsiasi cosa, in una donna è diverso rispetto a quello che è per l’uomo. Devono essere complementari, e nelle consultazioni è importante che ci siano le donne.

Io ho avuto l’esperienza a Buenos Aires di un problema: vedendolo con il Consiglio presbiterale – quindi tutti uomini – era ben trattato; poi, il vederlo con un gruppo di donne religiose e laiche ha arricchito tanto, tanto, e favorito la decisione con una visione complementare. E’ necessario, è necessario questo! E penso che dobbiamo andare avanti, su questo poi il processo decisionale vedrà.

C’è poi il problema della predicazione nella Celebrazione Eucaristica. Non c’è alcun problema che una donna – una religiosa o una laica – faccia la predica in un Liturgia della Parola. Non c’è problema. Ma nella Celebrazione Eucaristica c’è un problema liturgico-dogmatico, perché la celebrazione è una – la Liturgia della Parola e la Liturgia Eucaristica, è un’unità – e Colui che la presiede è Gesù Cristo. Il sacerdote o il vescovo che presiede lo fa nella persona di Gesù Cristo. E’ una realtà teologico-liturgica. In quella situazione, non essendoci l’ordinazione delle donne, non possono presiedere. Ma si può studiare di più e spiegare di più questo che molto velocemente e un po’ semplicemente ho detto adesso.

Invece nella leadership non c’è problema: in quello dobbiamo andare avanti, con prudenza, ma cercando le soluzioni …

Ci sono due tentazioni qui, dalle quali dobbiamo guardarci.

La prima è il femminismo: il ruolo della donna nella Chiesa non è femminismo, è diritto! E’ un diritto di battezzata con i carismi e i doni che lo Spirito ha dato. Non bisogna cadere nel femminismo, perché questo ridurrebbe l’importanza di una donna. Io non vedo, in questo momento, un grande pericolo riguardo a questo tra le religiose. Non lo vedo.  Forse una volta, ma non in genere non c’è.

L’altro pericolo, che è una tentazione molto forte e ne ho parlato parecchie volte, è il clericalismo. E questo è molto forte. Pensiamo che oggi più del 60 per cento delle parrocchie – delle diocesi non so, ma solo un po’ meno – non hanno il consiglio per gli affari economici e il consiglio pastorale. Questo cosa vuol dire? Che quella parrocchia e quella diocesi è guidata con uno spirito clericale, soltanto dal prete, che non attua quella sinodalità parrocchiale, quella sinodalità diocesana, che non è una novità di questo Papa. No! E’ nel Diritto Canonico, è un obbligo che ha il parroco di avere il consiglio dei laici, per e con laici, laiche e religiose per la pastorale e per gli affari economici. E questo non lo fanno. E questo è il pericolo del clericalismo oggi nella Chiesa. Dobbiamo andare avanti e togliere questo pericolo, perché il sacerdote è un servitore della comunità, il vescovo è un servitore della comunità, ma non è il capo di una ditta. No! Questo è importante. In America Latina, per esempio, il clericalismo è molto forte, molto marcato. I laici non sanno che cosa fare, se non domandano al prete… E’ molto forte. E per questo la consapevolezza del ruolo dei laici in America Latina è molto in ritardo. Si è salvato un po’ di questo solo nella pietà popolare: perché il protagonista è il popolo e il popolo ha fatto le cose come venivano; e ai preti quell’aspetto non interessava tanto, e qualcuno non vedeva di buon occhio questo fenomeno della pietà popolare. Ma il clericalismo è un atteggiamento negativo. Ed è complice, perché si fa in due, come il Tango che si balla in due… Cioè: il sacerdote che vuole clericalizzare il laico, la laica, il religioso e la religiosa, il laico che chiede per favore di essere clericalizzato, perché è più comodo. E’ curioso questo. Io, a Buenos Aires, ho avuto questa esperienza tre o quattro volte: un parroco bravo, che viene e mi dice “Sa, io ho un laico bravissimo in parrocchia: fa questo, fa questo, sa organizzare, si dà da fare, è davvero un uomo di valore…Lo facciamo diacono?”. Cioè: lo “clericalizziamo?”. “No! Lascia che rimanga laico. Non farlo diacono”. Questo è importante. A voi succede questo, che il clericalismo tante volte vi frena nello sviluppo lecito della cosa.

Io chiederò – e forse alla Presidente lo farò arrivare – alla Congregazione per il Culto che spieghi bene, in modo approfondito, quello che ho detto un po’ leggermente sulla predicazione nella Celebrazione Eucaristica. Perché non ho la teologia e la chiarezza sufficiente per spiegarlo adesso. Ma bisogna distinguere bene: una cosa è la predicazione in una Liturgia della Parola, e questo si può fare; altra cosa è la Celebrazione eucaristica, qui c’è un altro mistero. E’ il Mistero di Cristo presente e il sacerdote o il vescovo che celebrano in persona Christi.

Per la leadership è chiaro… Sì credo che questa possa essere la mia risposta in generale alla prima domanda. Vediamo la seconda. 

Seconda domanda

Il ruolo delle donne consacrate nella Chiesa

Le donne consacrate lavorano già tanto con i poveri e con gli emarginati, insegnano la catechesi, accompagnano i malati e i moribondi, distribuiscono la comunione, in molti Paesi guidano le preghiere comuni in assenza di sacerdoti e in quelle circostanze pronunciano l’omelia. Nella Chiesa c’è l’ufficio del diaconato permanente, ma è aperto solo agli uomini, sposati e non. Cosa impedisce alla Chiesa di includere le donne tra i diaconi permanenti, proprio come è successo nella Chiesa primitiva? Perché non costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione? Ci può fare qualche esempio di dove Lei vede la possibilità di un migliore inserimento delle donne e delle donne consacrate nella vita della Chiesa?

Papa Francesco

Questa domanda va nel senso del “fare”: le donne consacrate lavorano già tanto con i poveri, fanno tante cose… nel “fare”. E tocca il problema del diaconato permanente. Qualcuno potrà dire che le “diaconesse permanenti” nella vita della Chiesa sono le suocere [ride, ridono]. In effetti questo c’è nell’antichità: c’era un inizio… Io ricordo che era un tema che mi interessava abbastanza quando venivo a Roma per le riunioni, e alloggiavo alla Domus Paolo VI; lì c’era un teologo siriano, bravo, che ha fatto l’edizione critica e la traduzione degli Inni di Efrem il Siro. E un giorno gli ho domandato su questo, e lui mi ha spiegato che nei primi tempi della Chiesa c’erano alcune “diaconesse”. Ma che cosa sono queste diaconesse? Avevano l’ordinazione o no? Ne parla il Concilio di Calcedonia (451), ma è un po’ oscuro. Qual era il ruolo delle diaconesse in quei tempi? Sembra – mi diceva quell’uomo, che è morto, era un bravo professore, saggio, erudito – sembra che il ruolo delle diaconesse fosse per aiutare nel battesimo delle donne, l’immersione, le battezzavano loro, per il decoro, anche per fare le unzioni sul corpo delle donne, nel battesimo. E anche una cosa curiosa: quando c’era un giudizio matrimoniale perché il marito picchiava la moglie e questa andava dal vescovo a lamentarsi, le diaconesse erano le incaricate di vedere i lividi lasciati sul corpo della donna dalle percosse del marito e informare il vescovo. Questo, ricordo. Ci sono alcune pubblicazioni sul diaconato nella Chiesa, ma non è chiaro come fosse stato. Credo che chiederò alla Congregazione per la Dottrina della Fede che mi riferiscano circa gli studi su questo tema, perché io vi ho risposto soltanto in base a quello che avevo sentito da questo sacerdote che era un ricercatore erudito e valido, sul diaconato permanente. E inoltre vorrei costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione: credo che farà bene alla Chiesa chiarire questo punto; sono d’accordo, e parlerò per fare una cosa di questo genere.

Poi dite: “Siamo d’accordo con lei, Santo Padre, che ha più volte riportato la necessità di un ruolo più incisivo delle donne nelle posizioni decisionali nella Chiesa”. Questo è chiaro. “Ci può fare qualche esempio di dove Lei vede la possibilità di un migliore inserimento delle donne e delle donne consacrate nella vita della Chiesa?”. Dirò una cosa che viene dopo, perché ho visto che c’è una domanda generale. Nelle consultazioni della Congregazione per i religiosi, nelle assemblee, le consacrate devono andare: questo è sicuro. Nelle consultazioni sui tanti problemi che vengono presentati, le consacrate devono andare. Un’altra cosa: un migliore inserimento. Al momento non mi vengono in mente cose concrete, ma sempre quello che ho detto prima: cercare il giudizio della donna consacrata, perché la donna vede le cose con una originalità diversa da quella degli uomini, e questo arricchisce: sia nella consultazione, sia nella decisione, sia nella concretezza.

Questi lavori che voi fate con i poveri, gli emarginati, insegnare la catechesi, accompagnare i malati e i moribondi, sono lavori molto “materni”, dove la maternità della Chiesa si può esprimere di più. Ma ci sono uomini che fanno lo stesso, e bene: consacrati, ordini ospedalieri… E questo è importante.

Dunque, sul diaconato, sì, accetto e mi sembra utile una commissione che chiarisca bene questo, soprattutto riguardo ai primi tempi della Chiesa.

Riguardo a un migliore inserimento, ripeto quello che ho detto prima.

Se c’è qualcosa da concretizzare, domandatelo adesso: su questo che ho detto, c’è qualche domanda in più, che mi aiuti a pensare? Avanti…

Terza domanda

Il ruolo dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali

Che ruolo potrebbe avere l’Unione Internazionale delle Superiore Generali, in modo che possa avere una parola nel pensiero della Chiesa, una parola che sia ascoltata, dal momento che porta con sé la voce di duemila istituti di religiose? Come è possibile che molto spesso veniamo dimenticate e non rese partecipi, per esempio dell’assemblea generale della Congregazione degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, lì dove si parla della vita consacrata? Può la Chiesa permettersi di continuare a parlare di noi, invece di parlare con noi?

Papa Francesco

Suor Teresina abbia un po’ di pazienza, perché mi è venuto in mente quello che era sfuggito dell’altra domanda, su “che cosa può fare la vita consacrata femminile?”. E’ un criterio che voi dovete rivedere, che anche la Chiesa deve rivedere. Il vostro lavoro, il mio e quello di tutti noi, è di servizio. Ma io, tante volte, trovo donne consacrate che fanno un lavoro di servitù e non di servizio. E’ un po’ difficile da spiegare, perché non vorrei che si pensasse a casi concreti, che forse sarebbe un cattivo pensiero, perché nessuno conosce bene le circostanze. Ma pensiamo a un parroco, un parroco che per sicurezza immaginiamo: “No, no, la mia canonica è in mano a due suore” – “E sono loro che gestiscono?” – “Sì, sì!” – “E cosa fanno di apostolato, catechesi?” – “No, no, soltanto quello!”. No! Questo è servitù! Mi dica, signor parroco, se nella sua città non ci sono donne brave, che hanno bisogno di lavoro. Ne prenda una, due, che facciano quel servizio. Queste due suore, che vadano nelle scuole, nei quartieri, con gli ammalati, con i poveri. Questo è il criterio: lavoro di servizio e non di servitù! E quando, a voi Superiore, chiedono una cosa che è più di servitù che di servizio, siate coraggiose nel dire “no”. Questo è un criterio che aiuta parecchio, perché quando si vuole che una consacrata faccia un lavoro di servitù, si svaluta la vita e la dignità di quella donna. La sua vocazione è il servizio: servizio alla Chiesa, ovunque sia. Ma non servitù!

Ecco, adesso [rispondo a] Teresina: “Qual è, secondo lei, il posto della vita religiosa apostolica femminile all’interno della Chiesa? Che cosa mancherebbe alla Chiesa se non ci fossero più le religiose?”. Mancherebbe Maria il giorno di Pentecoste! Non c’è Chiesa senza Maria! Non c’è Pentecoste senza Maria! Ma Maria era lì, non parlava forse… Questo l’ho detto, ma mi piace ripeterlo. La donna consacrata è una icona della Chiesa, è un’icona di Maria. Il prete, il sacerdote, non è icona della Chiesa; non è icona di Maria: è icona degli apostoli, dei discepoli che sono inviati a predicare. Ma non della Chiesa e di Maria. Quando dico questo voglio farvi riflettere sul fatto che “la” Chiesa è femminile; la Chiesa è donna: non è “il” Chiesa, è “la” Chiesa. Ma è una donna sposata con Gesù Cristo, ha il suo Sposo, che è Gesù Cristo. E quando un vescovo è scelto per una diocesi, il vescovo – in nome di Cristo – sposa quella Chiesa particolare. La Chiesa è donna! E la consacrazione di una donna la fa icona proprio della Chiesa e icona della Madonna. E questo noi uomini non possiamo farlo. Questo vi aiuterà ad approfondire, da questa radice teologica, un ruolo grande nella Chiesa. E questo vorrei che non sfuggisse.

Mi trovo totalmente d’accordo [sulla conclusione della terza domanda]. La Chiesa: la Chiesa siete voi, siamo tutti. La gerarchia – diciamo – della Chiesa deve parlare di voi, ma prima e nel momento deve parlare con voi! Questo è sicuro. Nell’Assemblea della CIVCSVA voi dovete essere presenti. Sì, sì! Io questo lo dirò al Prefetto: nell’Assemblea voi dovete essere presenti! E’ chiaro, perché parlare di un assente non è neanche evangelico: deve poter sentire, ascoltare che cosa si pensa, e poi facciamo insieme. Sono d’accordo. Io non immaginavo tanto distacco, davvero. E grazie di averlo detto così coraggiosamente e con quel sorriso.

Mi permetto una battuta. Lei lo ha fatto con quel sorriso, che in Piemonte si dice il sorriso della mugna quacia [con una faccia ingenua]. Brava! Sì, voi avete ragione in questo. Credo che sia facile riformare, io ne parlerò con il Prefetto. “Ma questa Assemblea generale non parlerà delle suore, parlerà di un’altra cosa…” – “E’ necessario sentire le suore perché hanno un’altra visione della cosa”. E’ quello che avevo detto prima: è importante che siate sempre inserite… Vi ringrazio della domanda.

Qualche chiarimento riguardo a questo? Qualcosa di più? E’ chiaro?

Ricordate bene questo: cosa mancherebbe alla Chiesa se le religiose non esistessero? Mancherebbe Maria nel giorno di Pentecoste. La religiosa è icona della Chiesa e di Maria; e la Chiesa è femminile, sposata da Gesù Cristo.  

Quarta domanda

Gli ostacoli che incontriamo come donne consacrate all’interno della Chiesa.

Carissimo Santo Padre, molti istituti stanno affrontando la sfida di portare novità nella forma di vita e nelle strutture rivedendo le Costituzioni. Questo si sta rivelando difficile, perché ci ritroviamo bloccate dal Diritto Canonico. Lei prevede cambiamenti nel Diritto Canonico, in modo da facilitare questa novità?

Inoltre i giovani oggi hanno difficoltà a pensare ad un impegno permanente, sia nel matrimonio che nella vita religiosa. Potremmo essere aperte a impegni temporanei?

E un altro aspetto: svolgendo il nostro ministero in solidarietà con i poveri e gli emarginati, veniamo spesso erroneamente considerate come attiviste sociali o come se prendessimo posizioni politiche. Alcune autorità ecclesiali vorrebbero che fossimo più mistiche e meno apostoliche. Quale valore viene dato alla vita consacrata apostolica e in particolare alle donne, da alcune parti della Chiesa gerarchica?

Papa Francesco

Primo: i cambiamenti che si devono fare per assumere le nuove sfide: Lei ha parlato di novità, novità nel senso positivo, se ho capito bene, cose nuove che vengono… E la Chiesa è maestra in questo, perché ha dovuto cambiare tanto, tanto, tanto nella storia. Ma in ogni cambiamento ci vuole il discernimento, e non si può fare discernimento senza preghiera. Come si fa il discernimento? La preghiera, il dialogo, poi il discernimento in comune. Bisogna chiedere il dono del discernimento, di saper discernere. Per esempio, un imprenditore deve fare cambiamenti nella sua ditta: lui valuta con concretezza, e quello che la sua coscienza gli dice, lo fa. Nella nostra vita, c’entra un altro personaggio: lo Spirito Santo. E per fare un cambiamento, dobbiamo valutare tutte le circostanze concrete, questo è vero, ma per entrare in un processo di discernimento con lo Spirito Santo ci vogliono preghiera, dialogo e discernimento comune. Credo che su questo punto noi non siamo ben formati – quando dico “noi” parlo anche dei sacerdoti – nel discernimento delle situazioni, e dobbiamo cercare di avere esperienze e anche cercare qualche persona che ci spieghi bene come si fa il discernimento: un buon padre spirituale che conosca bene queste cose e ci spieghi, che non è un semplice “pro e contro”, fare la somma, e avanti. No, è qualcosa di più. Ogni cambiamento che si deve fare, richiede di entrare in questo processo di discernimento. E questo vi darà più libertà, più libertà! Il Diritto Canonico: ma non c’è nessun problema. Il Diritto Canonico nel secolo scorso è stato cambiato – se non sbaglio – due volte: nel 1917 e poi sotto san Giovanni Paolo II. Piccoli cambiamenti si possono fare, si fanno. Questi invece sono stati due cambiamenti di tutto il Codice. Il Codice è un aiuto disciplinare, un aiuto per la salvezza delle anime, per tutto questo: è l’aiuto giuridico della Chiesa per i processi, tante cose, ma che nel secolo scorso due volte, è stato totalmente cambiato, rifatto. E così si possono cambiare delle parti. Due mesi fa è arrivata una richiesta di cambiare un canone, non ricordo bene… Ho fatto fare lo studio e il Segretario di Stato ha fatto le consultazioni e tutti erano d’accordo che sì, questo si doveva cambiare per il maggior bene, ed è cambiato. Il Codice è uno strumento, questo è molto importante. Ma insisto: mai fare un cambiamento senza fare un processo di discernimento, personale e comunitario. E questo vi darà libertà, perché mettete lì, nel cambiamento, lo Spirito Santo. E’ questo che ha fatto san Paolo, san Pietro stesso, quando ha sentito che il Signore lo spingeva a battezzare i pagani. Quando noi leggiamo il libro degli Atti degli Apostoli, ci meravigliamo di tanto cambiamento, tanto cambiamento… E’ lo Spirito! Interessante, questo: nel libro degli Atti degli Apostoli, i protagonisti non sono gli apostoli, è lo Spirito. “Lo Spirito costrinse a fare quello”; “lo Spirito disse a Filippo: vai là e là, trova il ministro dell’economia e battezzalo”; “Lo Spirito fa”, “lo Spirito dice: no, qui non venite”… E’ lo Spirito. E’ lo Spirito che ha dato il coraggio agli apostoli per fare questo cambiamento rivoluzionario di battezzare i pagani senza fare la strada della catechesi ebraica o delle prassi ebraiche. E’ interessante: nei primi capitoli c’è la Lettera che gli apostoli, dopo il Concilio di Gerusalemme, inviano ai pagani convertiti. Raccontano tutto quello che hanno fatto: “Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso questo”. Questo è un esempio di discernimento che hanno fatto. Ogni cambiamento, fatelo così, con lo Spirito Santo. Cioè: discernimento, preghiera e anche valutazione concreta delle situazioni.

E per il Codice non c’è problema, questo è uno strumento.

Riguardo all’impegno permanente dei giovani. Noi viviamo in una “cultura del provvisorio”. Mi raccontava un vescovo, tempo fa che era andato da lui un giovane universitario, che aveva finito l’università, 23/24 anni, e gli aveva detto: “Io vorrei diventare sacerdote, ma solo per dieci anni”. E’ la cultura del provvisorio. Nei casi matrimoniali è cosi. “Io ti sposo finché dura l’amore e poi ciao”. Ma l’amore inteso in senso edonistico, nel senso di questa cultura di oggi. Ovviamente questi matrimoni sono nulli, non sono validi. Non hanno coscienza della perpetuità di un impegno. Nei matrimoni è così. Nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia leggete la problematica, è nei primi capitoli, e leggete come preparare il matrimonio. Mi diceva una persona: “Io questo non lo capisco: per diventare prete dovete studiare, prepararvi per otto anni, più o meno. E poi, se la cosa non va, o se ti innamori di una bella ragazza, la Chiesa ti permette: vai, sposati, incomincia un’altra vita. Per sposarsi – che è per tutta la vita, che è “per” la vita – la preparazione in tante diocesi sono tre, quattro conferenze… Ma questo non va! Come può un parroco firmare che questi sono preparati al matrimonio, con questa cultura del provvisorio, con quattro spiegazioni soltanto? E’ un problema molto serio. Nella vita consacrata, a me sempre ha colpito – positivamente – l’intuizione di san Vincenzo de Paoli: lui ha visto che le Suore della Carità dovevano fare un lavoro così forte, così “pericoloso”, proprio in frontiera, che ogni anno devono rinnovare i voti. Soltanto per un anno. Ma lo aveva fatto come carisma, non come cultura del provvisorio: per dare libertà. Io credo che nella vita consacrata i voti temporanei facilitino questo. E, non so, voi vedete, ma io sarei piuttosto favorevole forse di prolungare un po’ i voti temporanei, per questa cultura del provvisorio che hanno i giovani oggi: è… prolungare il fidanzamento prima di fare il matrimonio! Questo è importante.

[La conversazione è continuata con altre domande e risposte]

 

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