LA TERRA NON CE LA FA PIÙ. LA CHIESA RISPONDE
LA TERRA NON CE LA FA PIÙ. LA CHIESA RISPONDE
Il Sinodo speciale per l’Amazzonia non ha un solo destinatario e un solo obiettivo, ma due: la Chiesa e la terra, e risponde a due invocazioni, il grido dei poveri e il grido dell’umanità e della casa comune in cui vive
«Siamo venuti per contemplare, per comprendere, per servire i popoli». Così Papa Francesco nel discorso che ha aperto i lavori del Sinodo per la regione Panamazzonica. Gli ha fatto eco il cardinale Hummes, Relatore Generale del Sinodo, che concludendo il suo discorso ha detto: «Questo Sinodo è come un tavolo che Dio ha imbandito per i suoi poveri e ci chiede di servire a quel tavolo». Sinodalità come diaconia, come servizio. Tutti ricordiamo le parole che il secondo, il cardinale Hummes, disse a Jorge Mario Bergoglio appena eletto Papa: «Ricordati dei poveri». Da sei anni e mezzo Francesco dà attuazione concreta a quelle parole; oggi entrambi sono riuniti nell’aula del Sinodo insieme a quasi duecento tra cardinali, vescovi, religiosi e laici, per servire al “tavolo” dell’Amazzonia, nervo scoperto del pianeta. A muoverli un forte senso di giustizia: «Di fatto, l’umanità ha un grande debito verso le popolazioni indigene nei diversi continenti della terra e anche in Amazzonia», ha affermato Hummes nel suo discorso; «ai popoli indigeni deve essere restituito e garantito il diritto di essere protagonisti della loro storia, soggetti e non oggetti dello spirito e dell’azione del colonialismo di chiunque. Le loro culture, le lingue, le storie, le identità, le spiritualità costituiscono ricchezze dell’umanità e devono essere rispettate e preservate e incluse nella cultura mondiale».
È in nome di questo rispetto che è necessario avvicinarsi ai popoli amazzonici, secondo l’immagine usata dal Papa, «in punta di piedi, rispettando la loro storia, le loro culture, il loro stile del buon vivere nel senso etimologico della parola, non nel senso sociale che spesso attribuiamo loro, perché i popoli hanno una propria identità, tutti i popoli hanno una loro saggezza, una consapevolezza di sé, i popoli hanno un modo di sentire, un modo di vedere la realtà, una storia, un’ermeneutica e tendono a essere protagonisti della loro storia con queste cose, con queste qualità. E noi ci avviciniamo estranei a colonizzazioni ideologiche che distruggono o riducono le specificità dei popoli. Le colonizzazioni ideologiche oggi sono molto diffuse».
Il Papa si è a lungo soffermato sulla questione delle ideologie, sugli “-ismi” che con impatto devastante entrano nella realtà piegandola, pretendendo di disciplinarla in ossequio ai propri fini e interessi, un approccio che, secondo Francesco, finisce per distruggere la “poesia” che è la realtà stessa di un popolo.
Un impatto distruttivo ma alla fine anche autodistruttivo come ha sottolineato Hummes: «sul Pianeta avviene una devastazione, una depredazione e un degrado galoppante delle risorse della terra, tutto promosso da un paradigma tecnocratico globalizzato, predatorio e devastante, denunciato dalla Laudato si’. La terra non ce la fa più».
Anche per questo al termine della relazione introduttiva dei lavori, il cardinale Baldisseri, segretario generale del Sinodo, ha proposto un gesto simbolico, subito approvato dall’assemblea, l’acquisto di titoli di forestazione per il rimboschimento di un’area di 50 ettari del bacino Amazzonico, a sottolineare la volontà di un «Sinodo ad impatto zero».
Nelle prossime tre settimane tanti saranno i temi affrontati dai padri sinodali, il cardinale Hummes ha voluto elencare alcuni di questi “nuclei generativi” (la Chiesa in uscita in Amazzonia e i suoi nuovi cammini; il volto amazzonico della Chiesa: inculturazione e interculturalità in ambito missionario-ecclesiale; la ministerialità nella Chiesa in Amazzonia: presbiterato, diaconato, ministeri, il ruolo della donna; l’azione della Chiesa nel prendersi cura della Casa Comune: l’ascolto della Terra e dei poveri; ecologia integrale ambientale, economica, sociale e culturale; la Chiesa amazzonica nella realtà urbana; la questione dell’acqua) ma resta il fatto che, come ha ripetuto il Papa, non si tratta di un’assemblea che vuole semplicemente “risolvere dei problemi”: «corriamo il rischio di proporre misure semplicemente pragmatiche, quando al contrario ci viene richiesta una contemplazione dei popoli, una capacità di ammirazione, che facciano pensare in modo paradigmatico. Se qualcuno viene con intenzioni pragmatiche, pregate l’“io peccatore”, che si converta e apra il cuore verso una prospettiva paradigmatica che nasce dalla realtà dei popoli. Non siamo venuti qui per inventare programmi di sviluppo sociale o di custodia di culture, di tipo museale, o di azioni pastorali con lo stesso stile non contemplativo con cui si stanno portando avanti le azioni di segno opposto: deforestazione, uniformazione, sfruttamento. Fanno anche programmi che non rispettano la poesia, — mi permetto di dirlo — la realtà dei popoli che è sovrana».
Un sinodo quindi “contemplativo” e “poetico”, termini forse spiazzanti soprattutto per chi osserverà l’assise ecclesiale appena cominciata con occhi segnati e condizionati dall’approccio ideologico, per questi osservatori valgono maggiormente le parole di avvertimento del Papa: «Le ideologie sono un’arma pericolosa, abbiamo sempre la tendenza ad attaccarci a un’ideologia per interpretare un popolo. Le ideologie sono riduttive e ci portano all’esagerazione nella nostra pretesa di comprendere intellettualmente, ma senza accettare, comprendere senza ammirare, comprendere senza assimilare».
Andrea Monda
(dall’ Osservatore Romano dell’8 ottobre 2019)
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L’introduzione del cardinale Hummes
NON AVERE PAURA DELLA NOVITA’
Restituire la soggettività ai popoli indigeni. Un radicale congedo dal colonialismo. Il valore della terra: anche il corpo del Figlio di Dio era fatto di terra. In discussione il nesso tra celebrazione dell’eucarestia e ministero sacerdotale celibatario. Le migrazioni
Questa è la relazione introduttiva tenuta dal cardinale Hummes nella prima congregazione generale del Sinodo per l’Amazzonia
Il tema del Sinodo che stiamo per iniziare, è: “Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”. Un tema che riprende le grandi linee pastorali proprie di Papa Francesco. Delineare nuovi cammini. Fin dall’inizio del suo ministero papale, Francesco ha sottolineato la necessità della Chiesa di camminare. Essa non può rimanere ferma in casa, occupandosi solo di sé stessa, racchiusa dentro mura protette. E ancor meno guardando indietro con la nostalgia dei tempi passati. Essa ha bisogno di spalancare le porte, di abbattere le mura che la circondano e di costruire ponti, di uscire e mettersi in cammino nella storia, in questi tempi di cambiamenti epocali, camminando sempre al fianco di tutti, soprattutto di chi vive nelle periferie dell’umanità. Chiesa “in uscita”. Perché uscire? Per accendere luci e riscaldare cuori che aiutino la gente, le comunità, i paesi e l’umanità intera a trovare il senso della vita e della storia. Queste luci sono soprattutto l’annuncio della persona di Gesù Cristo, morto e risorto e del suo regno, così come la pratica della misericordia, della carità e della solidarietà soprattutto verso i poveri, i sofferenti, i dimenticati e gli emarginati del mondo di oggi, i migranti e gli indigeni.
Il camminare rende la Chiesa fedele alla vera tradizione. Non il tradizionalismo che rimane legato al passato, ma la vera tradizione che è la storia viva della Chiesa, in cui ogni generazione, accogliendo ciò che le è stato dato dalle generazioni precedenti, come la comprensione e l’esperienza della fede in Gesù Cristo, arricchisce la tradizione stessa con la propria esperienza e comprensione della fede in Gesù Cristo nei tempi attuali.
Le luci: l’annuncio di Gesù Cristo e la pratica instancabile della misericordia nella tradizione viva della chiesa, indicano il cammino da seguire in un procedere inclusivo che invita, accoglie e incoraggia tutti, senza eccezioni, a camminare insieme, verso il futuro, come amici e fratelli, rispettando le nostre differenze.
“Nuovi cammini”. Nuovi. Non aver paura del nuovo. Nell’omelia di Pentecoste del 2013, Papa Francesco sosteneva: “Lanovitàci fa sempre un po’ di paura, perché ci sentiamo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze, i nostri gusti (…) abbiamo paura che Dio ci faccia percorrere strade nuove, ci faccia uscire dal nostro orizzonte spesso limitato, chiuso, egoista, per aprirci ai suoi orizzonti. Ma, in tutta la storia della salvezza, quando Dio si rivela porta novità – Dio porta sempre novità – trasforma e chiede di fidarsi totalmente di Lui”. Nell’Evangelii Gaudium (n. 11), il Papa mostra Gesù Cristo come “l’eterna novità”. Lui è sempre il nuovo. Lui è sempre lo stesso, il nuovo, “ieri, oggi e sempre” (Eb 13, 8) il nuovo. Per questo la chiesa prega: “Manda il tuo Spirito e saràuna nuova creazione e rinnoverai la faccia della terra”. Allora, non temiamo il nuovo. Non temiamo Cristo, il nuovo. Questo sinodo cerca nuovi cammini.
Nel suo discorso ai vescovi brasiliani, durante la Giornata Mondiale della Gioventù, nel 2013, a Rio de Janeiro, parlando di Amazzonia come “un test decisivo, un banco di prova per la Chiesa e per la società brasiliana”, il Papa propone di “rilanciare [lì, in Amazzonia] l’opera della Chiesa”, “di consolidare il volto amazzonico della Chiesa” e “di formare un clero autoctono”, aggiungendo: “In questo, per favore, vi chiedo di essere coraggiosi, di essere intrepidi”. Questo ci rimanda necessariamente alla storia della Chiesa in quella regione. Fin dai primordi della colonizzazione dell’Amazzonia, anche lì ci sono stati i missionari cattolici, sia per dare assistenza ai colonizzatori, sia per evangelizzare, all’epoca, gli indigeni. Inizia così la missione evangelizzatrice della Chiesa nella regione. Tra luci e ombre – sicuramente più luci che ombre – le generazioni successive di missionari e missionarie, soprattutto di Ordini e Congregazioni religiose, ma anche preti diocesani e laici – in particolare le donne – hanno cercato di portare Gesù Cristo ai popoli locali e di costruire comunità cattoliche. È giusto ricordare, riconoscere ed esaltare, in questo sinodo, la storia eroica – e spesso di martirio – di tutti i missionari e missionarie del passato e anche di quelli e quelle di oggi nella Panamazzonia. Accanto ai missionari, ci sono sempre stati numerosi leader laici e indigeni che hanno dato una testimonianza eroica e che spesso sono stati – e lo sono tuttora – uccisi. Non si può dimenticare inoltre, che la chiesa missionaria dell’Amazzonia si è distinta in tutta la sua storia – e ancora oggi si distingue – per i grandi e fondamentali servizi alla popolazione locale in ambito scolastico, sanitario, nella lotta contro la povertà e contro la violazione dei diritti umani. D’altro canto, la storia della Chiesa in Panamazzonia mostra che c’è sempre stata grande carenza di risorse materiali e di missionari per un pieno sviluppo delle comunità, in particolare l’assenza quasi totale dell’Eucaristia e di altri sacramenti essenziali per la vita cristiana quotidiana.
Il volto amazzonico della Chiesa locale deve essere consolidato, come ha detto Papa Francesco nel già citato discorso ai vescovi brasiliani e anche il suo volto indigeno nelle comunità indigene, come ha esortato il Papa a Puerto Maldonado (19.01.2018). Fin dall’annuncio del Sinodo, il Papa ha messo in chiaro che il rapporto della Chiesa con i popoli indigeni e con la foresta Amazzonica, è uno dei suoi temi centrali. Infatti, annunciando il sinodo e spiegando le sue finalità, Francesco ha detto: “Scopo principale di questa convocazione è individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del Popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta” (Vaticano, 15.10.17). E a Puerto Maldonado, ha detto ai popoli indigeni: “Ho voluto venirea visitarvi e ascoltarvi, per stare insieme nel cuore della Chiesa, unirci alle vostre sfide e con voi riaffermare un’opzione convinta per la difesa della vita, per la difesa della terra e per la difesa delle culture.” Nella fase dell’ascolto sinodale, i popoli indigeni hanno manifestato in molti modi che vogliono il sostegno della Chiesa nella difesa e nella tutela dei loro diritti, nella costruzione del loro futuro. E chiedono alla Chiesa di essere un’alleata costante. Di fatto, l’umanità ha un grande debito verso le popolazioni indigene nei diversi continenti della terra e anche in Amazzonia. Ai popoli indigeni deve essere restituito e garantito il diritto di essere protagonisti della loro storia, soggetti e non oggetti dello spirito e dell’azione del colonialismo di chiunque. Le loro culture, le lingue, le storie, le identità, le spiritualità costituiscono ricchezze dell’umanità e devono essere rispettate e preservate e incluse nella cultura mondiale.
La missione della Chiesa oggi in Amazzonia è il nodo centrale del sinodo. È un sinodo della Chiesa per la Chiesa. Non una Chiesa chiusa su se stessa, ma integrata nella storia e nella realtà del territorio – in questo caso, dell’Amazzonia – attenta al grido di aiuto e alle aspirazioni della popolazione e della “casa comune” [il creato], aperta al dialogo, soprattutto al dialogo interreligioso e interculturale, accogliente e desiderosa di condividere un cammino sinodale con le altre chiese, religioni, scienza, governi, istituzioni, popoli, comunità e persone, rispettando le differenze, con l’intento di difendere e promuovere la vita delle popolazioni dell’area, soprattutto dei popoli originari e preservare la biodiversità del territorio nella regione amazzonica. Una Chiesa aggiornata, “semper reformanda”, secondo l’Evangelii Gaudium, ossia, una Chiesa in uscita, missionaria, con l’annuncio esplicito di Gesù Cristo, dialogante e accogliente, che cammina accanto alla gente e alle comunità, misericordiosa, povera, per i poveri, e con i poveri, e dunque con una opzione preferenziale per i poveri, inculturata, interculturale e sempre più sinodale. Una Chiesa di dimensione mariana, alimentata con la devozione per Maria Santissima, secondo molti titoli locali, soprattutto quello di Maria de Nazaré, la cui festa a Belém do Pará riunisce ogni anno milioni di devoti e di pellegrini. L’inculturazione della fede cristiana nelle diverse culture dei popoli si impone, come ha detto San Giovanni Paolo II: “Questa [l’inculturazione] costituisce un’esigenza che ha segnato tutto il cammino storico [della Chiesa], ma oggi è particolarmente acuta e urgente” (Redemptoris Missio, 52). Assieme all’inculturazione, l’evangelizzazione dei popoli amazzonici richiede anche particolare attenzione all’interculturalità, perché è lì che le culture sono molte e diversificate, sebbene mantengono alcune radici comuni. Il compito dell’inculturazione e dell’interculturalità si svolge soprattutto nella liturgia, nel dialogo interreligioso ed ecumenico, nella pietà popolare, nella catechesi, nella convivenza dialogale quotidiana, con le popolazioni autoctone, nelle opere sociali e caritatevoli, nella vita consacrata, nella pastorale urbana.
Tuttavia, non si può dimenticare che oggi, e già da molto tempo, la Chiesa in Amazzonia soffre per la mancanza di risorse materiali necessarie per la sua missione e che ha la necessità di aumentare il suo potenziale di comunicazione (radio e Tv).
In questo ampio contesto, Chiesa ed ecologia integrale sul territorio sono collegate. E’ una Chiesa consapevole che la sua missione religiosa, in modo coerente con la sua fede in Gesù Cristo, include inevitabilmente “la cura della casa comune”. Questo legame dimostra anche che il grido della terra e il grido dei poveri della regione è lo stesso grido. La vita in Amazzonia forse non è mai stata tanto minacciata come oggi, “dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione amazzonica. In particolare, la violazione dei diritti dei popoli originari, come il diritto al territorio, all’autodeterminazione, alla delimitazione dei territori, alla consultazione e al consenso previo.” (IL,14). Secondo il processo di ascolto sinodale della popolazione, la minaccia alla vita in Amazzonia deriva da interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle imprese che estraggono in modo predatorio e irresponsabile [legalmente o illegalmente] le ricchezze del sottosuolo e alterano la biodiversità, spesso in connivenza, o con la permissività dei governi locali e nazionali e a volte anche con il consenso di qualche autorità indigena. La consultazione sinodale registra anche che le comunità ritengono che la vita in Amazzonia sia minacciata soprattutto da: a) la criminalizzazione e l’assassinio di leader e difensori del territorio; (b) l’appropriazione e la privatizzazione di beni naturali, come l’acqua stessa; (c) le concessioni a imprese di disboscamento legali e l’ingresso di imprese di disboscamento illegali; (d) caccia e pesca predatorie, soprattutto nei fiumi; (e) megaprogetti: idroelettrici, concessioni forestali, disboscamento per produrre monocolture, strade e ferrovie, progetti minerari e petroliferi; (f) inquinamento provocato dall’intera industria estrattiva che crea problemi e malattie, in particolare ai bambini/e ai giovani; (g) il narcotraffico; (h) i conseguenti problemi sociali associati a tali minacce come l’alcolismo, la violenza contro la donna, il lavoro sessuale, il traffico di esseri umani, la perdita della loro cultura originaria e della loro identità (lingua, pratiche spirituali e costumi), e l’intera condizione di povertà a cui sono condannati i popoli dell’Amazzonia” (IL,15).
L’ecologia integrale ci palesa che tutto è collegato, gli esseri umani e la natura. Tutti gli esseri viventi del pianeta sono figli della terra. Il corpo umano è fatto con il “fango della terra”, su cui Dio ha “soffiato” lo spirito di vita, come dice la Bibbia (cf. Gen 2,7). Di conseguenza, tutto ciò che viene fatto ai danni della terra, danneggia gli esseri umani e tutti gli altri esseri viventi della terra. Questo dimostra che non si può affrontare separatamente ecologia, economia, cultura etc. In Laudato si’ si sostiene che devono essere pensate congiuntamente: un’ecologia ambientale, economica, sociale e culturale (cf. LS, cap. IV).
Anche il Figlio di Dio si è incarnato e il suo corpo umano viene dalla terra. In questo corpo, Gesù è morto per noi sulla croce per vincere il male e la morte, è resuscitato tra i morti ed è seduto alla destra di Dio Padre nella gloria eterna e immortale. Dice l’apostolo Paolo: “Perché piacque a Dio di fare abitare in lui [in Gesù resuscitato] ogni pienezza, e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose (…) le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Cl 1,19-20). In Laudato si’ leggiamo: “Questo ci proietta alla fine dei tempi, quando il Figlio consegnerà al Padre tutte le cose perché Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,28). Così le creature di questo mondo non ci appaiono più come semplice realtà naturale, perché il Resuscitato le coinvolge misteriosamente e le guida verso un destino di pienezza” (LS, 100). Così, Dio stesso si è collegato definitivamente a tutto il suo creato. Questo mistero si compie nel sacramento dell’Eucaristia.
Il Sinodo si svolge in un contesto di grave e urgente crisi climatica ed ecologica che coinvolge tutto il nostro pianeta. Il riscaldamento globale del pianeta per l’effetto serra ha generato uno squilibrio climatico senza precedenti, grave e impellente, come mostrato dalla Laudato si’ e dal COP21 di Parigi, dove è stato sottoscritto, praticamente da tutti i paesi del mondo, l’Accordo Climatico in verità fino ad oggi quasi inattuato, malgrado l’urgenza. Al tempo stesso, sul Pianeta avviene una devastazione, una depredazione e un degrado galoppante delle risorse della terra, tutto promosso da un paradigma tecnocratico globalizzato, predatorio e devastante, denunciato dalla Laudato si’. La terra non ce la fa più.
L’enorme realtà urbana dell’Amazzonia, in parte conseguenza delle migrazioni interne, e la presenza della Chiesa nelle città è un altro tema centrale di questo sinodo, perché anche la Chiesa, nella città, deve sviluppare e consolidare il suo volto amazzonico. Essa non può essere la riproduzione della Chiesa urbana di altre regioni. La sua missione in Amazzonia include la cura e la difesa della foresta amazzonica e dei suoi popoli: indigeni, caboclos, ribeirinhos, quilombolas, poveri di ogni specie, piccoli agricoltori, pescatori, seringueiros, spaccatrici di cocco e altri, secondo la regione. Questa missione sicuramente non sarà un peso, ma una gioia come solo il Vangelo sa offrire. Oggi le migrazioni sono un fenomeno mondiale, segnano i tempi attuali della Panamazzonia, tra le migrazioni, in passato quella degli haitiani, oggi quella dei venezuelani, ma soprattutto degli stessi indigeni e altre porzioni di poveri dell’interno della regione. La Chiesa ha fatto un grande sforzo di accoglienza. Ma bisogna porre l’accento sulla migrazione degli indigeni nelle città. Migliaia e migliaia. Hanno bisogno di un’attenzione efficace e misericordiosa per non soccombere culturalmente e umanamente in città, davanti alla miseria, all’abbandono, al disprezzo e al rifiuto, con un disperante vuoto interiore. “L’indigeno in città è un migrante, un essere umano senza terra e un sopravvissuto a una storica battaglia per la delimitazione della sua terra, con la sua identità culturale in crisi.” (IL, 132). Per molte ragioni è obbligato all’invisibilità. Il grido spesso silenzioso, ma non meno forte e pungente, degli indigeni urbani deve essere ascoltato. La Chiesa in città affronta tutta la problematica sociale e religiosa delle sue periferie povere e dell’evangelizzazione di tutti i segmenti della popolazione urbana.
Un’altra questione è la carenza di presbiteri al servizio delle comunità locali sul territorio, con la conseguente mancanza della Eucaristia, almeno domenicale, e di altri sacramenti. Mancano anche preti incaricati, questo significa una pastorale fatta di visite sporadiche anziché di un’adeguata pastorale con presenza quotidiana. Ebbene, la Chiesa vive dell’Eucaristia e l’Eucaristia edifica la Chiesa (S. Giovanni Paolo II). La partecipazione nella celebrazione dell’Eucaristia, almeno la domenica, è fondamentale per lo sviluppo progressivo e pieno delle comunità cristiane e per la vera esperienza della Parola di Dio nella vita delle persone. Sarà necessario definire nuovi cammini per il futuro. Nella fase di ascolto, le comunità indigene hanno chiesto che, pur confermando il grande valore del carisma del celibato nella Chiesa, di fronte all’impellente necessità della maggior parte delle comunità cattoliche in Amazzonia, si apra la strada all’ordinazione sacerdotale degli uomini sposati residenti nelle comunità. Al tempo stesso, di fronte al gran numero di donne che oggi dirigono le comunità in Amazzonia, si riconosca questo servizio e si cerchi di consolidarlo con un ministero adatto alle donne dirigenti di comunità.
Un altro importante capitolo è la questione dell’acqua, “perché è indispensabile per la vita umana e per sostenere gli ecosistemi terrestri e acquatici” (LS 28). La scarsità di acqua potabile e sicura è una minaccia crescente in tutto il pianeta. “la questione non è marginale, bensì fondamentale e molto urgente (…). Ogni persona ha diritto all’accesso all’acqua potabile e sicura; è undiritto umano essenzialee una delle questioni cruciali nel mondo attuale”, ha affermato Papa Francesco in un discorso del 24 febbraio 2017. L’Amazzonia è una delle più voluminose riserve di acqua dolce nel pianeta. “Il bacino del Rio delle Amazzoni e le foreste tropicali che lo circondano nutrono i suoli e regolano, attraverso il riciclo dell’umidità, i cicli dell’acqua, dell’energia e del carbonio a livello planetario. Solo il Rio delle Amazzoni getta nell’Oceano (…) il 15% di acqua dolce totale del pianeta. Ecco perché l’Amazzonia è essenziale per la distribuzione delle piogge in altre regioni remote del Sud America e contribuisce ai grandi movimenti dell’aria in tutto il pianeta. Nutre anche la natura, la vita e le culture di migliaia di comunità indigene, contadini, afro-discendenti, popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi e delle città (…). La sovrabbondanza naturale di acqua, calore e umidità fa sì che gli ecosistemi dell’Amazzonia ospitino dal 10 al 15% circa della biodiversità terrestre” (IL,9). Qui subentra anche la funzione della foresta e dei popoli indigeni. Di fatto, in Amazzonia la foresta si prende cura dell’acqua e l’acqua si prende cura della foresta e insieme producono la biodiversità, e i popoli indigeni sono i millenari guardiani di questo sistema. Per questo anche la Chiesa si sente chiamata a prendersi cura dell’acqua della “casa comune”, minacciata in Amazzonia principalmente dal riscaldamento climatico, dalla deforestazione e dalla contaminazione causata dalle miniere e dai pesticidi.
Per concludere, propongo, per la dinamica dei lavori di questa assemblea sinodale, alcuni nuclei generativi: a) la Chiesa in uscita in Amazzonia e i suoi nuovi cammini; b) Il volto amazzonico della chiesa: inculturazione e interculturalità in ambito missionario-ecclesiale; c) La ministerialità nella chiesa in Amazzonia: presbiterato, diaconato, ministeri, il ruolo della donna; d) L’azione della Chiesa nel prendersi cura della Casa Comune: l’ascolto della Terra e dei poveri; ecologia integrale ambientale, economica, sociale e culturale; e) La Chiesa amazzonica nella realtà urbana; f) La questione dell’acqua; g) altri.
Chiudo invitando tutti a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo in queste giornate di sinodo. Lasciatevi avvolgere dal mantello della Madre di Dio, Regina dell’Amazzonia. Non lasciamoci sopraffare dall’autoreferenzialità, ma dalla misericordia davanti al grido dei poveri e della terra. Sarà necessario pregare molto, meditare e discernere una pratica concreta di comunione ecclesiale e di spirito sinodale. Questo sinodo è come un tavolo che Dio ha imbandito per i suoi poveri e ci chiede di servire a quel tavolo.
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La relazione del cardinale Baldisseri
PER IL PRESENTE E IL FUTURO DI TUTTA L’UMANITÀ
Le caratteristiche dell’assemblea speciale del Sinodo per l’Amazzonia. 87.00 persone coinvolte nei lavori preparatori. Sono presenti tutti i vescovi e gli ausiliari dell’area amazzonica, appartenenti a sette Conferenze episcopali diverse. Il plenum di Chiese locali insieme a rappresentanze della Chiesa universale ed al papa
Questa è la relazione introduttiva del Segretario generale del Sinodo dei vescovi, card. Lorenzo Baldisseri, in cui vengono illustrate le particolarità e le novità del Sinodo speciale per la Regione Panamazzonica, sul tema: “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale” rispetto agli altri Sinodi tenuti finora
È con immensa gioia che prendo la parola in questa seduta inaugurale dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, radunata nel nome di Gesù Cristo e dedicata al tema «Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale». Ringrazio di cuore Vostra Santità per aver voluto affidare al Sinodo dei Vescovi la riflessione su un argomento di così straordinaria portata per la Chiesa che vive nella Panamazzonia e per il presente e il futuro di tutta l’umanità. Il mio ringraziamento include anche una speciale riconoscenza per la recente nomina del Pro-Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi nella persona dell’Ecc.mo Mario Grech, al quale rivolgo un cordiale e fraterno saluto di benvenuto. Egli, si incorpora al nostro cammino sinodale affiancandomi nella guida della Segreteria Generale e pertanto è annoverato tra Membri di questa benemerito Sinodo.
Il tema assegnato da Vostra Santità a quest’Assemblea Speciale dischiude vasti orizzonti per riflettere a fondo sull’Amazzonia, quel giardino di immense ricchezze e risorse naturali, terra madre di popoli indigeni con una storia e un volto inconfondibile, territorio oltremodo minacciato dall’ambizione smisurata dell’uomo invece di essere curato.
Sotto la guida dello Spirito vogliamo spingerci alla ricerca di nuovi cammini per corrispondere ad un doppio obiettivo. Da una parte, il Sinodo costituisce una vera e propria sfida per la Chiesa, in quanto l’Amazzonia è una terra di missione con caratteristiche proprie che esigono adeguate proposte per dare una risposta al «bisogno di evangelizzare le culture per inculturare il Vangelo» (EG 69). Dall’altra, l’Assise sinodale dovrà affrontare la provocazione avanzata dalla questione ambientale. Ad essa la Chiesa intende rispondere con un’ecologia integrale che, come ci ha insegnato Vostra Santità «richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano» (LS 11).
L’Assemblea sinodale, che oggi entra nel vivo della sua fase celebrativa, è anche una vera sfida per tutto il Popolo di Dio, Pastori e gregge, e in particolare per tutti noi che abbiamo ricevuto, come un dono della Providenza, la chiamata a parteciparvi. Per avere l’orientamento preciso di questo cammino sinodale, è opportuno ricordare ciò che il Santo Padre ha indicato, sin dall’inizio di questa convocazione, ovvero: «individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del Popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta».[1] Di conseguenza, non solo dobbiamo, in primo luogo, ascoltare il grido della terra e il grido dei poveri, in quanto è lì che si fa sentire la voce dello Spirito che parla attraverso il Popolo di Dio in Amazzonia, ma anche dobbiamo rispondere con cuore di pastori alle loro problematiche attraverso opportune proposte e buoni suggerimenti al Santo Padre.
Nell’introdurre i lavori sinodali, desidero anche rivolgere un cordiale saluto ai Membri e agli altri partecipanti a questa Assemblea Speciale Panamazzonica, venuti da tutte le Chiese particolari di quella Regione, lontana nella distanza ma vicina nel nostro cuore. Con questo Sinodo, la Chiesa universale, attraverso i suoi Pastori cum Petro e sub Petro, nella persona di Papa Francesco, vuole rivolgere una particolare attenzione a tutti i membri del Popolo di Dio in Amazzonia ed impegnarsi decisamente nella ricerca di vie nuove e proporzionate alle loro esigenze umane e pastorali.
1) Le caratteristiche specifiche di un’Assemblea Speciale
Prima di entrare nel percorso celebrativo vero e proprio di questa Assise sinodale è doveroso ricordare che stiamo celebrando un sinodo con caratteristiche particolare, non solo a motivo della specificità del tema, ma anche in quanto esso è un’Assemblea Speciale. Non si tratta, quindi, di un’Assemblea Generale Ordinaria, come quella sulla famiglia e sui giovani (2015 e 2018 rispettivamente), neanche di un’Assemblea Generale Straordinaria, come quel primo Sinodo sulla famiglia (2014).
Questa, invece è una Assemblea Speciale, una tipologia di Sinodo che, secondo la Costituzione Apostolica Episcopalis Communio, è convocata in Assemblea Speciale, per “trattate materie che riguardano maggiormente una o più aree geografiche determinate” (Art. 1, 3). Inoltre, l’Istruzione del Sinodo prevede all’Art. 20 che il Regolamento dell’Assemblea Speciale può disporre che le commissioni, gli organismi e i modi siano eventualmente stabiliti, caso per caso, secondo le caratteristiche peculiari di ogni Assemblea di questa tipologia.
Le peculiarità di un’Assemblea Speciale riguardano due aspetti: i criteri di partecipazione, e la modalità delle tre fasi sinodali: la preparatoria, la celebrativa e l’applicativa. Per quanto riguarda i criteri di partecipazione, essi sono stabiliti in analogia con gli altri tipi di Assemblee sinodali, ma tenendo conto della specificità geografica, culturale ed ecclesiale dell’area in questione, in questo caso l’ampia regione denominata Panamazzonia. Ciò spiega innanzitutto che uno dei criteri stabiliti sin dall’inizio è la partecipazione di tutti gli Ordinari – coloro ad essi equiparati secondo il diritto – delle circoscrizioni ecclesiastiche amazzoniche o che hanno un territorio amazzonico, ai quali si sono aggiunti anche gli Ausiliari. Pertanto, non è una rappresentanza parziale dei Vescovi, come accade nelle Assemblee Generali Ordinarie e Straordinarie, ma in questo caso sono tutti, proprio tutti i Presuli della regione, ad essere convocati. Questo criterio intende evidenziare ancora di più la collegialità effettiva e affettiva, che è lo spirito di quella caratteristica distintiva dell’istituzione sinodale, definita appunto come “sinodalità”.
In secondo luogo, ogni Assemblea Speciale, pur riguardando un’area geografica specifica, è sempre un Sinodo che interessa la Chiesa Universale. Per questo motivo, la partecipazione è stata allargata a Presuli provenienti da altre Chiese particolari e organismi ecclesiali regionali nonché continentali. In altre parole, è tutta la Chiesa universale che vuole rivolgere lo sguardo alla Chiesa in Amazzonia e prendere a cuore ciò che sono le sue sfide, le sue preoccupazioni e i suoi problemi, perché in fondo tutti dobbiamo sentirci parte di questo villaggio globale nel quale vive e palpita l’unica Chiesa di Gesù Cristo. Pertanto, l’Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica è una espressione della sollecitudine di tutta la Chiesa per il popolo di Dio in quella regione, perché, anche nella Chiesa, “tutto è collegato” (LS 91), come spesso ci insegna Vostra Santità, e come afferma l’Apostolo Paolo «se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1 Co 12,26).
Per questo motivo, l’Assemblea Speciale, pur riguardando una regione specifica, viene celebrata a Roma, la Sede del Successore di Pietro, e non in qualche città della Regione Panamazzonica, come potrebbe suggerire una visione puramente mondana. Qui la prospettiva è diversa, è quella della fede, che ci invita a guardare la Chiesa nella sua universalità e nel contempo nella sua realizzazione a livello locale. Si tratta di un Sinodo che ha messo in movimento, in cammino sinodale e in preghiera tutta la Chiesa universale sotto la guida del suo Supremo Pastore. È questo che si è voluto mettere in evidenza con la processione di stamattina, partita dall’altare della Confessione di Pietro nella Basilica Vaticana fino alla porta dell’Aula Paolo VI.
2) I partecipanti dell’Assemblea Speciale
Complessivamente, prendono parte a questo Sinodo 185 Padri sinodali: 137 ex officio di cui 113 dalle circoscrizioni ecclesiastiche Panamazzoniche; 13 Capi dei Dicasteri della Curia Romana; tutti i Membri del Consiglio pre-sinodale. Inoltre, sono presenti 15 religiosi eletti dall’Unione dei Superiori Generali, e 33 Membri ex nominatione pontificia.
Tra i Padri sinodali si contano 28 Cardinali, 29 Arcivescovi, 63 Vescovi residenziali, 7 Ausiliari, 27 Vicari Apostolici e 10 Vescovi Prelati, 21 Membri non insigniti dell’ordine episcopale tra diocesani e religiosi.
Dato che la Regione Panamazzonica si estende nel territorio di nove Nazioni (Guyana francese, Repubblica cooperativista della Guyana, Surinam, Venezuela, Colombia, Ecuador, Brasile, Bolivia, Perù), i Padri sinodali ex officio che provengono da quella Regione appartengono a 7 Conferenze Episcopali: Antille, Venezuela, Colombia, Ecuador, Brasile, Bolivia, Perù. Così, tra i 113 Padri sinodali delle circoscrizioni ecclesiastiche Panamazzoniche si contano 3 dalle Antille, 6 dal Venezuela, 13 dalla Colombia, 7 dall’Ecuador, 57 dal Brasile, 11 dalla Bolivia, 10 dal Perù, oltre che i rispettivi Presidenti delle menzionate Conferenze Episcopali.
I 33Membri di nomina pontificia provengono da tutti i continenti, in particolare da Paesi e aree geografiche coinvolte nelle stesse problematiche che costituiscono l’oggetto del tema sinodale; quale ad esempio il bacino fluviale del Congo. Così, quest’Assemblea vuole rispecchiare l’ampio spettro di realtà culturali ed ecclesiali in cui si riflettono le sensibilità e risuonano le voci delle diverse etnie e popoli originari nonché il respiro di una Chiesa viva che ha tanto da dare e da ricevere.
Colgo l’occasione per salutare pure cordialmente i 6 Delegati Fraterni, rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, la cui presenza ravviva in noi la volontà di lavorare insieme per conseguire la piena unità visibile della Chiesa di Cristo, nella consapevolezza che lo Spirito Santo suscita continuamente nuovi cammini e apre nuove porte per annunciare e testimoniare il Vangelo di Gesù Cristo in Amazzonia e in tutto il mondo.
Significativa è anche la presenza di 12 Invitati speciali – mai così tanti in un’Assemblea Speciale – che sono stati scelti per i lavori sinodali a motivo della loro alta competenza scientifica ed anche per l’appartenenza a organismi ed associazioni che in tutto il mondo, fuori e dentro la Chiesa, si interessano in vario modo a diverse attività collegate all’assistenza umanitaria e alla cura ecologica dell’ambiente.
Il mio vivo ringraziamento si estende anche ai 25 Esperti, designati in virtù delle loro competenze per contribuire ai lavori sinodali in qualità di collaboratori dei Segretari Speciali, e ai 55 Uditori e Uditrici, tra i quali figurano specialisti ed operatori di pastorale provenienti dagli angoli più remoti del territorio panamazzonico. Tra di essi emerge la presenza di 16 rappresentanti di diverse etnie indigene e popoli originari che portano la voce, la testimonianza viva delle tradizioni, della cultura e della fede delle loro popolazioni. A tutti loro un sentito grazie! Non meno significativa è la presenza tra le Uditrici di ben 10 religiose presentate dall’Unione Internazionale delle Superiore Generali (U.I.S.G.), a testimonianza del ruolo rilevante che ha la vita consacrata femminile nell’Amazzonia.
Infine, uno speciale ringraziamento agli Assistenti, ai Traduttori, al Personale tecnico, nonché ai Consultori, agli Officiali e ai Collaboratori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, che – sotto la guida e il coordinamento dell’Ecc.mo Sotto-Segretario, Mons. Fabio Fabene – hanno lavorato con competenza e spirito di servizio nella preparazione e nella celebrazione dell’Assemblea.
3) La preparazione di questa Assemblea sinodale
La presente Assemblea Speciale si colloca al termine di un lungo cammino, iniziato con la decisione del Santo Padre, il 15 ottobre 2017, di convocare un Sinodo dei Vescovi sul tema: Amazzonia, nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale. Qualche mese dopo l’indizione dell’Assemblea sinodale, il 19 gennaio 2018, ha avuto luogo il primo incontro della Segreteria Generale con la Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM) a Puerto Maldonado. Sin dall’inizio la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e la Rete Ecclesiale Panamazzonica hanno lavorato insieme in spirito di comunione e sinergia per portar avanti la fase preparatoria del Sinodo.
Il 9 marzo 2018, Santo Padre ha poi costituito il Consiglio Speciale pre-sinodale della Segreteria Generale, includendovi diversi Presuli, due religiose e un laico, appartenenti alla suddetta Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM). Questo Consiglio si è radunato due volte: la prima nei giorni 12 e 13 aprile 2018 per preparare il Documento Preparatorio e la seconda dal 14 al 15 maggio 2019 per elaborare l’Instrumentum laboris, che sarà il nostro testo di riferimento nella fase celebrativa del Sinodo fino all’elaborazione del Progetto di Documento finale.
Con la pubblicazione del Documento preparatorio è stata avviata la grande consultazione al popolo di Dio in Amazzonia sull’argomento del Sinodo. Il Questionario annesso al Documento Preparatorio ha dato occasione ad un ricco dibattito in seno alle sette Conferenze Episcopali coinvolte nella Regione Panamazzonica, le quali hanno inviato poi le loro risposte alla Segreteria Generale. Inoltre, con la collaborazione della REPAM, sono stati realizzati circa 260 eventi nel territorio, di cui 70 Assemblee territoriali, 25 Forum tematici e più di 170 altre attività, tra seminari, incontri, riunioni di ogni tipo. Si stima che hanno partecipato più di 87.000 persone in questi eventi, delle quali 22.000 hanno preso parte agli eventi organizzati nelle diocesi e altri organismi ecclesiali, mentre 65.000 hanno partecipato a processi preparatori di diverse consultazioni.
Il materiale, giunto da questa amplia consultazione, è stato oggetto di attento studio e classificazione da parte della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi che, con l’aiuto di esperti qualificati ha proceduto alla stesura di un progetto di Documento di lavoro. Il gruppo di redazione di questo testo è stato formato da vari esperti, alcuni dei quali provenienti della Regione Panamazzonica.
Fanno parte del cammino sinodale anche tre significativi eventi che hanno avuto luogo nella fase preparatoria, i cui risultati sono stati opportunamente integrati nella redazione dell’Instrumentum laboris. Il primo di questi eventi è stato l’incontro della REPAM con la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi nei giorni 14 e 15 novembre 2018, a Manaus. Allora sono stati raccolti i risultati emergenti dello svolgimento delle Assemblee Regionali celebrate in tutto il territorio amazzonico e si sono profilati chiaramente alcuni aspetti, tra cui: la presa di coscienza del fatto che l’Amazzonia è una realtà non solo geografica ma anche politica, sociale, economica e culturale; l’ascolto come paradigma del cammino ecclesiale iniziato con l’Assemblea Panamazzonica; la visione dell’ecologia integrale non solo come difesa ma anche come promozione dei popoli e della Casa comune.
Il secondo evento importante nella fase preparatoria è stato il Seminario di studi organizzato a Roma dalla Segreteria Generale dal 25 al 27 di febbraio del corrente anno sul tema: Verso il Sinodo Speciale per l’Amazzonia: dimensione regionale e universale. Il programma includeva i due grandi argomenti conglobati nel tema sinodale, ovvero, la missione della Chiesa e la ecologia integrale.
Al primo argomento è stato dedicato il primo giorno ed è stato presentato con una Relazione su La missione della Chiesa in Amazzonia alla luce di Evangelii Gaudium. A questa relazione di apertura seguirono 6 brevi comunicazioni, che approfondirono i seguenti temi: catechesi e formazione cristiana, inculturazione, vita consacrata, liturgia e vita sacramentale, ministeri ecclesiali, pietà popolare e proselitismo delle comunità pentecostali.
Il secondo giorno fu dedicato alla tematica dell’ecologia, che fu presentata con una Relazione su L’ecologia integrale in Amazzonia alla luce di Laudato si’. A seguito di essa sono state pronunciate altre 6 brevi comunicazioni su ecologia ambientale, ecologia ambientale e culturale, ecologia politica ed economica, la questione indigena, educazione ecologica, spiritualità ecologica.
Il terzo giorno è stato dedicato ad un dibattito generale preceduto da una Relazione sulle Prospettive in vista del Sinodo Panamazzonico e seguito da una riflessione conclusiva a cura del Card. Claudio Hummes, Presidente della REPAM e Relatore Generale di questa Assemblea sinodale.
Il bilancio globale del Seminario è stato ampliamente positivo e soddisfacente, in quanto ne è emerso un ricco panorama di tutte le questioni e problematiche inerenti all’Amazzonia che meritano di essere affrontate pastoralmente e in spirito di comunione fraterna durante questo Sinodo. Gli atti del Seminario sono pubblicati e, oltre ad essere stati un valido contributo per l’elaborazione dell’Instrumentum laboris, sono un materiale significativo che a breve sarà a vostra disposizione.
Il terzo evento nel cammino verso il Sinodo Panamazzonico è stato la Conferenza Internazionale celebrata a Washington per affrontare il tema L’Ecologia integrale come risposta sinodale dalla regione amazzonica e altri biomi e territori per la cura della nostra casa comune. Questo evento, che ha avuto luogo presso l’Università di Georgetown dal 19 al 21 marzo di quest’anno, è stato organizzato dalla REPAM, dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, dall’Osservatore della Santa Sede presso l’ONU e dalla Conferenza dei Provinciali Gesuiti degli Stati Uniti e Canada, con la presenza di questa Segreteria Generale.
Specificamente, questo evento ha sviluppato orientamenti importantissimi circa l’ecologia integrale, permettendo di dare uno spazio rilevante ad una pastorale rinnovata e aperta a opzioni di comunione territoriale intorno a biomi essenziali. In sostanza, la Conferenza di Washington ha contribuito al processo sinodale principalmente aiutando a prendere coscienza dell’urgenza di applicare alla vita concreta gli indirizzi dell’Enciclica Laudato Sì e dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. Forse ciò che è più rilevante è che tutto quanto nella suddetta Conferenza è stato sviluppato nel contesto di una prospettiva internazionale, con riflessioni di incidenza socio-politica orientate a sostenere un dinamismo globale a livello ecclesiale e civile per promuovere le identità territoriali.
Tutto questo materiale – sia quello della consultazione sia quello dei risultati dei suddetti eventi culturali della fase preparatoria – è confluito nel testo dell’Instrumentum laboris che è stato finalmente discusso e approvato dal Consiglio pre-sinodale. Esso è stato reso pubblico nella Conferenza Stampa del 17 giugno scorso.
Nella redazione del Documento di lavoro o Instrumenum laboris la Segreteria Generale si è avvalsa della collaborazione di un gruppo di esperti per la lettura e la sintesi del materiale risultante dalla consultazione, che è pervenuto principalmente in spagnolo e portoghese. Sarà cura dell’Em.mo Relatore Generale presentare questo Documento nella sua Relazione, individuandone le idee forza, ovvero i “nuclei generativi” sui quali dovrà concentrarsi il dibattito sinodale.
4) La metodologia sinodale
Nelle tre settimane dei lavori che si aprono oggi davanti a noi, l’Instrumentum laboris costituirà il punto di riferimento e la base necessaria della riflessione e del dibattito sinodale e non un testo da emendare. La sua funzione finisce con l’elaborazione del Documento finale, che raccoglierà i risultati raggiunti da quest’Assemblea e dall’intero processo sinodale.
La fase celebrativa del Sinodo che oggi inizia, è il momento culminante di tutto il lungo percorso sinodale, che terrà così conto del prezioso patrimonio di idee e di riflessioni d’approfondimento fin qui emersi, e di tante celebrazioni, attività e preghiere di tutto il popolo di Dio.
Alla luce di quanto espresso, desidero ora brevemente spiegare le modalità secondo le quali si svolgeranno i lavori, rimandando per ulteriori particolari all’Istruzione che è disponibile e al Regolamento consegnato a tutti i partecipanti. Esso contiene una serie di disposizioni normative specifiche per questa Assemblea Speciale, nonché il calendario dei lavori elaborato dalla Segreteria Generale in stretto collegamento con la metodologia proposta. Tale Regolamento, redatto sulla base dell’Istruzione, contiene informazioni complete e dettagliate sulla procedura delle attività assembleari ed è per questo uno strumento indispensabile per seguire i lavori.
Durante questa prima Congregazione Generale, dopo la mia Relazione, il Relatore Generale presenterà l’Istrumentum laboris, nelle sue linee generali e nel contempo evidenzierà quelle idee-forza sulle quali dovrà concentrarsi il dibattito sinodale. Tale idee fondamentali potrebbero anche chiamarsi “nuclei generativi” perché sono concetti capaci di generare ulteriormente proposte o suggerimenti da includere nel Progetto del Documento finale.
Dopo questa presentazione inizieranno gli interventi in Aula dei Padri sinodali, degli Uditori, dei Delegati Fraterni e degli Invitati Speciali, secondo l’ordine della presentazione delle richieste pervenute attraverso il modulo della petitio loquendi. Ciascun oratore ha la facoltà di parlare una sola volta nel corso delle Congregazione generali, riferendosi alla parte e al numero del paragrafo dell’Instrumentum laboris che preferisce. Essendo elevato il numero di quanti hanno diritto di parola (258 oratori di cui 185 Padri sinodali, 55 Uditori, 6 Delegati Fraterni e 12 Invitati speciali) e avendo dato maggiore spazio ai Circuli minores (XI sessioni), a ciascuno sarà consentito intervenire in Aula per un tempo massimo di quattro minuti, mentre nei Circuli avrà la possibilità di farlo ampiamente. Inoltre, come già in passato, alcune Congregazioni Generali pomeridiane prevedono dei momenti, della durata di un’ora ciascuno, dedicati ai cosiddetti “interventi liberi” dei Padri sinodali. Questo spazio di tempo ha come scopo offrire un ambito per il dialogo aperto e il confronto sincero tra i Membri. Pertanto, si prega di approfittare di questa opportunità, non per fare un secondo intervento, ma per reagire ad un intervento fatto, per chiedere eventualmente spiegazioni, per esprimere il sostegno o il dissenso rispetto ad altri interventi. Solo così, attraverso uno scambio di opinioni nello spirito della comunione fraterna si va modellando il consenso sui principali temi che emergono durante il dibattito in Aula.
Il Calendario prevede che le Congregazioni generali si alternino con i Circoli minori. Così, conclusa la sesta Congregazione generale (mercoledì 9 ottobre), iniziano 4 sessioni di Circoli minori (fino a venerdì 11). In questi gruppi si discuterà su ciò che è emerso nelle Congregazioni generali e si incomincerà ad elaborare i contributi che rimarranno, però aperti a nuove integrazioni. Sabato 12 al mattino riprendono le Congregazioni generali fino a martedì 15 pomeriggio. Da mercoledì 16 fino a giovedì 17 al mattino tornano a radunarsi i Circoli minori allo scopo di finire di elaborare i contributi da presentare alla Segreteria Generale. Nel pomeriggio di giovedì 17 ha luogo una Congregazione generale nella quale ogni Circolo minore condivide il suo lavoro con gli altri partecipanti, presentando in Aula il frutto del proprio dibattito.
Conclusi gli interventi in Aula e il lavoro dei Circoli minori inizia il processo di elaborazione del Progetto del Documento finale, che prevede la raccolta di tutto quanto è stato esposto in Aula, ma anche e soprattutto, la sintesi dei contributi che ogni Circolo presenterà nella propria lingua. Il suddetto progetto verrà presentato a tutta l’Assemblea in Aula, lunedì 21 nella 14ª Congregazione generale, e subito dopo il testo passa ai Circoli minori dove è sottoposto a discussione al fine di proporre degli emendamenti o modi cosiddetti “collettivi”, perché devono essere approvati, almeno dalla maggioranza assoluta, dai membri del Circolo.
L’esame dei modi collettivi ha luogo sotto il coordinamento del Relatore Generale, che si avvarrà della collaborazione dei due Segretari Speciali e di alcuni Esperti. Come è avvenuto nelle tre ultime Assemblee Generali, sin dall’inizio, cioè dopo la presentazione del Relatore Generale, sarà eletta una Commissione per l’elaborazione del Documento finale. Essa sarà composta dal Relatore Generale (che la presiede), dal Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, dai Segretari Speciali e da 7 Padri sinodali (4 eletti dall’Assemblea sinodale, e 3 nominati dal Santo Padre). Anche alla luce dell’esperienza maturata nel passato recente, tale Commissione avrà il compito di coordinare e sovrintendere all’elaborazione dei testi sinodali, nelle loro varie fasi di avanzamento fino al Progetto del Documento finale del Sinodo. Esso, poi, nella sua stesura definitiva, sarà presentato in Aula la mattina di venerdì 25 in modo che rimanga un congruo tempo per la lettura individuale del testo.
Infine, nell’ultima Congregazione generale, nel pomeriggio di sabato 26, si procederà alla votazione del Documento finale e alla chiusura dei lavori. Conformemente alla natura del Sinodo, tale Documento, frutto dei lavori sinodali, sarà consegnato al Sommo Pontefice, al quale compete ogni decisione in merito.[2]
Un ultimo passo prima di sciogliere l’Assemblea sinodale consiste nella costituzione del Consiglio Speciale, diciamo post-sinodale per distinguerlo da quello pre-sinodale. Infatti, l’Istruzione prevede che alla fine dei lavori si proceda all’elezione del Consiglio Speciale della Segreteria Generale del Sinodo, che avrà come compito quello di collaborare col Dicastero competente in materia nella fase applicativa dopo la chiusura del Sinodo, rimanendo sempre a disposizioni del Santo Padre per qualunque compito egli volesse assegnargli. L’elezione dei Membri che faranno parte di questo Consiglio di Segreteria avverrà nella 15 ͣ Congregazione generale di venerdì 25 ottobre secondo le normative e le modalità che saranno indicate alla bisogna.
5) La comunicazione durante l’Assemblea sinodale
Innanzitutto, vorrei ricordare che sin dall’inizio della preparazione del Sinodo Panamazzonico, la Segreteria Generale ha aperto una pagina web multilingue con diverse informazioni non solo circa l’Assemblea Speciale – documenti sinodali come il Documento Preparatorio con il Questionario e l’Instrumentum laboris – ma anche con abbondante materiale riguardante l’evento sinodale: articoli, videos, interviste, ecc. Inoltre, si condividono le tematiche di questo Sinodo attraverso la diffusione di contenuti in reti sociali attive focalizzate in questa Assemblea Panamazzonica.
Per quanto riguarda, la diffusione delle notizie relative ai lavori assembleari attraverso i media, va ricordato che essa sarà curata dal Dicastero per la Comunicazione, presieduto dal suo Prefetto, Dott. Paolo Ruffini, che a sua volta sarà il Presidente della la Commissione per l’informazione. Inoltre, tale Commissione sarà composta dal suo Segretario, il Rev. P. Giacomo Costa, S.I., dal Direttore della Sala Stampa, il Dott. Matteo Bruni, dal Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione, Dott. Andrea Tornielli, dal Sig. Mauricio López Oropeza, Segretario esecutivo della REPAM, da Suor Maria Irene Lopes Dos Santos, Assessore della Commissione Episcopale per l’Amazzonia della CNBB, nominati dal Santo Padre, e da altri 4 Membri che saranno eletti dai Padri sinodali.
La principale fonte di informazione ai media sarà rappresentata dai Briefing quotidiani coordinati dal Prefetto del Dicastero per la Comunicazione e dal Direttore della Sala Stampa della Santa Sede: a questi eventi prenderanno parte alcuni Padri sinodali e altri partecipanti del Sinodo indicati di volta in volta dalla Commissione per l’informazione. Inoltre, attraverso le reti sociali (Twitter, Facebook e Instagram) di Vatican News e della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, saranno diffuse e condivise notizie sull’andamento dei lavori sinodali. Si suggerisce anche di adoperare l’hashtag #SinodoAmazonico per tutte le lingue in modo di poter avere un panorama informativo sul Sinodo.
I Padri sinodali saranno liberi di concedere interviste fuori dell’Aula sinodale così come in genere comunicare con i media a loro discrezione e responsabilità, ovviamente a titolo personale, mantenendo la necessaria riservatezza sui nomi delle persone che intervengono, sui dibattiti in Aula e nei Circuli minores. Per garantire la confidenzialità necessaria allo svolgimento del Sinodo, durante i lavori, sia in Aula che nei Circoli, i partecipanti sono pregati di non interagire con l’esterno tramite le reti sociali.
Inoltre, va ricordato che, come negli ultimi Sinodi, gli interventi in Aula non verranno pubblicati ufficialmente nel Bollettino della Sala Stampa. Invece, le relazioni presentate dai Circuli, verranno rese pubbliche opportunamente tramite la Sala Stampa della Santa Sede. Per ovvie ragioni i testi riguardanti le varie fasi di elaborazione del documento finale rimarranno riservate, considerando che esso è suscettibile di continui sviluppi fino alla redazione definitiva.
6) L’Assemblea Speciale nel segno di una ecologia integrale
La Segreteria Generale ha messo in atto in occasione di questo Sinodo – che tra l’altro ha l’ecologia come uno dei suoi assi tematici – alcune iniziative che intendono favorire la sostenibilità ambientale allo scopo di preservare l’inquinamento e salvaguardare la Casa comune.
La prima iniziativa, portata avanti con ottimi risultati, è stata la nuova prassi per l’iscrizione dei Partecipanti attraverso una procedura informatica, che ha permesso a coloro che sono stati invitati a prendere parte all’Assise sinodale di registrarsi direttamente online, attraverso una password e inviando i propri dati personali nonché indicando le proprie necessità logistiche. Avete già sperimentato questa nuova prassi e avrete notato la velocità nella comunicazione, ma soprattutto il risparmio di carta stampata.
Un’altra iniziativa riguarda la particolare attenzione che è stata dedicata a far sì che tra i materiali utilizzati durante lo svolgimento del Sinodo non vi siano oggetti di plastica, come ad esempio i bicchieri che saranno in materiale biodegradabile. Per questo stesso motivo la borsa messa a disposizione dei Partecipanti è in fibra naturale, così come le penne sono in materiale biodegradabile. Infine, la carta utilizzata per tutti i documenti che saranno distribuiti, è quella che ha più certificazioni di provenienza e di filiera di lavorazione.
Si propone come segno caratterizzante di questo Sinodo che si realizzi un gesto simbolico dal punto di vista ecologico. Si vorrebbe che questo sia un “Sinodo ad impatto zero”. Sulla base dei calcoli effettuati, s’intende compensare le emissioni di 572.809 kg di CO2 (438.373 kg per i viaggi aerei e 134.435 kg le altre attività) generate dai consumi di energia, di acqua, dall’allestimento, dalla mobilità dei partecipanti, dalla produzione di rifiuti e di materiali promozionali, con l’acquisto di titoli di forestazione per il rimboschimento di un ‘area di 50 ettari di foresta del bacino Amazzonico. Si vuole significare l’attenzione al tema dell’ambiente, da parte del Santo Padre e di tutti coloro che partecipano al Sinodo, nel solco dell’Enciclica Laudato Sì, che ha auspicato la riduzione delle emissioni di gas serra. Con questa iniziativa si vorrebbe non solo discutere di conversione ecologica, ma con coerenza proporre un gesto concreto. Riguardo a questo progetto si desidera l’approvazione di questa Assemblea.
Conclusione
Convinto di interpretare i sentimenti di quest’Assemblea Speciale concludo rivolgendomi a tutti i popoli originari che ci seguono dall’Amazzonia. Vi ringraziamo per il contributo che avete dato a quest’Assemblea Speciale durante il cammino sinodale fin qui svolto. Sappiate che abbiamo ascoltato le vostre voci e saranno presenti nelle riflessioni che faremo. Grazie questa iniziativa gli occhi del mondo sono puntati su di vuoi, sul vostro patrimonio culturale, spirituale e di fede in Gesù Cristo. L’incarnazione del Verbo realizza la piena umanità, come ci insegna San Francesco d’Assisi. Insieme a lui, anche voi, di fronte alla bellezza della creazione, lodate il Signore con e attraverso le sue creature. Vi portiamo nel nostro cuore durante questi giorni sinodali e vi ricordiamo nella nostra preghiera. Invochiamo, dunque la protezione della Santissima Vergine Maria – tanto venerata come Nossa Senhora da Amazônia e con diversi altri titoli in tutta l’area Panamazzonica – perché questa Assemblea Speciale possa offrire al Santo Padre proficui frutti in vista di una effettiva applicazione dell’ecologia integrale e per nuovi cammini ecclesiali che coinvolgano tutto il Popolo di Dio pellegrino in Amazzonia, fonte di vita esuberante, terra di bellezze nascoste, kairòs di grazia e benedizioni, luogo di dialogo tra fede e culture, terreno sempre fertile per accogliere il seme del Vangelo di Gesù Cristo.
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[1] Francesco, Angelus, 15 ottobre 2017.
[2] Cfr. Francesco, Costituzione Apostolica Episcopalis communio, Art. 18; Istruzione Art. 1 § 4° e 5°, Art. 35 § 5.
[01592-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0781-XX.02]
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PER LA TUTELA DELLE FALDE ACQUIFERE
La seconda congregazione generale del Sinodo per l’Amazzonia. Come quello ambientale, c’è un “ecosistema ecclesiale”
Il protagonismo dei giovani, la tutela delle falde acquifere, i combustibili fossili e la questione climatica, i riti indigeni e i viri probati: questi i temi trattati nella seconda congregazione generale del Sinodo speciale per la Regione Panamazzonica svoltasi nel pomeriggio di lunedì 7 ottobre alla presenza del Papa.
Nel corso dei lavori — presieduti dal cardinale venezuelano Porras Cardoso, e ai quali hanno partecipato 176 padri sinodali — sono stati eletti i membri di due Commissioni: quella per l’elaborazione del documento finale e quella per l’informazione. Per quanto riguarda la prima i quattro membri eletti a maggioranza assoluta, mediante scrutini separati sono: il vescovo Mario Antonio Da Silva, di Roraima in Brasile; l’arcivescovo francescano Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, di Trujillo, presidente della Conferenza episcopale del Perú; il vescovo Nelson Jair Cardona Ramírez, di San José del Guaviare in Colombia, e l’arcivescovo Sergio Alfredo Gualberti Calandrina, di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. Altri tre membri saranno scelti dal Papa e ufficializzati nei prossimi giorni. Eletto inizialmente, il cardinale Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Città del Messico, ha espresso il desiderio di cedere il posto a un padre sinodale proveniente da una delle sette Conferenze episcopali direttamente coinvolte nell’area amazzonica. I presuli eletti vanno ad aggiungersi al resto della Commissione composta dal relatore generale e presidente, il cardinale Cláudio Hummes; dal segretario generale del Sinodo dei vescovi, cardinale Lorenzo Baldisseri; dal pro-segretario generale, il vescovo Mario Grech; dai due segretari speciali: il cardinale Michael Czerny e monsignor David Martínez de Aguirre Guinea.
Il Sinodo è passato poi alla votazione di quattro membri della Commissione per l’informazione. Sono stati eletti mediante scrutini separati a maggioranza relativa: i vescovi Erwin Kräutler, dei missionari del Preziosissimo sangue, prelato emerito di Xingu, in Brasile; Rafael Cob García, vicario apostolico di Puyo, in Ecuador; José Ángel Divassón Cilveti, salesiano, già vicario apostolico di Puerto Ayacucho in Venezuela; e, infine, il gesuita italiano Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”. Nomi che vanno ad aggiungersi alla squadra presieduta da Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione e composta dal segretario, il gesuita Giacomo Costa; dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni; dal direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione, Andrea Tornielli; da suor Maria Ines Lopes dos Santos, assessore della Commissione episcopale per l’Amazzonia della Conferenza episcopale del Brasile, e da Mauricio López Oropeza, segretario esecutivo della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam).
Dopodiché i padri sinodali hanno iniziato gli interventi su diversi punti dell’Instrumentum laboris. In continuità con il Sinodo sui giovani del 2018, si è riflettuto sull’importanza del protagonismo giovanile nell’ecologia integrale, con l’esempio della giovane attivista svedese Greta Thunberg e dell’iniziativa “Lo sciopero per il clima”. La «opzione per i giovani», la necessità di dialogare con loro sui temi della salvaguardia del Creato sono state richiamate più volte, insieme alla necessità di valorizzare l’impegno sociale dei ragazzi, capaci di spronare la Chiesa ad essere profetica in questo ambito. Il cuore giovane — si è detto — vuole costruire un mondo migliore, perché la generazione dei giovani rappresenta una Dottrina sociale in movimento. Più di tanti altri, i ragazzi oggi avvertono l’esigenza di stabilire una nuova relazione con il Creato, una relazione che non sia di tipo predatorio, ma che sia attenta alle sofferenze del pianeta. Per questo, il tema ambientale — a carattere anche ecumenico e interreligioso — va colto dalla Chiesa come una sfida in positivo, come un’esortazione a dialogare con i giovani, aiutandoli nel giusto discernimento affinché il loro impegno per la salvaguardia del Creato non sia solo uno slogan “verde e alla moda”, ma diventi davvero una questione di vita o di morte, per l’uomo e per il pianeta. Da alcuni padri sinodali, inoltre, si è levato l’appello a tutelare le falde acquifere dalle contaminazioni chimiche derivanti dalle produzioni multinazionali, affinché le popolazioni indigene possano sopravvivere conservando la cultura e seguendo nuovi cammini di evangelizzazione. Le massicce attività estrattive industriali sono state citate in più interventi in Aula, con particolare preoccupazione per gli abusi, commessi da alcune imprese, che si ripercuotono con gravi conseguenze sui popoli autoctoni. Per questo, i vescovi hanno richiamato più volte la necessità di rispettare i diritti sia umani sia ambientali, perché una vera ecologia integrale richiede un nuovo equilibrio tra l’uomo e la natura.
Lo sguardo dell’Aula è andato anche alla questione climatica i cui cambiamenti stanno stravolgendo il Creato. Il clima è un bene globale, si è detto, un bene che deve essere tutelato e preservato per le prossime generazioni. È stato suggerito che si smetta di usare i combustibili fossili, soprattutto nei Paesi più industrializzati, i maggiori responsabili dell’inquinamento. Si è riflettuto anche sulla necessità di superare quelle forme di colonialismo che hanno caratterizzato gran parte della missione dei secoli passati, in favore della preservazione delle identità culturali dell’Amazzonia: ogni singola cultura, infatti, dà il suo contributo alla cattolicità della Chiesa, costituita dal rispetto e dalla complementarità. E citando san Giovanni Paolo ii, i Padri sinodali hanno ricordato che Cristo anima il centro stesso di ogni cultura. Perché, in fondo, si è sottolineato come la Chiesa sia un complesso ecosistema con una «biodiversità spirituale meravigliosa» che si esprime in varie comunità, espressioni culturali, forme di vita consacrata e ministeri. Più volte, è stato citato san Paolo come primo Apostolo dell’inculturazione, colui che si fece “greco tra i greci”.
Spazio, inoltre, alla riflessione sui riti indigeni: la Chiesa — si è detto — considera con benevolenza tutto ciò che non è legato a superstizioni, purché possa armonizzarsi con il vero spirito liturgico. Di qui, il suggerimento di avviare in Amazzonia un processo di condivisione delle esperienze di quelle comunità indigene che hanno celebrazioni inculturate per alcuni sacramenti come il Battesimo, il matrimonio o l’ordinazione sacerdotale. In tal modo, una delle proposte avanzate è stata quella di pensare di stabilire — ad experimentum e secondo il giusto discernimento teologico, liturgico e pastorale — un rito amazzonico cattolico per vivere e celebrare la fede in Cristo. In fondo, si è sottolineato in Aula, così come esiste un ecosistema ambientale, esiste anche un ecosistema ecclesiale.
Qualche intervento, infine, si è soffermato sulla questione dei così detti viri probati, descritta dal Documento di lavoro come una delle proposte per assicurare frequentemente i sacramenti, laddove la carenza dei sacerdoti è particolarmente spiccata: si tratta di una necessità legittima — si è detto in Aula — ma che non può condizionare un ripensamento sostanziale della natura del sacerdozio e del suo rapporto con il celibato, previsto dalla Chiesa di rito latino. Piuttosto, si è suggerita una pastorale vocazionale tra i giovani indigeni, così da favorire l’evangelizzazione anche delle zone più remote dell’Amazzonia, affinché non si creino “cattolici di prima classe” che possono accostarsi facilmente all’Eucaristia e “cattolici di seconda classe”, destinati a rimanere senza il Pane di Vita anche per due anni di seguito.
Dall’ Osservatore Romano dell’8 ottobre 2019)
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INCONTRO ALLE POVERTÀ MATERIALI E SPIRITUALI DELL’AMAZZONIA
La terza congregazione generale del Sinodo per l’Amazzonia
Sono stati 1119 in quindici anni gli indigeni uccisi per la loro lotta a difesa della terra e dell’ambiente: sono i nuovi martiri dell’ecologia integrale. Vocazioni autoctone e “viri probati”
Povertà materiale e povertà spirituale dell’Amazzonia — una terra dove le ferite di un modello di sviluppo “predatorio” si uniscono alla sofferenza delle comunità cristiane per la mancanza di sacerdoti e per la difficoltà di celebrare l’Eucaristia — sono state al centro dei lavori della terza congregazione generale, svoltasi nella mattina di martedì 8 ottobre, nell’aula del Sinodo.
Le parole dei padri — 24 quelli intervenuti durante la sessione, moderata dal presidente delegato di turno, il cardinale Barreto Jimeno, e aperta dalla celebrazione dell’ora terza, con una breve omelia tenuta dall’arcivescovo brasiliano di Belém do Pará, monsignor Taveira Corrêa — hanno dato voce al disagio e alle attese delle popolazioni locali, a partire dalle urgenze di una realtà sociale e religiosa non priva di risvolti drammatici, resi ancor più eloquenti dalla forza dirompente delle cifre fornite dagli stessi oratori. Ha impressionato l’assemblea, tra l’altro, il dato riguardante gli indigeni uccisi tra il 2003 e il 2017 a causa del loro impegno in difesa del territorio: ben 1119 in tutta l’Amazzonia, con una tendenza costante all’aumento. Senza contare il fatto che lo scorso anno un milione di persone (36 per cento in più rispetto al 2017) sono state coinvolte direttamente nei conflitti legati allo sfruttamento della terra e dell’acqua. Allo stesso modo, hanno colpito i padri sinodali i numeri che evocano la difficile situazione pastorale di alcune diocesi: ci sono zone in cui, per esempio, il rapporto tra sacerdoti e territorio equivale a uno ogni 25.000 chilometri quadrati o dove per servire 1100 villaggi esistono appena 45 preti.
La difesa dei diritti umani e il problema della criminalizzazione dei leader, delle comunità originarie e dei movimenti sociali che lavorano per la tutela del territorio sono stati portati subito all’attenzione dell’assemblea. È stato segnalato come spesso le persone prese di mira sono vittime anche dell’impunità e dell’insufficienza dei poteri statali che non ne garantiscono la sicurezza. In quest’ottica, si è ribadito che la Chiesa deve difendere coloro che lottano per la propria terra, creando, laddove non esistano già, specifiche reti di protezione o attivando, a livello diocesano, azioni permanenti di solidarietà e di promozione della giustizia sociale. Il compito della Chiesa, è stato ripetuto più volte, è quello di alzare la voce contro i progetti che distruggono l’ambiente. Allo stesso tempo, i padri hanno evidenziato l’importanza di promuovere una politica più partecipativa e un’economia lontana dalla “cultura dello scarto”, puntando piuttosto su esperienze di economia alternativa, come quella delle piccole cooperative che commerciano direttamente i prodotti delle foreste senza passare attraverso la grande produzione.
Sul tema ambientale, è stato posto l’accento sulle questioni della deforestazione e dell’inquinamento dell’acqua. Si è parlato, tra l’altro, della contaminazione dei fiumi, in cui spesso si riversano gli scarti delle attività minerarie, e del disboscamento che minaccia sempre più l’Amazzonia. Una pratica, quest’ultima, derivata dalla vendita massiccia del legname o dall’espansione della coltivazione di coca, ma favorita anche da una legislazione ambientale che non tutela a sufficienza le ricchezze e le bellezze naturali del territorio. Su questo punto, la Chiesa è stata esortata a denunciare le conseguenze di modelli estrattivi predatori, illegali e violenti, e a sostenere le normative internazionali che tutelano i diritti umani, sociali e ambientali, perché il grido di dolore della terra depredata è lo stesso dei popoli che la abitano. La difesa delle popolazioni originarie è stata evidenziata anche ricordando il “martirio” di tanti missionari che hanno dato la vita per la causa indigena e per la tutela di coloro che vengono sfruttati e perseguitati.
L’assemblea ha anche affrontato il tema delle migrazioni — quelle dei popoli indigeni verso le grandi città e quelle delle popolazioni che attraversano l’Amazzonia per raggiungere altri Paesi di destinazione — segnalando l’importanza di una pastorale specifica della Chiesa. Si è rimarcato inoltre che il dramma delle migrazioni colpisce anche la gioventù amazzonica, costretta a lasciare le terre di origine perché sempre più minacciata da disoccupazione, violenze, tratta degli esseri umani, narcotraffico, prostituzione e sfruttamento. Da qui la necessità di riconoscere e rafforzare la partecipazione della gioventù dell’Amazzonia, dando loro adeguato spazio a livello ecclesiale, sociale e politico.
E a proposito di laici, si è insistito sul fatto che il loro coinvolgimento nell’azione della Chiesa richiede competenze e conoscenze specifiche, che non sempre i sacerdoti sono in grado di offrire. Ecco perché, di fronte alle numerose sfide che si presentano — tra queste, il secolarismo, l’indifferenza religiosa, la proliferazione vertiginosa delle chiese pentecostali — bisogna valorizzare di più la voce del laicato, anche alla luce della scarsa presenza di sacerdoti e della conseguente difficoltà di portare il sacramento dell’Eucaristia ai fedeli: è necessario passare — è stato raccomandato — da una “pastorale di visita” a una “pastorale di presenza”, guardando anche ai nuovi carismi che si manifestano nei movimenti laicali. Per questo, ribadendo che il celibato è un grande dono dello Spirito per la Chiesa, alcuni padri sinodali hanno invitato a considerare la possibilità di consacrare alcuni uomini sposati, i cosiddetti “viri probati”, valutando poi nel tempo la validità o meno di tale esperienza. Altri, invece, hanno segnalato il rischio che tale proposta riduca l’identità del sacerdote — che è essenzialmente pastore della comunità, maestro di vita cristiana, presenza concreta della vicinanza di Cristo — a quella di un mero funzionario sacramentale.
In ogni caso, di fronte all’urgenza dell’evangelizzazione, serve anche una maggiore valorizzazione della vita consacrata. Ma soprattutto occorre una decisa promozione delle vocazioni autoctone, insieme alla possibilità — è stato proposto — di scegliere ministri autorizzati alla celebrazione dell’Eucaristia o di ordinare diaconi permanenti che, in forma di équipe, accompagnati da pastori, possano amministrare i sacramenti. Altro argomento di riflessione è stato quello della formazione per i ministeri ordinati, pensata su tre livelli: una formazione capillare nell’ambito parrocchiale, che dia spazio soprattutto alla lettura e alla meditazione della Parola di Dio; una destinata ad animatori e animatrici delle comunità, attraverso periodi di formazione intensiva su temi specifici; una teologica sistematica, infine, per i candidati ai ministeri ordinati e per uomini e donne che desiderano impegnarsi nei ministeri laicali. L’importante — come sottolineato in aula — è che la formazione dei seminaristi sia ripensata e diventi più vicina alla vita delle comunità. Tra le proposte avanzate, infine, anche quella di pensare alla possibilità di un’ordinazione diaconale per le donne, così da valorizzarne la vocazione ecclesiale.
Questi temi sono stati poi approfonditi a fine mattinata nel corso del briefing con i giornalisti svoltosi nella Sala stampa della Santa Sede e moderato dal vicedirettore Cristiane Murray, cui sono intervenuti — con il prefetto del Dicastero per la comunicazione Paolo Ruffini e il segretario della Commissione per l’informazione, il gesuita Giacomo Costa — un cardinale e due donne: il gesuita peruviano Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo e vicepresidente della Rete Ecclesiale Panamazzonica (Repam); la filippina Victoria Lucia Tauli-Corpuz, relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene, e la brasiliana Moema Maria Marques de Miranda, laica francescana, assessore della Repam e di “Chiese e minerazione”.
(Dall’Osservatore Romano del 9 ottobre 2019)